Dobbiamo essere genitori, non amici dei nostri figli!

Molte volte si cade nell’errore di voler essere amici dei propri figli. Forse è una cosa che non notiamo così spesso quando sono piccoli, mentre è più evidente durante la crescita. Di per sé, cercare la confidenza, il dialogo con un figlio, è legittimo e doveroso. Per supportarli e renderli autonomi, è necessario il confronto.

La difficoltà nasce quando si confondono i ruoli: i genitori non devono trasformarsi in poliziotti, psicologi o tantomeno amici.

Ai figli servono argini, direzione e limiti: mancano spesso, questi elementi, al mondo d’oggi. E’ più semplice giustificare, non vedere, spesso non accettare il proprio ruolo. Ed è così che si finisce per ostacolare il figlio, che deve potersi aprire all’esterno, creando relazioni fuori della cerchia familiare e trovando aiuto e comprensione nel ‘gruppo’, ovvero tra i coetanei.

E’ un percorso che incomincia da bambini, per poi articolarsi durante l’adolescenza, dove si esasperano fisiologicamente atteggiamenti di opposizione, rifiuto e ribellione. E’ una tappa obbligata della crescita, cui però possiamo arrivare preparati.

Come? Insegnando a dire no e ad ascoltare chi ci dice no. Le regole e i limiti sono preziosi, nella misura in cui sono costruttivi. Il dialogo con un figlio serve a fargli capire che ci sono cose che può fare e cose che non può fare, a partire dalla più tenera età, per arrivare all’adolescenza.

Un bambino che ha capito che una squadra, la famiglia in questo caso, ha delle regole, basate sulla fiducia e il rispetto, sarà un giovane adulto più forte, più capace di reagire alle intemperie della vita. Di questo che hanno bisogno per crescere tutelati da situazioni pericolose.

Sono tragici i fatti che spesso leggiamo, protagonisti ragazzi fragili che si tolgono la vita perché incapaci di sopportare il peso delle difficoltà. Possiamo evitarlo, tutti noi. Non c’è un modo unico: se vivessimo in un mondo ideale e se ci fosse un segreto per educare i figli senza problemi, ci faremmo domande. Purtroppo non esistono manuali d’istruzione, anche perché ognuno di noi è diverso dagli altri: non ci sono figli sbagliati e neanche figli colpevoli, magari solo immaturi. E soprattutto il genitore perfetto non esiste.

Rendiamoci però conto che occorre recuperare dei ruoli all’interno della famiglia, per essere al fianco dei nostri figli. Non possiamo lasciarli soli, nè dobbiamo soffocarli. E’ un equilibrio precario, perché spesso i primi ad essere fragili sono le mamme e i papà. Bene, arrivati a questo punto, vi chiediamo di valorizzare quanto più possibile la comunicazione. Bastano tre frasi per cominciare e la voglia di ascoltare le risposte:

Come ti senti?

Che succede?

Cosa posso fare?

Potrà capitarvi il silenzio, ma non spaventatevi. In quel caso spesso la mano su una spalla, una carezza, fanno più di mille parole. E come sempre, un esercizio: stavolta di equilibrio!

In equilibrio

Per ricordarci che siamo in bilico tra il fare troppo e il fare troppo poco, così come tra il dire troppo ed il dire troppo poco, riscopriamo gli esercizi di equilibrio. Ovviamente stiamo pensando a bambini, ma è il modo migliore per approcciare l’argomento, con semplicità, nella speranza che crescendo lo ricordino. Allora, proviamo così.

Possiamo fare un semplice gioco di movimento, ideale per intrattenere un gruppo di bimbi (ma va bene anche per  un singolo bimbo, anche se meno divertente ed interattivo) all’aperto o in casa.Per prima cosa, invitate tutti a formare un cerchio, poi date ad alta voce una serie di indicazioni come camminare, correre piano o saltare. Improvvisamente, a sorpresa e, a ogni giro in modo più veloce, chiedete ai bimbi di cambiare senso di marcia o di fermarsi: al terzo errore, il giocatore viene eliminato, e vince chi resta per ultimo.

Le varianti sono numerose: si può aggiungere la musica impartendo, per esempio, i comandi a ritmo o creare un piccolo percorso a ostacoli al posto del cerchio. Perché fare questo? Per ricordarsi che la vita cambia, ma che, se si ascolta chi ci sta intorno, un equilibrio lo si trova, magari girando su se stessi, o capitombolando in terra, ma sempre senza perdere i punti di riferimento.

a cura di Alessia de Falco

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