Disgrafia: e se l’educazione alla scrittura fosse un antidoto?

L’educazione alla scrittura (calligrafia) potrebbe risolvere alcuni casi di disgrafia? Rispondere a questa domanda potrebbe aiutare migliaia di bambine e bambini, ragazze e ragazzi che arrancano nel nostro sistema scolastico.

Anna Ronchi, calligrafa e presidente onorario dell’Associazione Calligrafica Italiana (ACI), si batte da anni per restituire dignità allo studio del corsivo nel ciclo di studi primario, corsivo che è la “Cenerentola” delle nostre scuole in misura certo maggiore delle altre pretendenti. Purtroppo, la non-educazione alla scrittura porta con sé un deficit della capacità di prendere appunti e rielaborare in forma scritta i pensieri:

La scrittura è una disciplina motoria a tutti gli effetti e se a un bambino non vengono assicurati gli strumenti per svilupparne una adeguata alle sue esigenze, lui imparerà a cavarsela proprio come può, spesso pagando il prezzo di lentezza, scarsa chiarezza“.

Questa carenza grave nell’apprendimento, naturalmente, influenza il rendimento futuro e anche le capacità cognitive dei ragazzi. Ma possiamo spingerci ad affermare che una certa quota di diagnosi di disgrafia non abbia basi biologiche, ma sia radicata in un processo di non-educazione alla scrittura?

Alcune diagnosi di disturbi che riguardano la scrittura spesso non sono altro che il risultato di mancanza di spiegazioni, dimostrazioni e esercizi adeguati e di una vera educazione alle forme, alle direzioni e agli spazi che deve iniziare alla scuola dell’infanzia: la scrittura è una disciplina che necessita di costanza e impegno, può succedere che non tutti i bambini riescano a giungere ai medesimi risultati nello stesso arco di tempo, così i meno veloci vengono lasciati indietro e rischiano di restare privi di uno strumento tanto fondamentale per la loro capacità espressiva. La nostra esperienza nelle scuole ci ha permesso di osservare che ragazzini esentati da alcuni compiti perché considerati disgrafici o disortografici desideravano, invece, profondamente esercitarsi nella scrittura; molti di loro hanno profuso un impegno e una costanza tali da consentire una piena riuscita; altri hanno continuato a mostrare difficoltà di vario tipo, ma hanno comunque in gran parte risolto i problemi più gravi legati alla grafia“.

Naturalmente il dibattito è più ampio e più complesso; prima di trarre conclusioni definitive dovremmo intraprendere un percorso di studio e dibattito che esula da queste poche righe. Tuttavia, il fatto indicativo è la progressiva difficoltà degli studenti a scrivere e prendere appunti. Ce ne rendiamo conto anche noi, ormai adulti: scrivere a mano è più difficile, perché abbiamo perso l’abitudine a farlo. La ricaduta principale è mnemonica: facciamo più fatica a ricordare perché la nostra mano non ha fissato nulla su carta; il processo riassuntivo è affidato a delle note digitali, molto più volatili.

E così, concludiamo parlando brevemente dell’antagonismo tra “scrittura a mano – tastiera”. Potenziare la scrittura a mano, specialmente nei primi anni della scuola primaria e per tutto il corso della scuola secondaria non significa opporsi alla scrittura su tastiera.
Prendiamo in esame una considerazione ingenua: dattilografia e stenografia sono nate per far fronte a un’esigenza, quella di scrivere in breve tempo un gran numero di caratteri. In una sfida mano-macchina – a parità di formazione e competenza – la macchina riuscirà a digitare molti più caratteri.
Adesso torniamo alla nostra scuola, che vede un calo sostanziale della produzione scritta per lasciare spazio a un numero molto maggiore di test standardizzati a risposta multipla o a risposta aperta breve. Siamo sicuri che in questo genere di scuola l’esigenza della scrittura a macchina sia reale?
Siamo sicuri che i nostri ragazzi abbiano bisogno di una tastiera per scrivere i propri pensierini?
O c’è piuttosto bisogno di riconnettere la propria mente alla propria mano per prendere appunti in modo più efficace?
Come ci piace ripetere: il progresso non è buono né cattivo; esiste un progresso utile e uno inutile. Il giudizio di merito spetta a noi.

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