La rivolta delle parole

La rivolta delle parole

Testo di: Alessia de Falco e Matteo Princivalle

C’era una volta un vocabolario. Era robusto, ingiallito, con una spessa copertina blu. Le sue pagine erano ricamate di parole scritte fitte fitte. Chi lo consultava sentiva nell’aria il profumo dei luoghi sicuri. Tutto andava bene, troppo bene per poter raccontare una storia degna di nota. Fu allora che accadde l’imponderabile: le parole del vocabolario, una mattina, sparirono. Tutte, dalla prima, all’ultima.

“Ma dov’é finito Alambicco? Dove si é cacciata Forchetta?”. Era sparita pure Tracotanza, di cui tuttavia si faceva volentieri a meno. Un bel pasticcio perché, si sa, un vocabolario senza parole serve a ben poco. “Vabbè, non fare così” gli dicevano gli altri libri vicino a lui “Potrai sempre diventare un block notes: pensa che bello, servirai per la lista della spesa”. Insomma, la faccenda era grave, ma come ci hanno insegnato, non seria: le parole avevano litigato.

Sí, li-ti-ga-to, avete capito bene. La tenzone aveva avuto inizio perché i vocaboli di genere maschile avevano affermato che loro erano superiori; quelli di genere femminile avevano risposto che avevano lottato troppi anni per avere un loro spazio tra le pagine del vocabolario e che erano pronti alla guerra per difendere la loro posizione. Sicché, dopo ore in cui Insulto ed Offesa avevano dato il meglio di sé in un duello, si erano stancati tutti e se n’erano andati. Le parole, rigorosamente divise tra vocaboli maschili e femminili, avevano trovato rifugio tra le pagine degli altri libri sullo scaffale (combinando non pochi guai tra i racconti). “Che disastro …” disse sconsolato il vocabolario, parlando con Vuoto, l’unico vocabolo rimasto e che per giunta non aveva mai molto da dire.

Fu allora che si accese la protesta: questa volta non erano le parole, ma i libri, che si erano scocciati di tutti quei capricci. “Non vi vogliamo, uscite dalle nostre pagine: se non siete in grado di fare gioco di squadra, non potrete mai comporre un capolavoro. Siete parole inutili, vuote, prive di senso, prive di cuore”. Fu allora che Cuore e Senso spuntarono da un grosso volume rilegato in pelle e tornarono dentro il vocabolario tenendosi a braccetto, portandosi appresso anche Scusa, già che c’erano. Poi fu la volta di Perdono ed Amicizia, che si intendevano abbastanza quando volevano. E così tutti gli altri: Noia, Emozioni, Rabbia, Lacrima, Rimorso, Gioia, Allegria e, lentamente, insieme a Dolore, pure Tristezza. C’erano proprio tutti e, a poco a poco, le pagine del vocabolario tornarono a essere ricamate di righe fitte fitte.

Per ultimi, arrivarono Amore e Vita: “Scusaci se ti abbiamo fatto aspettare” dissero al vocabolario “Abbiamo capito la lezione. Nessuno di noi può fare a meno degli altri. Ci sono parole femminili e maschili, questo è vero, ma se vivono accanto rispettandosi e volendosi bene, saranno sempre una grande squadra”. Fu allora che arrivò trafelato Insieme che si era perso tra i libri di avventura. “Scusate il ritardo” disse e fu così che il vocabolario, felice, si richiuse.

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