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COME EDUCARE LE NUOVE GENERAZIONI ALLA LETTURA

Ti riportiamo un’intervista a Daniel Pennac, a proposito del suo libro Come un romanzo. Si tratta di una pagina che ci chiarisce il significato della lettura al di là delle belle teorie e degli idealismi. La lettura, secondo Pennac, non è un obbligo né un dovere. Può, piuttosto, diventare un piacere.

DANIEL PENNAC E LA LETTURA

Quale è il trucco per avvicinare le persone ed in particolare i giovani al piacere della lettura?

Daniel Pennac: (Ridendo) Non c’è trucco! Non esiste un vero trucco per spingere i giovani ad amare la lettura. La lettura è un comportamento e l’unico sistema è di invogliare i giovani a leggere. Per esempio si potrebbe vietare ad un bambino di leggere. (Ridendo) Ti proibisco di leggere! Dite questo ad un bambino ed immediatamente andrà a rubare libri in tutte le librerie, si rinchiuderà da qualche parte per leggerli di nascosto.
Ma parlando seriamente, vietare, per esempio, di guardare la televisione è un pessimo trucco, non funziona! Non è vietando ai bambini di guardare la televisione che gli si insegnerà a leggere. No, semplicemente per trasmettere il gusto della lettura è necessario che voi stessi amiate leggere e che questo piacere traspaia dall’espressione del vostro volto.
Ci deve essere nella vostra fisiologia di lettore o di lettrice una specie di felicità. Almeno per me è così che tutto è cominciato. Ricordo che mio padre leggeva fumando la pipa… C’era la sua poltrona, la lampada, la pipa, il libro, il paradiso…

Se è vero che si impara a leggere a scuola, si può insegnare ad amare la lettura?

Daniel Pennac: Sì, è possibile insegnare ad amare la lettura a scuola. Ma dipende da come intendiamo insegnare. Se consideriamo la letteratura, come in medicina legale, un cadavere da sezionare, non arriviamo a nessun risultato. Se invece un professore, pur facendo questa necessaria analisi letteraria, dedica soltanto due ore alla settimana alla lettura ad alta voce di libri che gli sono piaciuto o alla descrizione di romanzi che lo hanno fatto volare fino alla luna, vedrà che il sistema darà i suoi frutti! Ma durante queste due ore non dovrà chiedere nulla in cambio ai suoi alunni.

E quanto tempo ci metterebbe per leggere un romanzo a scuola? Leggerebbe trenta, quaranta pagine all’ora?

Daniel Pennac: Dipende a quanto vai all’ora! Se vai a trenta all’ora ti serviranno dieci ore per leggere trecento pagine, dieci ore sono appena cinque settimane e non è molto. Sono sufficienti dure ore a settimana per leggere un romanzo al mese, non è male! Se invece vai a cinquanta all’ora…

La lettura è un piacere solitario e silenzioso. Per poterlo trasmettere agli altri va condiviso?

Daniel Pennac: La lettura silenziosa deve essere un risultato. Per me è una vittoria quando leggo un libro ad alta voce ai miei alunni e, ad un certo momento mi sento dire: “Basta Professore, voglio finire di leggere questo libro per conto mio”.

Cosa pensa invece della lettura come possibile argomento di conversazione? Potrebbe anche essere un pretesto per “rimorchiare”?

Daniel Pennac: In questo caso la lettura va utilizzata con molta cautela.
Sono assolutamente insopportabili da ascoltare quelle conversazioni in cui ciò che è stato letto diventa in qualche modo un potere, che sia un potere intellettuale o di qualsiasi altro tipo. Se invece quello che chiamate rimorchiare vuol dire comunicare attraverso un libro, allora sono perfettamente d’accordo.

Come mai le è venuto in mente di scrivere un libro sui diritti del lettore?

Daniel Pennac: Perché una mattina di settembre, dopo aver fatto conoscenza con i nuovi alunni, alla fine della lezione un ragazzo che stava seduto in fondo all’aula ha alzato la mano per chiedermi con un’aria tristissima: “Professore, ci toccherà leggere anche quest’anno”? A quel punto mi sono detto che c’era qualcosa che non andava. Quando un professore di letteratura sente una domanda del genere vuol dire che deve rimettere subito in discussione il proprio metodo di insegnamento della letteratura e l’insegnamento in generale.
In più, quello stesso giorno, dopo essere andato a prendere mia figlia a scuola, all’epoca aveva otto anni, una volta rientrati a casa e dopo essermi messo alla mia scrivania, la vidi arrivare verso di me con il suo quaderno e con la stessa aria triste del ragazzo della mattina, e mi disse: “Papà, mi dovresti fare ripassare la mia lettura silenziosa”.
Mi sono detto che dovevo proprio scrivere questo libro sulla lettura.

Si parla spesso di crisi dell’editoria e delle responsabilità della televisione, Lei smentisce questi dati, ma allora perché non si legge più?

Daniel Pennac: Guardi, mi fanno spesso questa domanda: Perché non si legge più? Ma che strana situazione! Sembra di stare in un film di Bunuel! Siamo in una libreria, ci sono libri dovunque (ridendo) e la domanda è… Perché non si legge più? Ma non è vero! Si legge ancora e si legge molto di più nel 1998 che nel 1898, e anche molto di più che nel 1978! Questo è un luogo comune! Come riuscirebbero allora a vivere le librerie? Vendendo libri, romanzi! Poniamoci il problema diversamente. Naturalmente c’è sempre il fantasma della televisione. La televisione impedisce di leggere? I tre quarti degli intellettuali che conosco ha sia la biblioteca che la televisione. Quello che invece è molto grave nella nostra società moderna, è l’urbanizzazione, l’esclusione dalla città che è il centro della cultura, e quando si caccia la gente dalle città perché è disoccupata e non può più pagare gli affitti troppo cari e la si manda nelle periferie dove c’è soltanto la televisione, questo è molto grave! Ma non si può generalizzare dicendo che la televisione impedisce di leggere. Se fosse così ci sarebbe una soluzione molto semplice, basterebbe buttare i televisori dalla finestra! Ma non è così che vanno le cose. Non è solo colpa della televisione, la colpa è piuttosto di un sistema complicato di esclusione della gente più povera e più lontana dalle città, e della confisca della cultura come se fosse un bene che appartiene solo ai ricchi che vivono nelle città. Il problema che riguarda la lettura è dato dalla forma che sta prendendo la nostra società, in Europa e altrove.

Come si trasforma il libro da oggetto contundente ad oggetto di curiosità?

Daniel Pennac: Un buon sistema potrebbe essere quello di leggere dei libri ad alta voce ai bambini da quando sono piccoli, non picchiarli o rimproverarli se hanno perso un libro o perché ci hanno disegnato sopra. Bisogna dissacrare l’oggetto ed il contenuto deve essere un regalo per il bambino. Una cosa fondamentale è leggere delle storie ed è questo che abbiamo fatto con il libro “Monsieur Malaussène”. In una libreria il mio amico Jean Guérrin leggeva il romanzo ad alta voce. Ripeto è un regalo da fare ai bambini da quando sono piccoli, la famiglia, la madre, il padre, la madrina, il padrino dovrebbero leggere loro delle storie per farli addormentare quando è sera. Lo stesso Paul Valéry, il nostro Paul Valéry nazionale di cui siamo così fieri, ha detto ad una conferenza molto seria rivolgendosi a degli studenti: “Sapete che la Letteratura con una elle maiuscola vuol dire prima di tutto entrare nei vostri cuori attraverso i racconti che vi hanno fatto i vostri genitori ed i vostri nonni per addormentarvi la sera!”

Come immagina il futuro del libro con l’avvento dell’informatica e dei cd-rom?

Daniel Pennac: Non immagino il futuro! (ridendo) Non lo immagino perché è già tutto bello e fatto. Quello che mi sorprende dell’informatica e della “multimedialità” è appunto l’immagine di un futuro presente. Si annullano le distanze e quindi si annulla il tempo. Digitiamo su un “coso” e dialoghiamo con un tizio che vive dall’altra parte del pianeta, ma la cosa incredibile è che non abbiamo nulla di più da dire a quel tizio che al nostro vicino di pianerottolo! Ma non importa, noi digitiamo e annulliamo le distanze… Un secolo fa, per dialogare con questo stesso tizio e andarlo a trovare per dirgli una cosa banale, ci sarebbero voluti trent’anni! Il futuro è quindi questa specie di istantaneità con cui bisognerà convivere. Un’altra cosa sorprendente è che questi modernissimi “aggeggi” rendono gli uomini puramente mentali, questi individui non si occupano magari del loro vicino di pianerottolo che sta crepando a casa sua, dietro la sua porta senza che nessuno se ne accorga, ma sono magari ossessionati da una specie di uomo virtuale con il quale parlano a lunga distanza. Il rischio è di perdere il senso della realtà materiale presente.

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