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Zeus e Tifone

zeus e tifone

Zeus e Tifone

Per conquistare il trono degli dei sul monte Olimpo, Zeus scatenò una guerra contro suo padre, Crono, e contro i suoi fratelli, i terribili Titani. Ci fu una battaglia terribile: con l’aiuto dei suoi fratelli Ade e Poseidone e dei Ciclopi, Zeus riuscì a sconfiggere gli avversari e a rinchiuderli nel Tartaro, una prigione oscura ai confini del mondo.
Dopo la vittoria, Zeus e i suoi fratelli si spartirono il mondo, estraendo a sorte: Ade ebbe in sorte il regno dei morti, Poseidone il regno dei mari e a Zeus toccò il regno dei cieli.
La pace, tuttavia, durò poco: i Giganti, infuriati perché Zeus aveva esiliato i loro fratelli, scatenarono una seconda guerra, ma furono sconfitti.
Nessuno sembrava capace di tenere testa a Zeus: il re degli dei era forte ed astuto.
Ma Gea, madre dei Titani e dei Giganti e nonna di Zeus, cominciò a tramare contro di lui: infatti, era sdegnata per il trattamento che il nipote aveva riservato ai suoi figli.
Per vendicarsi, Gea mise al mondo un mostro terribile, Tifone. Aveva la testa di un uomo, con una lunga barba e gli occhi di fuoco e due braccia così lunghe da toccare le stelle; sulla schiena aveva una moltitudine di ali e al posto delle gambe aveva decine di serpenti intrecciati.
Tifone salì sull’Olimpo per sfidare gli dei e il suo aspetto era così terribile che le divinità, un po’ per paura e un po’ per evitare di essere riconosciute, scapparono in Egitto si trasformarono in animali.
Zeus divenne un ariete, Poseidone si inabissò negli oceani, Ade diventò uno sciacallo, Ares un cinghiale, Apollo un corvo, Afrodite un pesce e così via.
Tifone non trovò nessuno e, in preda alla furia, devastò l’Olimpo.
Solo Atena fu tanto coraggiosa da combatterlo, rimproverando aspramente Zeus con queste parole: “Padre, perché ti nascondi come un codardo e non ci difendi? Sei o no il re degli dei?”.
Zeus, per orgoglio, riprese il suo aspetto e affrontò Tifone insieme a sua figlia.
Atena affrontò Tifone per prima e fu sconfitta.
Quando fu il suo turno, Zeus colpì il mostro con la sua folgore e lo ferì, poi gli saltò addosso, per ucciderlo a mani nude, pensando di avere la vittoria in pugno.
Ma si sbagliava: appena si fu avvicinato, Tifone intrappolò Zeus avvolgendolo coi suoi serpenti, rubò la falce di diamante che portava sempre con sé e tagliò i tendini delle braccia e delle gambe al dio. Poi, lo imprigionò in una grotta e nascose i tendini nella tana di un’orsa delle montagne.
Quella notte, Ermes e Pan raggiunsero la montagna senza farsi scoprire da nessuno, trovarono l’orsa, recuperarono i tendini di Zeus dal suo corpo e li rimisero al loro posto.
Zeus riprese la sua forza e inseguì Tifone lanciando contro di lui fulmini e saette; il mostro tentò di fuggire, ma ovunque scappasse veniva raggiunto dal dio. Provò a ripararsi dietro le montagne, ma Zeus le inceneriva con i suoi colpi. Dopo un lungo inseguimento, Tifone raggiunse la Sicilia e lì Zeus lo seppellì per sempre sotto una montagna: l’Etna. Ancora oggi, si dice che Tifone, infuriato, sputi fuoco dalla cima dell’Etna.

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Tag: Zeus e Tifone, mito di Tifone

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