×
Torna alla home Educazione positiva Schede didattiche Storie Disegni da colorare Feste e giornate Filastrocche Giochi Lavoretti Libro dei nomi Chi siamo Partner Pubblicazioni Contatti Privacy policy

Categoria: storie

Jack (o Giacomino) e il fagiolo magico

jack giacomino e il fagiolo magico

Jack (o Giacomino) e il fagiolo magico

C’era una volta un bambino che si chiamava Giacomino e che abitava in campagna,con la sua mamma e la sua mucca da latte. Un giorno, la mucca smise di fare il latte e così la mamma, disperata, mandò Giacomino al mercato per venderla e racimolare qualche soldo. Sulla strada, però, Giacomino incontrò un omino che gli disse: “Che bella mucca! Se vuoi, la prenderò io e in cambio ti darò questo fagiolo magico“. Poi, si levò una luce abbagliante: quando Giacomino riaprì gli occhi la mucca era sparita e sul palmo della mano aveva un grosso fagiolo magico. Così, tornò a casa e la madre, in preda alla collera, buttò il fagiolo fuori dalla finestra e cacciò Giacomino nel fienile.

Il giorno dopo, Giacomino si accorse che in giardino era spuntata una pianta di fagioli, alta fino al cielo. Incuriosito, ci si arrampicò: in cima alla pianta si trovava un castello. Proprio in quel momento, la porta del castello si aprì e ne uscì un’orchessa, che vide Giacomino. “Cosa ci fai qui? Mio marito è un orco terrificante, se dovesse mai trovarti qui ti metterebbe nella zuppa”.
Ma Giacomino era infreddolito e affamato e supplicò l’orchessa di dargli un pezzo di pane e di lasciarlo scaldare accanto al camino. “Va bene, va bene, vieni dentro con me”.

Giacomino aveva appena finito di mangiare pane e formaggio quando, nel corridoio, rimbombò la voce dell’orco: “Ucci ucci, sento odor di cristianucci”. L’orchessa fece nascondere il ragazzo dentro il forno, poi servì la cena all’orco. Finita la cena, l’orco svuotò le tasche: erano piene di monete d’oro, che aveva rubato ai viaggiatori. L’orco si mise a contarle, dividendole in piccoli sacchetti, finché, ad un certo punto, si addormentò. Giacomino uscì dal forno, prese uno di quei sacchetti e tornò a casa, dove raccontò tutto alla mamma.

Il giorno seguente si arrampicò di nuovo sulla pianta di fagioli magici. Senza farsi vedere dall’orco e dall’orchessa, Giacomino si nascose dietro un cespuglio e aspettò che l’orco rientrasse. Quella sera aveva portato a casa la gallina dalle uova d’oro. “Fai le uova, gallinella” disse l’orco, ed ecco che la gallina dalle uova d’oro depose due uova d’oro zecchino. Giacomino aspettò finché l’orco non si fu addormentato, poi strisciò dentro il castello, rubò la gallina e la riportò a casa. Giacomino e la sua mamma non sarebbero mai più stati poveri, con due uova d’oro ogni giorno.

Qualcuno sostiene che dopo qualche tempo, Giacomino decise di arrampicarsi sulla pianta di fagioli magici. Entrò nel castello e si nascose in una pentola. Quando l’orco arrivò, cominciò a dire: “Ucci ucci, sento odor di cristianucci”. Poi, mentre aspettava la cena, si fece portare dall’orchessa la sua arpa magica e le ordinò: “Arpa, suona per me”. L’arpa si mise a suonare, componendo una melodia dolce e delicata. Giacomino aspettò fino a che l’orco non si fu addormentato, poi afferrò l’arpa e scappò via. Ma l’arpa strillò: “Padrone! Padrone! Qualcuno vuole rubarmi”. L’orco saltò in piedi e si mise ad inseguire Giacomino, che nel frattempo era già sceso dalla pianta di fagioli. Il ragazzo, vedendo l’orco che stava scendendo dalla pianta, prese l’accetta e colpì il tronco della pianta così forte da spezzarla.

La pianta di fagioli magici crollò al suolo insieme al castello, all’orco e all’orchessa, formando una buca così profonda da arrivare fino al centro della terra. Da lì, nessuno sarebbe mai riuscito ad uscire. Da quel giorno, Giacomino e la sua mamma vissero felici e contenti, insieme alla gallina dalle uova d’oro e all’arpa magica.

SCOPRITE ANCHE:

Enrichetto dal ciuffo

Enrichetto dal ciuffo è una fiaba di Charles Perrault, adatta ai bambini da 4 anni in su.

Enrichetto dal ciuffo

Charles Perrault

C’era una volta una regina a cui nacque un figlioletto così brutto che non si capiva neppure se fosse umano o un mostro di qualche specie. In particolare, aveva un solo ciuffo di capelli, neri e ispidi; per questo fu chiamato Enrichetto dal ciuffo. La madre, disperata, si rivolse ad una fata per avere consiglio e questa le disse: “Non disperarti regina. Enrichetto avrà il dono dell’intelligenza; nessuno, in tutto il regno, avrà un’intelligenza simile alla sua. Per giunta, potrà donare la sua intelligenza alle persone che amerà”.
E così fu: Enrichetto cresceva ogni giorno un po’ più intelligente, al punto che tutti nel regno chiedevano consiglio a lui per le cose importanti.

Nel regno vicino, un’altra regina aveva chiamato la stessa fata che aveva donato l’intelligenza a Enrichetto: aveva avuto due figlie, una delle quali era così stupida che non sapeva distinguere neppure il giorno dalla notte.
“Non devi preoccuparti” disse la fata alla regina “La tua figliola è tanto stupida, ma io le donerò una bellezza tale che chiunque la vedrà se ne innamorerà perdutamente. Di più: tua figlia potrà donare la bellezza al suo amato”. E così fu.

Un giorno, la principessa, che non aveva pace per via della sua stupidità, si era rifugiata a camminare nel bosco; lì incontrò Enrichetto dal ciuffo. Il giovane, si era innamorato della principessa sin dalla prima volta che ne aveva visto un ritratto e così si avvicinò per consolarla. Vedendo che la fanciulla era così afflitta per via della sua stupidità, le disse: “Devi sapere che io ho il potere di rendere intelligente la persona che amo; se lo vorrai, io ti darò questo dono e, in cambio, ci sposeremo alla fine dell’anno”.
La principessa accettò, pensando – nella sua stupidità – che la fine dell’anno non sarebbe mai giunta. Così, divenne intelligente come Enrichetto. Era diventata così intelligente che il re in persona la chiamava spesso per ascoltare i suoi consigli.

Quando l’anno giunse al termine, la principessa andò a cercare Enrichetto: in cuor suo, non aveva certo intenzione di sposare un uomo così brutto, specialmente adesso che era diventata intelligente. Il principe, però, le disse: “Non devi preoccuparti per il mio aspetto; tu hai un grande potere, anche se fino ad oggi nessuno te ne ha mai parlato: la stessa fata che ha donato a me l’intelligenza, a te ha dato la capacità di rendere bello come te il tuo amato”.
E così, la principessa, che in verità trovava Enrichetto simpatico e dal cuore nobile e gentile, decise di sposarlo e il giovane, come per magia, diventò il principe più bello sulla faccia della terra. Qualcuno dice però che non si sia trattato della magia della fata, ma della magia dell’amore, che rende tutto meraviglioso.

Morale: La bellezza, fisica o morale che sia, esiste solo negli occhi di chi guarda: così, per un cuore pieno d’amore, il suo amato sarà senza dubbio la persona più bella o più intelligente al mondo.

SCOPRITE ANCHE:

Tag: Enrichetto dal ciuffo

Pollicino

Pollicino è una fiaba di Charles Perrault, adatta ai bambini da 3 anni in su.

Pollicino

C’era una volta una famiglia di taglialegna, che abitavano nel bosco fuori città; avevano sette figlioletti  e nulla da mangiare. Un giorno il padre decise di abbandonarli nel bosco. La mattina svegliò i suoi figlioli e li portò con sé, poi si allontanò. Per fortuna, Pollicino, il più piccolo dei sette – lo chiamavano così perché era alto non più di un pollice – aveva portato con sé dei sassolini e li aveva gettati lungo la strada. Ai bambini bastò seguire al contrario i sassolini lasciati da Pollicino per tornare a casa.

Il giorno dopo, il padre tentò nuovamente di abbandonare i bambini nel bosco; questa volta, però,  Pollicino non aveva trovato sassolini e aveva in tasca solo delle briciole di pane: provò a lasciarle lungo il percorso, ma gli uccellini le mangiarono tutte. Così, i ragazzi si persero.

I bambini, vagando nel bosco, giunsero alla casa di una signora, che offrì loro pane e marmellata e li accolse con gentilezza. Ma “Fate attenzione bambini” disse loro “Perché mio marito è un orco e quando rientrerà, questa sera, sicuramente vi divorerà; dovrete nascondervi dove vi dirò, e non uscire per nessuna ragione”.

Quando l’orco rincasa, avverte l’odore dei bambini e li stana uno dopo l’altro. “Adesso voi mettetevi a letto, e fate i buoni! Questa sera non ho fame, ma domani vi cuocerò a puntino e vi mangerò arrostiti!” Mentre i bambini piangevano in cantina, Pollicino sentì l’orco parlare alle sue sette bambine, per metà orchette e per metà umane: aveva regalato loro sette coroncine, come se fossero sette principesse. Così, Pollicino, una volta che tutti furono addormentati, si intrufolò nella camera delle bambine e rubò loro le sette coroncine, che posò poi sulla testa sua e dei suoi fratelli.

A mezzanotte, l’orco si svegliò e pensò che fosse il momento migliore per uccidere gli intrusi e metterli sul fuoco; entrò nella loro camera, ma vide le  corone sulle loro testoline e li scambiò per le sue bambine. Così, entrò nella camera accanto e, al posto loro, uccise le sue stesse figlie. Nel frattempo, Pollicino aveva svegliato i suoi fratelli e approfittarono della confusione per fuggire.

L’orco, infuriato con quelle piccole canaglie, li inseguì indossando i suoi stivali magici: un paio di stivali cuciti dalle streghe che davano a chi li indossava la velocità di due cavalli al galoppo. L’orco, però, era terribilmente stanco e dopo poca strada cadde addormentato nel prato. Pollicino, vedendolo russare, si avvicinò e gli sfilò gli stivali magici. Poi, tornò dalla moglie dell’orco e le disse che suo marito era stato preso dai briganti: volevano una cassa piena d’oro e di gioielli per farlo tornare a casa sano e salvo.

La moglie dell’orco, in pena per il marito, consegnò a Pollicino un carro, carico di tutte le ricchezze che possedevano. Così, il bambino tornò dai fratelli e insieme tornarono a casa. Grazie a tutte quelle ricchezze, i sette bambini e i loro genitori vissero per sempre come dei principi e Pollicino, con i suoi stivali magici, divenne il messaggero del re in persona.

Morale: Gli uomini non si devono giudicare dal loro aspetto: anche il più piccolo o il più brutto possono avere qualità degne di un eroe.

SCOPRITE ANCHE:

Tag: pollicino

La principessa sul pisello

La principessa sul pisello è una fiaba di Hans Christian Andersen adatta per i bambini da 3 anni in su.

La principessa sul pisello

C’era una volta un principe, con un bel castello e un regno grazioso. Purtroppo per lui, però, non riusciva a trovare una principessa da sposare nonostante avesse viaggiato in lungo e in largo per trovarne una. Una sera d’autunno, mentre fuori pioveva a dirotto, qualcuno bussò alle porte del castello. Fu il principe in persona ad aprire: davanti a lui c’era una ragazza completamente infradiciata, con l’acqua che le usciva perfino dalle scarpe e dai vestiti.
“Sono una principessa, mi sono persa mentre cercavo di recuperare il mio cavallo e adesso non so dove andare. Potreste ospitarmi per questa notte?”.
Il principe non sapeva se crederle o meno, tuttavia la ragazza continuava ad affermare di essere una vera principessa. Così, la fece entrare. La vecchia regina, però, decise di metterla alla prova: andò nella camera degli ospiti, sollevò il materasso e ci mise sotto un pisello. Poi mise venti materassi, uno sopra l’altro, e venti cuscini.
Il principe fece accomodare la principessa nel letto con i venti materassi e la ragazza dormì lì. La mattina seguente, durante la colazione, la regina le chiese come aveva dormito.
“Malissimo: non ho chiuso occhio per tutta la notte, c’era qualcosa sotto i materassi che mi ha lasciato un gran livido!”.
Il principe e la regina capirono così che era sincera: solo una vera principessa si sarebbe potuta accorgere di un pisello sotto venti materassi! I due si sposarono e vissero tutti felici e contenti.

SCOPRITE ANCHE:

Tag: la principessa sul pisello

La piccola fiammiferaia

La piccola fiammiferaia è una fiaba di Hans Christian Andersen.

La piccola fiammiferaia

Era la sera di Capodanno: fuori nevicava e soffiava un vento gelido. Sotto la neve, c’era una bambina che vagava solitaria, senza scarpe e senza berretto. In verità, quando era uscita di casa, aveva un paio di ciabatte, che erano state della sua mamma ed erano troppo grandi: una l’aveva persa per schivare due carrozze che correvano di gran carriera e l’altra gliel’aveva portata via un ragazzo, per scherzo. Così, la bambina camminava con i piedini congelati.

In grembo, teneva due scatole di fiammiferi che avrebbe dovuto vendere. Purtroppo, però, faceva così freddo che la gente era rimasta chiusa in casa, e così non era riuscita a vendere nemmeno un fiammifero. La piccola fiammiferaia non poteva nemmeno tornare a casa, così a mani vuote: suo padre l’avrebbe picchiata.

La bambina si rannicchiò nell’angolino formato da due case; prese uno dei suoi fiammiferi e lo strofinò contro il muro, per riscaldarsi un poco. Il fiammifero si accese di una luce bizzarra, come fosse una stufa di ferro, che scoppiettava allegramente.La piccola allungò i piedi, per avvicinarli al fuoco, ma il fiammifero si spense e lei si trovò sola al freddo, con un fiammifero bruciato tra le dita.
La bambina accese un secondo fiammifero: alla luce, le parve di vedere una tavola imbandita con un’oca arrostita ripiena di mele e prugne. La piccola si alzò per avvicinarsi al banchetto, ma anche quel fiammifero si spense e lei si trovò a camminare nella neve gelida.
“Ancora uno!” disse la bambina, e accese un terzo fiammifero. Questa volta, nella luce, immaginò di trovarsi di fronte un enorme albero di Natale, con centinaia di candeline che scintillavano tra le sue fronde.

Quando il fiammifero si spense, le candeline volarono in cielo, ed ecco la volta stellata: la bambina ripensò alla sua nonna, che era volata in cielo tanto tempo prima; accese un quarto fiammifero, strofinandolo sul muro. Ed ecco, nella luce, comparve la sua nonna, con uno scialle sulle spalle e il suo lungo grembiule.

“Nonna!” gridò la piccola, cercando di abbracciarla “portami con te! Presto sparirai anche tu, come la stufa, l’oca arrosto e l’albero di Natale. Portami con te”. La piccola fiammiferaia accese uno dopo l’altro tutti i fiammiferi che le rimanevano: la luce si fece sempre più forte, sembrava rischiarare l’intera città. La nonna prese in braccio la sua bambina e insieme volarono in cielo, tra le braccia di Dio.

Il giorno dopo, i passanti trovarono la bambina senza vita, rannicchiata tra due case, con il sorriso tra le labbra. “Poverina” pensarono “avrà provato a riscaldarsi un poco con i fiammiferi”. Ma nessuno di loro poteva immaginare tutte le cose belle che la piccola aveva visto in quella sera di Capodanno.

SCOPRITE ANCHE:

Tag: la piccola fiammiferaia

Il gigante egoista

Il gigante egoista è una fiaba di Oscar Wilde, adatta ai bambini da 5 anni in su.

Il gigante egoista

Oscar Wilde

C’era una volta un gigante, che abitava in una casa nel mezzo del bosco. La casa era circondata da un giardino fiorito e da un frutteto che produceva frutta e verdura prelibata tutto l’anno. Un giorno, il gigante andò a trovare il suo amico orco e partirono insieme per fare un viaggio in giro per il mondo.
In questi anni, i bambini dei paesi vicini cominciarono a frequentare il giardino del gigante: si trovavano lì dopo la scuola e giocavano fino al tramonto. Quando il gigante tornò dal suo viaggio, trovò il suo giardino invaso dai bambini che correvano e si rincorrevano. Il gigante non sopportava la confusione: scacciò tutti i bambini e costruì un muro di pietre e mattoni intorno al giardino. Il gigante trascorse l’inverno da solo, accanto al camino; i bambini, invece, dovettero trovare altri luoghi in cui giocare.

Quando tornò la primavera il ghiaccio cominciò a sciogliersi, ma nel giardino del gigante non spuntò nessun fiore: il giardino, senza bambini, si era rifiutato di svegliarsi e aveva continuato a dormire. Il gigante fece finta di niente e rimase rintanato nella sua casa. Arrivò l’estate, ma il giardino rimase coperto di ghiaccio. Il gigante si prese un brutto raffreddore e fu costretto a letto. Trascorse l’estate e l’autunno successivo tra il letto e la finestra, a controllare che nessun bambino scavalcasse il suo muro. Con l’inverno, il raffreddore peggiorò: il gigante rimase a letto.

Un bel giorno, il gigante fu svegliato dal canto di un uccellino: gli parve il suono più bello che avesse mai udito. Il gigante scese dal letto con fatica e si affacciò alla finestra. Nel giardino c’erano tre bambini che si rincorrevano. Sotto i loro piedi, il ghiaccio si stava sciogliendo e i primi fiori primaverili stavano sbocciando.

Il gigante uscì di casa. I bambini, appena lo videro, si nascosero dietro gli alberi per la paura. Ma il gigante li rassicurò: “Non abbiate paura, non voglio farvi del male. Vorrei restituirvi il mio giardino: così avrete un posto in cui giocare tutti insieme. Le parole del gigante sciolsero il manto di ghiaccio che aveva avvolto il giardino. I bambini corsero in paese a chiamare i loro amichetti e sparsero la voce che il gigante era diventato buono. Nel frattempo, il vecchio gigante buttò giù il muro che aveva costruito per nascondere il giardino: mentre lavorava, si sentiva pieno di energie e felice e così guarì dal suo raffreddore. Da quel giorno, il gigante egoista divenne un gigante gentile, che trascorreva le sue giornate in giardino a giocare con i bambini.

Audiofiaba

SCOPRITE ANCHE:

Tag: il gigante egoista