Educhiamo alla gioia, mettendo da parte giudizi e senso di colpa

Le emozioni giocano un ruolo cruciale nell’apprendimento e nella formazione della persona. Ce ne parla Daniela Lucangeli, professoressa ordinaria di Psicologia dello sviluppo presso l’Università di Padova. In questa intervista prova a dare un senso educativo alle scoperte psicologiche e neuropsicologiche relative all’intelligenza emotiva e al ruolo delle emozioni nell’apprendimento.

Professoressa Lucangeli, come si possono descrivere le emozioni?

“Sono stati mentali e fisiologici che agiscono e condizionano le persone. Sono associati a modificazioni psicofisiologiche per stimoli interni – battito cardiaco, salivazione, temperatura, rossore – ed esterni – pensieri, rumori o altro che generano paura o ansia e possono venire perché sono caratteristiche dell’indole delle persone ma possono anche essere state apprese. Quindi fanno parte della memoria, come la lingua che si parla, come gli studi che si fanno a scuola. Il dolore ad esempio nasce per avvertirci di un fattore di rischio, la sofferenza e` invece la memoria del dolore sia a livello psichico che cellulare.
Ma queste emozioni come possono bloccarci? Succede che, a un certo punto, anziché funzionare da circuito di aiuto, le emozioni vanno in cortocircuito disfunzionale. Cioè diventano elementi che non ci consentono di funzionare bene. Avviene quello che noi chiamiamo il cortocircuito emozionale: le emozioni generano una sofferenza tale per cui si entra in un rischio e ci si blocca. Così molti dei disturbi del comportamento e dell’umore nascono da emozioni che generano forte sofferenza non identificata bene dal contesto educativo”.

Quali sono le emozioni peggiori?

“A livello cognitivo la noia. A livello emotivo la colpa e la paura. Parto dalla più facile: la paura. Io provo paura quando il mio cervello percepisce un rischio. Se la paura è tremenda, la colpa ancor di più. Il meccanismo di colpa nasce perché chi giudica attribuisce a chi è giudicato l’unica responsabilità dell’errore. Educare attraverso l’emozione della colpa è molto rischioso perché manda sempre in cortocircuito e se io ricevo un atteggiamento in cui è sempre colpa mia, crescendo farò in modo che sia sempre colpa tua. E quindi gli educatori cosa devono fare? Una via di uscita ce la indica Malka Margalit dell’Accademia delle Scienze che ha trovato delle emozioni antagoniste: alla noia la gioia, l’allegria, il provare che piace fare una cosa. Alla paura si contrappone l’incoraggiamento. Cioè un atteggiamento che riconosce l’errore, ma propone una via d’uscita e ti incoraggia a uscire dall’errore e ad analizzare la situazione. Gli educatori, per aiutare i loro ragazzi, devono lavorare sulla sofferenza, perché alla memoria del dolore bisogna rispondere cambiando l’atteggiamento che lo ha determinato. Dobbiamo applicare quella che è l’alleanza educativa. Dobbiamo aiutare i nostri figli/alunni a togliere gli errori, a non giudicarli, a non determinare loro sofferenze e trovare insieme una strategia migliore per aiutarli. L’errore non e’ un giudizio, e’ una fatica che si toglie insieme a chi e’ li’ per aiutarti: sappiamo tutti che il nemico e’ l’errore, non la maestra, non i genitori”.

Riassumendo, se gli educatori e i genitori riuscissero a essere abbastanza allegri, gioiosi, sorridenti e incoraggianti determinerebbero una “guarigione”? Ma come si fa?

“L’atteggiamento è di riconoscere nell’altro la sacralità del suo mondo, così per un bambino la sua personalità va conosciuta, modificata, non sostituita. Va poi riacquistato il principio del diritto di sbagliare, che non è solo dei nostri figli, ma anche nostro. Imparare a chiedere scusa, un modo per aiutare a liberare dal senso di colpa, e a discernere nel modo giusto. Allearsi – genitori/figli e insegnati/allievi contro l’errore. Promuovere un ottimismo prospettico: noi siamo stati educati all’idea che è difficile modificare le cose che non vanno. Per modificare l’atteggiamento emotivo, non si può far a meno di reimparare le emozioni warm, calde, perché sono le chiavi di accesso all’anima, alla persona viva e profonda”.

FONTI

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