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Categoria: educazione

Il diario della gratitudine

Le persone grate alla vita sono persone felici; la gratitudine è un sentimento importante, i cui effetti benefici sono stati confermati da numerose ricerche. Tuttavia, non tutti nasciamo grati e spesso, dimentichiamo il lato migliore della nostra esistenza, spazzato via dalle piccole preoccupazioni quotidiane.
La gratitudine, però, si può coltivare e far crescere dentro di noi, come un giardino fiorito; esistono alcuni esercizi per farlo. Il più semplice tra essi – è una pratica alla portata di tutti – è senza dubbio il diario della gratitudine.

IL DIARIO DELLA GRATITUDINE

  • Tempo occorrente: 15 minuti
  • Frequenza minima: una volta ogni settimana
  • Frequenza massima: una volta al giorno
  • Quando si fa: La sera, prima di andare a dormire
  • Come si fa: Scegliete un’agenda, un diario o un quaderno che diventerà il vostro diario della gratitudine. Quando decidete di compilarlo, scrivete fino a cinque cose che vi sono successe oggi e per le quali siete grati alla vita. È importante tenere una traccia scritta dell’esercizio: non limitatevi a fare una lista mentale, o questa pratica risulterà meno efficace. Per ciascun ricordo che scriverete, non preoccupatevi della forma: due o tre righe di testo sono più che sufficienti; cercate invece di raccontare perché siete grati e le vostre emozioni in seguito a quell’evento.
  • Perché provare: spesso diamo per scontato tutto ciò che ci accade di buono e che, alla prova dei fatti, rende felice la nostra esistenza; una grigliata con gli amici o un pranzo in famiglia, una passeggiata in riva al fiume o in mezzo al bosco sono piccole gioie, ma il loro impatto positivo sul nostro benessere è grande. Il diario della gratitudine è un esercizio che ha come obiettivo quello di sviluppare un atteggiamento di gratitudine consapevole verso gli eventi. I partecipanti ad uno studio scientifico (Emmons, 2003) che hanno tenuto un diario della gratitudine (una volta al giorno per due settimane o una volta ogni settimana per dieci settimane) hanno riferito di aver sperimentato umore positivo, gratitudine, ottimismo e di aver dormito meglio dopo questa pratica.

DIARIO DELLA GRATITUDINE CON I BAMBINI 

Il diario della gratitudine è un esercizio che si può proporre con semplicità anche ai bambini, già a partire dai 5 anni di età. Non ci sono controindicazioni nel suo svolgimento e può rivelarsi una pratica molto utile per educare alla gratitudine, una competenza molto importante per vivere bene. Potete anche personalizzare il vostro diario con cornicette, collage, disegni o altre tecniche creative; l’importante è mantenere invariata la struttura dell’esercizio, che diventerà un bel momento di condivisione serale.

DOMANDE E RISPOSTE

Il diario della gratitudine ci renderà felici per il resto della nostra vita? Secondo Christopher  Peterson, uno dei fondatori della psicologia positiva, non esistono soluzioni definitive per renderci felici né pratiche miracolose. Se il diario della gratitudine diventa un’abitudine settimanale e coltiviamo quest’emozione importante per il resto dei nostri giorni, sicuramente il diario contribuirà al nostro benessere. Se dopo un mese di pratica lo chiudiamo nel cassetto, i suoi benefici saranno limitati a quel mese, poi si attenueranno.

Il diario della gratitudine funziona davvero? Le ricerche scientifiche che hanno indagato l’efficacia del diario della gratitudine cercando di verificare i risultati ottenuti dai primi scienziati hanno dato esiti misti. Analizzando le ricerche scientifiche con attenzione scopriamo che il diario della gratitudine non è sempre efficace: alcuni studi mostrano benefici tangibili ottenuti attraverso questa pratica, altri evidenziano effetti modesti. Ma perché?
Secondo Robert Emmons, ricercatore di fama mondiale che ha concentrato i suoi studi sulla gratitudine, è convinto che alla base di queste differenze ci sia lo spirito che guida le persone a compilare il loro diario. E ci offre cinque consigli affinché il nostro diario della gratitudine faccia la differenza.
Ecco quali sono:

  • Cercate la qualità, non la quantità: Non compilate una lista generica di cose per le quali siete grati, sceglietene poche (anche una soltanto) ma analizzatele in modo approfondito, dedicando spazio anche ai dettagli più piccoli.
  • Provate la tecnica della sottrazione: Ci sono cose per le quali a prima vista non siamo particolarmente grati. Ma come sarebbe la nostra vita se non ci fossero? Questo esercizio mentale si chiama sottrazione ed è molto efficace, anche per compilare il diario della gratitudine.
  • Non esagerare: Durante il primo periodo, il desiderio di aggiornare il diario della gratitudine è un’esperienza totalizzante e vorrete scrivere ogni giorno. Trascorse alcune settimane, però, è meglio non esagerare: secondo i ricercatori i risultati migliori si ottengono compilando il diario della gratitudine una o due volte la settimana. Questo perché la mente umana si abitua facilmente alla routine e trasformare il diario in un rituale quotidiano rischia di vanificare la sua efficacia come momento per riflettere.
  • Accogliete la meraviglia: la meraviglia è una delle dieci emozioni positive ed è strettamente legata alla gratitudine. Ricordatevi di includere nel vostro diario eventi meravigliosi e inaspettati, che vi hanno piacevolmente sorpreso: renderanno la vostra pratica ancora più efficace.
  • Scegliete le persone: Concentratevi sulle persone verso le quali provate gratitudine rispetto alle cose. Secondo gli studi condotti da Emmons e dalla sua equipe l’impatto della gratitudine verso le persone è maggiore di quello generato dalla gratitudine verso gli oggetti (ad esempio, quelli che abbiamo acquistato o che ci sono stati donati).

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

libri cuorfolletto e i suoi amici

TORNA A:

BIBLIOGRAFIA
Emmons, R. A., & McCullough, M. E. (2003). Counting blessings versus burdens: An experimental investigation of gratitude and subjective well-being in daily life. Journal of Personality and Social Psychology, 84(2), 377-389.
The Greater Good Science Center at the University of California, Berkeley 

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Siete grintosi? Scopritelo con questo test

In America, un rendimento scolastico scadente è solitamente attribuito all’incapacità degli insegnanti, ai programmi scolastici noiosi e alle classi troppo numerose. La stessa cosa accade qui in Italia: gli insegnanti sono noiosi e impreparati, i compiti eccessivi e via dicendo. Tuttavia, esiste un’altra spiegazione per dare conto dell’incapacità degli studenti di esprimere il proprio potenziale intellettuale, ed è il loro fallimento nell’auto-disciplina.

La chiave per il successo scolastico è l’auto-disciplina
Angela Duckworth, studiosa americana che ha concentrato le sue ricerche proprio in questo campo, è convinta che i problemi scolastici siano siano dovuti ai problemi che i bambini americani dimostrano nel compiere scelte che richiedono un sacrificio nel breve termine per ottenere un beneficio nel lungo termine. In altre parole, mancano la grinta e la disciplina necessarie a sostenere una piccola dose di noia e fatica in vista del successo personale futuro. La Duckworth, utilizzando questa teoria dell’auto-disciplina, è riuscita a spiegare il gap nelle prestazioni scolastiche tra maschi e femmine: le studentesse ottengono risultati migliori poiché hanno una capacità maggiore di disciplinarsi. Inoltre, l’auto-disciplina si è rivelata una misura molto più efficace rispetto al QI (il quoziente intellettivo) nel predire i risultati scolastici.

GRIT test (Test per misurare la grinta)
Esiste un test per misurare il proprio livello di grinta e valutare l’auto-disciplina, sviluppato proprio dalla dott.ssa Duckworth. Il test richiede pochi minuti; si tratta di assegnare un punteggio a otto frasi in base a quanto rappresentano la tua persona. Ecco come assegnare il punteggio:

1 = Non mi rappresenta affatto
2 = Non mi rappresenta più di tanto
3 = In qualche modo mi rappresenta
4 = Mi rappresenta bene
5 = Sono io! Mi rappresenta alla perfezione

E adesso, ecco le otto frasi alle quali attribuire il punteggio:

  1. A volte una nuova idea o un nuovo progetto mi distrae da quelli che sto portando a termine.
  2. Se incontro degli ostacoli o la strada è in salita (metaforicamente!) non mi scoraggio.
  3. Certe idee o progetti sono il mio unico pensiero per un breve periodo di tempo, poi perdo l’interesse.
  4. Mi piace lavorare duro.
  5. Spesso mi prefiggo un obiettivo, ma poi scelgo di perseguirne un altro.
  6. Ho difficoltà a mantenere la concentrazione su un progetto che richiede più di un mese per essere portato a termine.
  7. Finisco ciò che comincio.
  8. Sono una persona diligente.

Fatto? Ecco come calcolare il risultato finale:

  • Somma i punteggi delle frasi 2, 4, 7 e 8.
  • Somma i punteggi delle frasi 1, 3, 5 e 6; sottrai questo numero a 24.
  • Somma i due numeri che hai ottenuto e dividi il risultato per 8 (utilizza una calcolatrice e considera le prime due cifre decimali).

Ecco un esempio svolto.
Immagina di aver ottenuto i seguenti risultati per le 8 frasi:

  1. 3
  2. 2
  3. 4
  4. 4
  5. 4
  6. 2
  7. 3
  8. 3

Adesso devi calcolare il tuo punteggio:

  • Sommiamo i punteggi delle frasi 2, 4, 7 e 8. Otteniamo 12.
  • Adesso sommiamo i risultati delle frasi 1, 3, 5 e 6. Otteniamo 13. Adesso sottraiamo 13 a 24. Otteniamo 11.
  • Per concludere, sommiamo 12 e 11. Otteniamo 23, che dobbiamo dividere per 8, considerando le prime due cifre decimali. Otteniamo 2,87.

Il risultato più elevato che si può ottenere è 5, mentre il risultato più basso che si può ottenere è 1. Il risultato medio per la popolazione maschile è 3,37, mentre per la popolazione femminile è 3,43.
E tu, che risultato hai ottenuto?

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

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BIBLIOGRAFIA
Martin E. P. Seligman, Flourish: A Visionary New Understanding of Happiness and Well-Being, Atria Books, 2012
Angela Duckworth, Grinta. Il potere della passione e della perseveranza, Giunti, 2017

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Il potere della speranza

Ti è mai capitato di pensare che la speranza sia inutile? O che sia la virtù degli ingenui? Ebbene: secondo la scienza, la speranza, a prescindere da come la si voglia definire, aiuta a raggiungere i propri obiettivi. Ecco come ce lo spiega Daniel Goleman, in “Intelligenza emotiva“:

Sebbene vi foste posti l’obiettivo di prendere un B, quando vi restituiscono il punteggio del vostro primo esame, che inciderà sulla vostra votazione finale per un 30 per cento, ricevete un D. Adesso è passata una settimana da quando l’avete saputo. Che cosa fate?
In questo caso, tutta la differenza sta nella capacità di sperare. La risposta data da studenti che possedevano un elevato livello di tale capacità fu che avrebbero studiato di più ed escogitato una serie di contromisure per aumentare la votazione finale. Gli studenti capaci di nutrire solo moderate speranze pensavano a vari modi con i quali alzare la propria media, ma erano molto meno determinati dei primi ad andare fino in fondo. Comprensibilmente, gli studenti poco inclini alla speranza rinunciavano a far conti, demoralizzati.
Il problema, d’altra parte, non è solo teorico. Quando C. R. Snyder, lo psicologo della Kansas University che fece questo studio, confrontò i reali risultati accademici delle matricole, scoprì che la loro naturale propensione alla speranza, classificata in due categorie, come elevata o scarsa, era un fattore predittivo delle votazioni del primo semestre più efficace del Sat (che è altamente correlato al Q.I., e presumibilmente dovrebbe prevedere il successo universitario). Anche qui, in soggetti con capacità intellettuali pressappoco simili, erano le doti nella sfera emotiva a far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. La spiegazione di Snyder era la seguente: “Gli studenti più inclini alla speranza si prefiggono obiettivi più ambiziosi e sanno quanto devono impegnarsi per raggiungerli. Quando si confrontano i risultati accademici di studenti con doti intellettuali equivalenti, ciò che li distingue è proprio la speranza”.

Un buon modo per coltivare la speranza è ricorrere alla tecnica del “non ancora”: la tecnica, di cui abbiamo parlato in questo articolo, invece di scoraggiare un bambino mettendo in evidenza la sua capacità di compiere un’azione, proietta quell’incapacità in una dimensione temporale. In altre parole, invece di dire: “non sai svolgere una moltiplicazione”, si dice “non sai ancora svolgere le moltiplicazioni; per farlo, devi prima imparare a …”. Sembra una sciocchezza, ma a conti fatti è una questione di speranza.

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

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BIBLIOGRAFIA
D. Goleman, Intelligenza emotiva, BUR, 2011

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A cosa serve l’educazione emotiva? Ecco gli obiettivi

Vi siete mai domandati “a cosa serve l’educazione emotiva“? In questo articolo risponderà ai vostri dubbi.

L’educazione emotiva rientra in quel curricolo pedagogico che viene anche chiamato “scienza del sé“: un corpo di insegnamenti trasversali con l’obiettivo di educare bambini, ragazzi (e adulti) a conoscere meglio sé stessi, i propri schemi emotivi e gli schemi mentali.

Conoscere sé stessi e il modo in cui ci relazioniamo con gli altri produce alcuni benefici notevoli. Infatti ci aiuta a:

  1. Essere autoconsapevoli: osservare se stessi e riconoscere i propri sentimenti; costruire un vocabolario per i sentimenti; conoscere il rapporto tra pensieri, sentimenti e reazioni.
  2. Decidere personalmente: esaminare le proprie azioni e conoscerne le conseguenze; sapere se una decisione è dettata dal pensiero o dal sentimento; applicare queste idee a questioni quali il sesso e la droga.
  3. Controllare i sentimenti: “colloquiare con se stessi” allo scopo di cogliere messaggi negativi come le autodenigrazioni; capire che cosa c’è dietro un sentimento (ad esempio il senso di offesa che è sotteso alla collera); trovare modi di controllare le paure e le ansie, la collera e la tristezza.
  4. Controllare lo stress: imparare il valore dell’esercizio, della immaginazione guidata e dei metodi di rilassamento.
  5. Essere empatici: comprendere i sentimenti e le preoccupazioni degli altri e assumere il loro punto di vista; apprezzare i diversi modi con cui le persone guardano alla realtà.
  6. Comunicare: parlare dei sentimenti con efficacia; saper ascoltare e saper domandare; distinguere tra ciò che qualcuno fa o dice e le tue reazioni o i tuoi giudizi al riguardo; esporre il proprio punto di vista invece di incolpare gli altri.
  7. Essere aperti: apprezzare l’apertura e costruire la fiducia in un rapporto; sapere quando si può parlare dei propri sentimenti privati senza correre rischi.
  8. Essere perspicaci: identificare modelli tipici nella propria vita emotiva e nelle proprie reazioni; riconoscere modelli simili negli altri.
  9. Autoaccettarsi: sentirsi orgoglioso di sé e considerarsi in una luce positiva; riconoscere i propri punti forti e le proprie debolezze; essere capaci di ridere di se stessi.
  10. Essere personalmente responsabili: assumersi le responsabilità; riconoscere le conseguenze delle proprie decisioni e azioni; accettare i propri sentimenti e umori; portare a compimento gli impegni assunti (ad esempio nello studio).
  11. Essere sicuri di sé: affermare i propri interessi e sentimenti senza rabbia o passività.
  12. Saper entrare nella dinamica di gruppo: saper collaborare; sapere quando e come comandare e quando e come eseguire.
  13. Saper risolvere i conflitti: saper affrontare lealmente gli altri ragazzi, i genitori, gli insegnanti; saper negoziare i compromessi in maniera che ambo le parti restino soddisfatte.

Sono questi gli obiettivi dell’educazione emotiva. Traguardi tutt’altro che scontati o banali: diventare competenti in queste aree significa diventare adulti socialmente competenti, capaci di vivere in comunità e di apportare un contributo significativo alla propria rete sociale.

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

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BIBLIOGRAFIA
D. Goleman, Intelligenza emotiva, BUR, 2011
Karen F. Stone e Harold Q. Dillehunt, “Self Science: The Subiect Is Me”, Santa Monica, Goodyear Publishing Co., 1978.

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Educare alle emozioni

In questa sezione di portalebambini.it potete trovare il nostro percorso di educazione emotiva. Abbiamo raccolto letture, approfondimenti e attività pratiche frutto di 8 anni di ricerca e lavoro sul campo. Prima di cominciare, vi consigliamo di leggere la nostra introduzione “Perché abbiamo bisogno di educazione emotiva“.

Percorso di educazione emotiva

Imparare a conoscere le proprie emozioni è fondamentale per affrontare con successo le sfide della vita quotidiana e per stare bene. Numerosi studi sull’intelligenza emotiva hanno dimostrato che le competenze emotive (empatia, autoconsapevolezza emotiva, controllo delle emozioni) si possono esercitare esattamente come faremmo per l’intelligenza linguistica o quella logico-matematica, attraverso l’educazione e l’esercizio. Se siete curiosi di sapere qual è il vostro grado di intelligenza emotiva dovreste provare questo test (bastano pochi minuti).

Abbiamo realizzato il nostro laboratorio di educazione emotiva a partire dal nostro libro Cuorfolletto e i suoi amici. Per conoscere a fondo gli obiettivi di questo laboratorio vi consigliamo di leggere il nostro articolo “A cosa serve l’educazione emotiva? Ecco gli obiettivi“. Se volete proporre questo laboratorio in classe vi sarà utile leggere i suggerimenti contenuti nell’articolo “Educazione emotiva in classe“.

1 – CONOSCERE LE EMOZIONI

2 – DESCRIVERE LE EMOZIONI

Questo modulo presenta molte attività pratiche per aiutare i bambini a comprendere e verbalizzare le proprie emozioni.

3 – CONTROLLARE LE EMOZIONI

Laboratori di educazione positiva

4 – LE EMOZIONI DEGLI ALTRI

5 – FOCUS SULLA GRATITUDINE

PERCORSO PER GENITORI

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

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Tag: educazione emotiva, educazione emotiva a scuola, educazione affettiva, educare alle emozioni

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La risonanza emotiva

Il nostro cervello è predisposto per interagire con quello degli altri. I neuroni specchio e il meccanismo dell’empatia sono due prove forti a sostegno di questa convinzione. Questo vale anche per il clima sociale: le nostre emozioni e i nostri sentimenti interagiscono con quelli degli altri.

Nel nostro cervello si trovano alcuni neuroni molto particolari, i neuroni specchio. Tutti noi possediamo un intero sistema di neuroni specchio. Quando vediamo una persona che parla, il sistema specchio attiva nel nostro cervello le aree legate al linguaggio. Allo stesso modo, quando vediamo una persona che muove una mano, il sistema specchio attiva nel nostro cervello le aree legate alla motricità.
Ma i neuroni specchio non si limitano a replicare le azioni fisiche: sono alla base della cognizione sociale, dei nostri pensieri sugli altri e delle nostre interazioni con la comunità. Ad esempio, recentemente è stato dimostrato che il sistema dei neuroni specchio non riconosce esclusivamente le azioni altrui, ma anche le loro intenzioni (ovvero ciò che ha causato quelle azioni).
Probabilmente, anche l’empatia, ovvero la capacità di comprendere gli stati d’animo altrui è attivata da un meccanismo simile.

I gruppi sono incubatori emotivi. Ogni interazione sociale crea emozione. In un gruppo, ci sono molte emozioni e ognuna di esse può generare una spirale positiva o negativa. Le emozioni possono generare frustrazione o anche aumentare la collaborazione, incentivando la volontà di ascoltare e condividere le migliori idee.

Tendenzialmente, i membri di un gruppo possono modellare le loro emozioni sulla base del sentiment di gruppo per integrarsi meglio o socializzare, favorendo la coesione nel gruppo. È tuttavia importante distinguere (Kelman, 1961) tra:

  • il concetto di adattamento per imitazione (o “imitative compliance”)
  • il concetto di impegno interiorizzato (o “internalization of emotional commitment”)

Nel primo caso abbiamo un mero adeguamento al fine di sembrare conformi al gruppo; nel secondo caso, si tratta di una vera identificazione nei valori del gruppo. Per ottenere del vero impegno (commitment), occorre che il gruppo incoraggi i suoi membri a mostrare ciò che provano, al fine di creare uno stile emozionale comune che sia in grado di agire nel profondo.

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

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