LA PRATICA DELL’ESAME DI COSCIENZA

Lettura scelta dal “De Ira”, di Seneca:


Tutti i nostri sensi devono essere indirizzati a fermezza; per natura sono pazienti, se l’animo smette di corromperli: esso deve esser convocato ogni giorno alla resa dei conti. Era un’abitudine di Sestio: al cadere della giornata, non appena si era ritirato per il riposo notturno, interrogava la sua coscienza: “Qual tuo male hai guarito oggi? A qual difetto ti sei opposto? In qual settore sei migliorato?”.
L’ira cesserà, e sarà più moderato l’uomo che sa di doversi presentare ogni giorno al giudice. C’è usanza più bella di questa, di esaminare un’intera giornata? Che sonno segue questa inchiesta su se stessi, quanto tranquillo, quanto profondo e libero, dopo che l’animo o è stato lodato o ammonito e, da osservatore e censore privato di se stesso, ha concluso l’inchiesta sui suoi costumi.
Io mi avvalgo di questa possibilità, e mi metto sotto processo ogni giorno. Quando hanno portato via la lucerna e mia moglie, che conosce la mia abitudine, tace, io scruto l’intera mia giornata e controllo tutte le mie parole ed azioni, senza nascondermi nulla, senza passar sopra a nulla. Perché dovrei temere uno qualunque dei miei errori, se posso dire: “Questo, vedi di non farlo più; per questa volta, ti perdono. In quella discussione sei stato troppo polemico; impara a non contendere più con gli incompetenti, che non vogliono imparare, perché non hanno mai imparato. Hai rimproverato quello là con eccessiva franchezza, quindi non lo hai corretto, ma offeso; d’ora in poi, non guardare soltanto se è vero quello che dici, ma anche se la persona, alla quale parli, è in grado di accettare la verità”. L’uomo buono gradisce un ammonimento, ma tutti i cattivi sono estremamente restii ai pedagoghi.

“Durante il pranzo, sei stato toccato dalle arguzie di alcuni e dalle parole buttate per ferirti: ricordati di star lontano dalle tavolate di gente volgare; quando hanno bevuto, parlano con ancor più sboccata licenziosità, loro che non parlano pulito nemmeno quando sono sobri.“Hai visto il tuo amico adirato con il portinaio di un avvocato o di un ricco, che non lo ha lasciato entrare, ed anche tu ti sei adirato per lui, con l’ultimo degli schiavi: dunque te la prendi con un cane alla catena? Anche quello, dopo aver latrato molto, se gli getti del cibo, si ammansisce.Allontanati e ridine! Sei davanti ad un tizio che si crede qualcuno, perché custodisce una porta assediata da una folla di litigiosi; dentro, in casa, sta sdraiato un altro, felice e fortunato, che ritiene sia segno di benessere e di potenza una porta restia ad aprirsi: non sa che la porta più dura da aprire è quella del carcere. “Mettiti bene in mente che devi sopportare molte cose: ci si meraviglia forse di avere freddo d’inverno? Di soffrire nausea viaggiando per mare e scossoni per strada? L’animo sa resistere ai mali che è preparato ad affrontare.Perché ti hanno assegnato un posto meno prestigioso, hai cominciato ad adirarti con chi aveva offerto il banchetto, con chi aveva fatto gli inviti, con quello stesso che ti veniva preferito: pazzo, che importa su quale parte del letto ti corichi? Un cuscino può farti più onorato o più spregevole?“Hai guardato con occhio cattivo un tale che ha parlato male del tuo talento: accetti questa legge? Allora Ennio, che non ti piace, dovrebbe detestarti, ed Ortensio dichiararti il suo rancore, e Cicerone, se deridessi i suoi versi, esserti nemico. Se sei un candidato, accetta di buon animo l’esito delle votazioni!”.


FONTI

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