Categoria: storie

Riccioli d’oro e i tre orsi

Riccioli d’oro e i tre orsi è un racconto popolare inglese molto amato dai bambini. In questo articolo vi proponiamo il nostro adattamento per bambini.

Riccioli d’oro e i tre orsi

C’era una volta una famiglia di orsi che abitavano in una casetta graziosa in mezzo al bosco: papà orso, mamma orsa e piccolo orso. Un giorno mamma orsa preparò la zuppa e la versò nei piatti.
«È pronta la zuppa» disse. I tre orsi si sedettero a tavola e assaggiarono la zuppa, ma era troppo bollente, così decisero di fare una passeggiata nel bosco per farla raffreddare.
Mentre erano fuori, arrivò alla loro casetta una bambina dai riccioli d’oro, che bussò forte alla porta. Non sentendo alcuna risposta, la bambina girò la maniglia ed entrò in casa, per scoprire chi ci abitava.

La bambina vide la tavola apparecchiata con le tre ciotole piene di zuppa e decise di assaggiarla.
Provò a sedersi sulla sedia di papà orso, ma era troppo grande.
Allora provò a sedersi sulla sedia di mamma orsa, ma era troppo grande.
Così si mise a sedere sulla sedia di piccolo orso e la trovò comodissima.
La bambina provò ad assaggiare la zuppa di papà orso, ma era troppo calda.
Allora provò ad assaggiare la zuppa di mamma orsa, ma era troppo calda.
Così assaggiò la zuppa di piccolo orso e la trovò così buona che la finì tutta.
Dopo aver mangiato la zuppa, la bambina dai riccioli d’oro cercò una poltrona per riposarsi.
Provò a sedersi sulla poltrona di papà orso, ma era troppo grande.
Allora provò a sedersi sulla poltrona di mamma orsa, ma era troppo grande.
Così si mise a sedere sulla poltrona di piccolo orso e la trovò così comoda che cominciò a dondolarsi e a furia di dondolarsi, la poltrona si ruppe in mille pezzi.
Stanca e dolorante, la bambina dai riccioli d’oro entro nella camera da letto.
Provò a sdraiarsi sul letto di papà orso, ma era troppo grande.
Allora provò a sdraiarsi sul letto di mamma orsa, ma era troppo grande.
Provò a sdraiarsi sul letto di piccolo orso e lo trovò comodissimo, così comodo che si stese sotto le coperte e si addormentò.

Quando gli orsi tornarono dalla passeggiata, si accorsero che qualcuno era stato nella sala da pranzo.
Papà orso esclamò: «Chi ha assaggiato la mia zuppa?».
Mamma orsa esclamò: «Chi ha assaggiato la mia zuppa?».
Piccolo orso esclamò: «Chi ha mangiato tutta la mia zuppa?».
Poi papà orso esclamò: «Chi si è seduto sulla mia poltrona?».
Mamma orsa esclamò: «Chi si è seduto sulla mia poltrona?».
Piccolo orso esclamò: «Chi ha distrutto la mia poltrona?»
Poi papà orso esclamò: «Chi si è sdraiato nel mio letto?».
Mamma orsa esclamò: «Chi si è sdraiato nel mio letto?».
Piccolo orso esclamò: «Chi sta dormendo nel mio letto?»

Sentendo gli orsi parlare, la bambina dai riccioli d’oro si svegliò.
«Sei stata tu a mangiare la zuppa di piccolo orso?» le chiese papà orso.
«Sei stata tu a rompere la poltrona di piccolo orso?» le chiese mamma orsa.
«E perché ti sei messa a dormire nel mio letto?» le chiese piccolo orso.
Vedendo i tre orsi ai piedi del letto, la bambina dai riccioli d’oro si spaventò così tanto che scappò di corsa dalla loro casetta e non ci tornò mai più.

Classici per bambini:
🐷 I tre porcellini
🐻 Riccioli d’oro e i tre orsi
🍪 L’omino di pan di zenzero
🍲 La zuppa di sasso

Tag: riccioli d’oro, i tre orsi, riccioli d’oro e i tre orsi

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

La zuppa di sasso

La zuppa di sasso è una racconto popolare, a metà tra favola e fiaba, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. In questo articolo vi proponiamo il nostro adattamento per bambini.

La zuppa di sasso

È inverno. Gli animali sono rintanati nelle proprie casette al calduccio, davanti al caminetto. All’improvviso, qualcuno bussa alla porta della gallina. Toc! Toc!
«Chi è?»
«Il lupo. Posso entrare a scaldarmi?»
La gallina comincia a tremare per la paura. Conosce bene il lupo, c’è un lupo cattivo in tutte le storie. Vorrebbe dire di no, ma il lupo continua: «Sono vecchio, stanco e senza denti; non voglio farti del male. Vorrei solo preparare la zuppa di sasso e scaldarmi un po’ accanto al fuoco».
La gallina non ha mai sentito parlare della zuppa di sasso e spinta dalla curiosità apre la porta, fa accomodare il lupo e gli porta il suo pentolone.

Il lupo riempie d’acqua il pentolone e lo mette sul fuoco, poi tira fuori dal suo borsello un sasso, lo tuffa nel pentolone e comincia a mescolare la zuppa con un grosso mestolo.
«Come si prepara questa zuppa?» chiede la gallina.
«È molto semplice: con un po’ d’acqua e un grosso sasso; si lascia bollire finché non è cotto a puntino et… volià, la zuppa è servita».
«Io nella zuppa ci metto sempre due coste di sedano» dice la gallina. «Me l’ha insegnato mia madre, diceva che il sedano rende la zuppa più buona».
«Perché no, proviamo ad aggiungerlo» dice il lupo e continua a mescolare il pentolone pieno d’acqua.
La gallina aggiunge le due coste di sedano nel pentolone e si siede ad aspettare.

Dopo un po’ bussa il maiale: sta cercando qualcuno con cui trascorrere la serata in compagnia.
«Entra pure» gli dice la gallina. «C’è il lupo qui con me, sta preparando la zuppa di sasso».
Il maiale si accomoda accanto al focolare e guarda incuriosito il pentolone.
«Io nella zuppa ci metto sempre tre carote» dice il maiale. «Me l’ha insegnato mia nonna, diceva che le carote rendono la zuppa più buona».
«Perché no, proviamo ad aggiungerle» dice il lupo e continua a mescolare il pentolone pieno d’acqua.
Il maiale va a prendere le tre carote, le aggiunge nel pentolone e si siede ad aspettare.

Dopo un po’ bussa il cane: sta cercando qualcuno con cui trascorrere la serata in compagnia.
«Entra pure» gli dice la gallina. «C’è il lupo qui con me, sta preparando la zuppa di sasso».
Il cane si accomoda accanto al focolare e guarda incuriosito il pentolone.
«Io nella zuppa ci metto sempre quattro cipolle» dice il cane. «Me l’ha insegnato mia zia, diceva che le cipolle rendono la zuppa più buona».
«Perché no, proviamo ad aggiungerle» dice il lupo e continua a mescolare il pentolone pieno d’acqua.
Il cane va a prendere le quattro cipolle, le aggiunge nel pentolone e si siede ad aspettare.

Dopo un po’ bussa l’asino: sta cercando qualcuno con cui trascorrere la serata in compagnia.
«Entra pure» gli dice la gallina. «C’è il lupo qui con me, sta preparando la zuppa di sasso».
L’asino si accomoda accanto al focolare e guarda incuriosito il pentolone.
«Io nella zuppa ci metto sempre cinque patate» dice l’asino. «Me l’ha insegnato la mia bisnonna, diceva che le patate rendono la zuppa più buona».
«Perché no, proviamo ad aggiungerle» dice il lupo e continua a mescolare il pentolone pieno d’acqua.
L’asino va a prendere le cinque patate, le aggiunge nel pentolone e si siede ad aspettare.

Dopo un po’ bussano la capra e l’agnello: stanno cercando qualcuno con cui trascorrere la serata in compagnia.
«Entrate pure» gli dice la gallina. «C’è il lupo qui con me, sta preparando la zuppa di sasso».
La capra e l’agnello si accomodano accanto al focolare e guardano incuriosite il pentolone.
«Noi nella zuppa ci mettiamo sempre sei zucchine» esclamano all’unisono. «Ce l’hanno insegnato a scuola, la maestra diceva che le zucchine rendono la zuppa più buona».
«Perché no, proviamo ad aggiungerle» dice il lupo e continua a mescolare il pentolone pieno d’acqua.
La capra e l’agnello vanno a prendere le sei zucchine, le aggiungono nel pentolone e si siedono ad aspettare.

Dopo un po’ bussa l’oca: sta cercando qualcuno con cui trascorrere la serata in compagnia.
«Entra pure» gli dice la gallina. «C’è il lupo qui con me, sta preparando la zuppa di sasso».
L’oca si accomoda accanto al focolare e guarda incuriosita il pentolone.
«Io nella zuppa ci metto sempre sette pomodori» dice l’oca. «Me l’ha insegnato la mia bisnonna, diceva che i pomodori rendono la zuppa più buona».
«Perché no, proviamo ad aggiungerle» dice il lupo e continua a mescolare il pentolone pieno d’acqua.
L’oca va a prendere i sette pomodori, li aggiunge nel pentolone e si siede ad aspettare.

La zuppa continua a bollire e gli animali seduti intorno al fuoco cominciano ad aver fame. «Perché non la assaggiamo?» suggerisce la gallina. Il lupo le porge un mestolo pieno di zuppa e la gallina ne prende un po’ con il becco.
«È buonissima!» esclama. «Secondo me è pronta».
Il lupo versa la zuppa nelle ciotole e le distribuisce agli altri animali.
«Com’è buona la zuppa di sasso! Non sapevo che fossi un cuoco provetto» dice l’asino.
La zuppa è così saporita che tutti prendono il bis, anche il lupo. Poi, finita la cena, gli animali decidono di fare una partita a carte.
«Com’è bello stare in compagnia. Dovremmo trovarci più spesso» esclama la gallina.
«Io devo andare» dice il lupo, «si è fatto tardi e abito lontano».
Prima di uscire, prende il sasso dal pentolone, se lo rigira tra le zampe e dice agli altri: «Pensate un po’, il sasso è ancora crudo. Se vi va, potremmo utilizzarlo per preparare un’altra zuppa di sasso».
«Certamente! Ti aspettiamo domani sera».

Classici per bambini:
🐷 I tre porcellini
🐻 Riccioli d’oro e i tre orsi
🍪 L’omino di pan di zenzero
🍲 La zuppa di sasso

Tag: la zuppa di sasso, la minestra di sassi, il lupo e la zuppa di sasso

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

San Francesco e il lupo di Gubbio

Conoscete la leggenda di San Francesco e il lupo di Gubbio? Si tratta di uno degli episodi più conosciuti e significativi della vita del santo. In questo articolo potete trovare il nostro adattamento del testo originale (quello tramandato dalle Fonti francescane), adatto anche ai bambini.

San Francesco e il lupo di Gubbio

Nelle campagne di Gubbio era apparso un lupo feroce, che divorava le bestie e gli uomini. Gli abitanti della città, terrorizzati, uscivano armati di tutto punto, come se dovessero andare in guerra, ma nemmeno questo bastava a difendersi dalle zanne e dagli artigli del lupo. Era una bestia così spaventosa che ormai nessuno usciva più dalle mura della città.

San Francesco, passando di lì, decise di aiutare gli abitanti della città: uscì dalle mura di Gubbio e si fece accompagnare alla tana del lupo. Non appena la bestia si avvicinò minacciosamente a lui, Francesco gli fece il segno della croce e disse: «Fratello lupo, vieni qui. Ti ordino di non fare mai più del male, né a me, né a nessun altro».
Il lupo si gettò ai piedi del santo, mansueto come un agnellino. E lui continuò: «Fratello lupo, tu hai fatto molti danni da queste parti, uccidendo animali e persone. Gli abitanti di Gubbio ti odiano e vorrebbero vederti morto, perché hanno paura di te. Ma io voglio che voi facciate la pace, che tu smetta di terrorizzare gli uomini e loro di perseguitarti. Se ti pentirai delle tue malefatte e riuscirai a cambiare, anche gli uomini cambieranno con te».

«Promettimi» chiese Francesco «che non toccherai più le greggi e gli abitanti di Gubbio; in cambio, io chiederò loro di rispettarti come un fratello e di nutrirti, perché tu non soffra più la fame. Fratello lupo, voglio che tu mantenga questa promessa, senza tentare di ingannarmi. Posso fidarmi di te?»
Il lupo sollevò una zampa e la mise sulla mano di Francesco, per fargli capire che poteva fidarsi di lui.
San Francesco tornò in città insieme al lupo, per comunicare la buona notizia agli abitanti di Gubbio, che li osservavano meravigliati.

«Fratelli, questo lupo mi ha promesso solennemente che non farà più alcun danno, ma voi dovete promettermi che gli darete da mangiare e vi prenderete cura di lui.»
Anche gli abitanti della città promisero solennemente, certi di aver appena assistito ad un miracolo: il lupo feroce era diventato buono. Da quel giorno, il lupo visse per due anni a Gubbio, senza far del male a nessuno, e quando morì, per la vecchiaia, gli abitanti piansero come se fosse morto uno di loro. FINE

Scoprite le nostre risorse dedicate a San Francesco:
🎉 Buon onomastico Francesco
✏️ Disegni di San Francesco da colorare
🐺 San Francesco e il lupo di Gubbio

La leggenda di San Francesco e il lupo è un’ottimo punto di partenza per riflettere insieme. Ecco qualche spunto significativo.

  • Cosa insegna questo racconto? Questa leggenda è un antidoto contro l’odio, una piaga velenosa che non fa altro che moltiplicarsi. Per generare un cambiamento, occorre spezzare la spirale dell’odio: il lupo e gli abitanti di Gubbio riescono a rappacificarsi soltanto dopo l’intervento di Francesco, che mostra all’uno come comportarsi con gli altri. A volte, è meglio andare oltre le apparenze, cercando di capire cosa spinge gli altri a comportarsi in un certo modo.
  • Perché San Francesco si rivolge al lupo chiamandolo “fratello”? San Francesco sapeva che ad essere malvagio non era il lupo, ma il suo comportamento. Nonostante i gravi peccati commessi, agli occhi del santo il lupo era pur sempre un figlio di Dio (e dunque un fratello).

A proposito, sapete che il 4 ottobre ricorre l’onomastico del nome Francesco, proprio in ricordo del Santo? Su portalebambini.it abbiamo preparato tante immagini e frasi per augurare buon onomastico a Francesco, oltre ad una raccolta di disegni di San Francesco da stampare e colorare, che potrete utilizzare per accompagnare il racconto della sua vita in classe.

Tag: san francesco e il lupo, san francesco e il lupo di gubbio, san francesco e il lupo leggenda

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Jack (o Giacomino) e il fagiolo magico

jack giacomino e il fagiolo magico

Jack (o Giacomino) e il fagiolo magico

C’era una volta un bambino che si chiamava Giacomino e che abitava in campagna,con la sua mamma e la sua mucca da latte. Un giorno, la mucca smise di fare il latte e così la mamma, disperata, mandò Giacomino al mercato per venderla e racimolare qualche soldo. Sulla strada, però, Giacomino incontrò un omino che gli disse: “Che bella mucca! Se vuoi, la prenderò io e in cambio ti darò questo fagiolo magico“. Poi, si levò una luce abbagliante: quando Giacomino riaprì gli occhi la mucca era sparita e sul palmo della mano aveva un grosso fagiolo magico. Così, tornò a casa e la madre, in preda alla collera, buttò il fagiolo fuori dalla finestra e cacciò Giacomino nel fienile.

Il giorno dopo, Giacomino si accorse che in giardino era spuntata una pianta di fagioli, alta fino al cielo. Incuriosito, ci si arrampicò: in cima alla pianta si trovava un castello. Proprio in quel momento, la porta del castello si aprì e ne uscì un’orchessa, che vide Giacomino. “Cosa ci fai qui? Mio marito è un orco terrificante, se dovesse mai trovarti qui ti metterebbe nella zuppa”.
Ma Giacomino era infreddolito e affamato e supplicò l’orchessa di dargli un pezzo di pane e di lasciarlo scaldare accanto al camino. “Va bene, va bene, vieni dentro con me”.

Giacomino aveva appena finito di mangiare pane e formaggio quando, nel corridoio, rimbombò la voce dell’orco: “Ucci ucci, sento odor di cristianucci”. L’orchessa fece nascondere il ragazzo dentro il forno, poi servì la cena all’orco. Finita la cena, l’orco svuotò le tasche: erano piene di monete d’oro, che aveva rubato ai viaggiatori. L’orco si mise a contarle, dividendole in piccoli sacchetti, finché, ad un certo punto, si addormentò. Giacomino uscì dal forno, prese uno di quei sacchetti e tornò a casa, dove raccontò tutto alla mamma.

Il giorno seguente si arrampicò di nuovo sulla pianta di fagioli magici. Senza farsi vedere dall’orco e dall’orchessa, Giacomino si nascose dietro un cespuglio e aspettò che l’orco rientrasse. Quella sera aveva portato a casa la gallina dalle uova d’oro. “Fai le uova, gallinella” disse l’orco, ed ecco che la gallina dalle uova d’oro depose due uova d’oro zecchino. Giacomino aspettò finché l’orco non si fu addormentato, poi strisciò dentro il castello, rubò la gallina e la riportò a casa. Giacomino e la sua mamma non sarebbero mai più stati poveri, con due uova d’oro ogni giorno.

Qualcuno sostiene che dopo qualche tempo, Giacomino decise di arrampicarsi sulla pianta di fagioli magici. Entrò nel castello e si nascose in una pentola. Quando l’orco arrivò, cominciò a dire: “Ucci ucci, sento odor di cristianucci”. Poi, mentre aspettava la cena, si fece portare dall’orchessa la sua arpa magica e le ordinò: “Arpa, suona per me”. L’arpa si mise a suonare, componendo una melodia dolce e delicata. Giacomino aspettò fino a che l’orco non si fu addormentato, poi afferrò l’arpa e scappò via. Ma l’arpa strillò: “Padrone! Padrone! Qualcuno vuole rubarmi”. L’orco saltò in piedi e si mise ad inseguire Giacomino, che nel frattempo era già sceso dalla pianta di fagioli. Il ragazzo, vedendo l’orco che stava scendendo dalla pianta, prese l’accetta e colpì il tronco della pianta così forte da spezzarla.

La pianta di fagioli magici crollò al suolo insieme al castello, all’orco e all’orchessa, formando una buca così profonda da arrivare fino al centro della terra. Da lì, nessuno sarebbe mai riuscito ad uscire. Da quel giorno, Giacomino e la sua mamma vissero felici e contenti, insieme alla gallina dalle uova d’oro e all’arpa magica.

SCOPRITE ANCHE:

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Enrichetto dal ciuffo

Enrichetto dal ciuffo è una fiaba di Charles Perrault, adatta ai bambini da 4 anni in su.

Enrichetto dal ciuffo

Charles Perrault

C’era una volta una regina a cui nacque un figlioletto così brutto che non si capiva neppure se fosse umano o un mostro di qualche specie. In particolare, aveva un solo ciuffo di capelli, neri e ispidi; per questo fu chiamato Enrichetto dal ciuffo. La madre, disperata, si rivolse ad una fata per avere consiglio e questa le disse: “Non disperarti regina. Enrichetto avrà il dono dell’intelligenza; nessuno, in tutto il regno, avrà un’intelligenza simile alla sua. Per giunta, potrà donare la sua intelligenza alle persone che amerà”.
E così fu: Enrichetto cresceva ogni giorno un po’ più intelligente, al punto che tutti nel regno chiedevano consiglio a lui per le cose importanti.

Nel regno vicino, un’altra regina aveva chiamato la stessa fata che aveva donato l’intelligenza a Enrichetto: aveva avuto due figlie, una delle quali era così stupida che non sapeva distinguere neppure il giorno dalla notte.
“Non devi preoccuparti” disse la fata alla regina “La tua figliola è tanto stupida, ma io le donerò una bellezza tale che chiunque la vedrà se ne innamorerà perdutamente. Di più: tua figlia potrà donare la bellezza al suo amato”. E così fu.

Un giorno, la principessa, che non aveva pace per via della sua stupidità, si era rifugiata a camminare nel bosco; lì incontrò Enrichetto dal ciuffo. Il giovane, si era innamorato della principessa sin dalla prima volta che ne aveva visto un ritratto e così si avvicinò per consolarla. Vedendo che la fanciulla era così afflitta per via della sua stupidità, le disse: “Devi sapere che io ho il potere di rendere intelligente la persona che amo; se lo vorrai, io ti darò questo dono e, in cambio, ci sposeremo alla fine dell’anno”.
La principessa accettò, pensando – nella sua stupidità – che la fine dell’anno non sarebbe mai giunta. Così, divenne intelligente come Enrichetto. Era diventata così intelligente che il re in persona la chiamava spesso per ascoltare i suoi consigli.

Quando l’anno giunse al termine, la principessa andò a cercare Enrichetto: in cuor suo, non aveva certo intenzione di sposare un uomo così brutto, specialmente adesso che era diventata intelligente. Il principe, però, le disse: “Non devi preoccuparti per il mio aspetto; tu hai un grande potere, anche se fino ad oggi nessuno te ne ha mai parlato: la stessa fata che ha donato a me l’intelligenza, a te ha dato la capacità di rendere bello come te il tuo amato”.
E così, la principessa, che in verità trovava Enrichetto simpatico e dal cuore nobile e gentile, decise di sposarlo e il giovane, come per magia, diventò il principe più bello sulla faccia della terra. Qualcuno dice però che non si sia trattato della magia della fata, ma della magia dell’amore, che rende tutto meraviglioso.

Morale: La bellezza, fisica o morale che sia, esiste solo negli occhi di chi guarda: così, per un cuore pieno d’amore, il suo amato sarà senza dubbio la persona più bella o più intelligente al mondo.

SCOPRITE ANCHE:

Tag: Enrichetto dal ciuffo

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Pollicino

Pollicino è una fiaba di Charles Perrault, adatta ai bambini da 3 anni in su.

Pollicino

C’era una volta una famiglia di taglialegna, che abitavano nel bosco fuori città; avevano sette figlioletti  e nulla da mangiare. Un giorno il padre decise di abbandonarli nel bosco. La mattina svegliò i suoi figlioli e li portò con sé, poi si allontanò. Per fortuna, Pollicino, il più piccolo dei sette – lo chiamavano così perché era alto non più di un pollice – aveva portato con sé dei sassolini e li aveva gettati lungo la strada. Ai bambini bastò seguire al contrario i sassolini lasciati da Pollicino per tornare a casa.

Il giorno dopo, il padre tentò nuovamente di abbandonare i bambini nel bosco; questa volta, però,  Pollicino non aveva trovato sassolini e aveva in tasca solo delle briciole di pane: provò a lasciarle lungo il percorso, ma gli uccellini le mangiarono tutte. Così, i ragazzi si persero.

I bambini, vagando nel bosco, giunsero alla casa di una signora, che offrì loro pane e marmellata e li accolse con gentilezza. Ma “Fate attenzione bambini” disse loro “Perché mio marito è un orco e quando rientrerà, questa sera, sicuramente vi divorerà; dovrete nascondervi dove vi dirò, e non uscire per nessuna ragione”.

Quando l’orco rincasa, avverte l’odore dei bambini e li stana uno dopo l’altro. “Adesso voi mettetevi a letto, e fate i buoni! Questa sera non ho fame, ma domani vi cuocerò a puntino e vi mangerò arrostiti!” Mentre i bambini piangevano in cantina, Pollicino sentì l’orco parlare alle sue sette bambine, per metà orchette e per metà umane: aveva regalato loro sette coroncine, come se fossero sette principesse. Così, Pollicino, una volta che tutti furono addormentati, si intrufolò nella camera delle bambine e rubò loro le sette coroncine, che posò poi sulla testa sua e dei suoi fratelli.

A mezzanotte, l’orco si svegliò e pensò che fosse il momento migliore per uccidere gli intrusi e metterli sul fuoco; entrò nella loro camera, ma vide le  corone sulle loro testoline e li scambiò per le sue bambine. Così, entrò nella camera accanto e, al posto loro, uccise le sue stesse figlie. Nel frattempo, Pollicino aveva svegliato i suoi fratelli e approfittarono della confusione per fuggire.

L’orco, infuriato con quelle piccole canaglie, li inseguì indossando i suoi stivali magici: un paio di stivali cuciti dalle streghe che davano a chi li indossava la velocità di due cavalli al galoppo. L’orco, però, era terribilmente stanco e dopo poca strada cadde addormentato nel prato. Pollicino, vedendolo russare, si avvicinò e gli sfilò gli stivali magici. Poi, tornò dalla moglie dell’orco e le disse che suo marito era stato preso dai briganti: volevano una cassa piena d’oro e di gioielli per farlo tornare a casa sano e salvo.

La moglie dell’orco, in pena per il marito, consegnò a Pollicino un carro, carico di tutte le ricchezze che possedevano. Così, il bambino tornò dai fratelli e insieme tornarono a casa. Grazie a tutte quelle ricchezze, i sette bambini e i loro genitori vissero per sempre come dei principi e Pollicino, con i suoi stivali magici, divenne il messaggero del re in persona.

Morale: Gli uomini non si devono giudicare dal loro aspetto: anche il più piccolo o il più brutto possono avere qualità degne di un eroe.

SCOPRITE ANCHE:

Tag: pollicino

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.