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Insegniamo l’immaginazione perché nessuno sia schiavo

immaginazione rodari

Gianni Rodari, nella prefazione della sua Grammatica della Fantasia scriveva così: “Io spero che il libretto possa essere utile a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia il suo posto nell’educazione; a chi ha fiducia nella creatività infantile; a chi sa quale valore di liberazione possa avere la parola. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo“.

L’idea che Rodari ha dell’immaginazione (infantile e non solo) è poetica e al tempo stesso coraggiosa: immaginare è uno strumento potente per comprendere il mondo reale, ma soprattutto per trasformarlo. Ne era convinta anche Maria Montessori, che riteneva fondamentale lo sviluppo dell’immaginazione infantile e il suo coinvolgimento nei processi di apprendimento (per quanto rigettasse l’immaginazione intesa come fantasticheria).  Addirittura, lo psichiatra e psicoterapeuta Carl Gustav Jung parlò di immaginazione attiva come di un processo capace di far incontrare l’anima conscia e l’inconscio, innescando un processo di rigenerazione psichica.

Eppure, a qualche anno dalla pubblicazione della Grammatica della Fantasia e dal tentativo di Rodari di istituire una “Fantastica”, disciplina immaginaria legata proprio allo studio dell’immaginazione creativa, ci ritroviamo a parlare di competenze e di saperi, trascurando colpevolmente la dimensione dell’immaginario. La consideriamo alla stregua di un residuo, quasi un aspetto necessario della vita infantile che però non dovrebbe interferire con l’insegnamento. Eppure, se ci può essere una forma di salvezza per l’insegnamento, questa non potrà che provenire dall’immaginazione.

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