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Chi è libero dentro, è libero ovunque. Cominciando dai bambini.

Amare significa lasciare liberi.

Fai ciò che ti piace”: abbiamo mai avuto il coraggio di dirlo davvero a un figlio? Siamo l’arco che lancia i figli verso il domani, lo sappiamo, il loro ponte, la loro connessione con il futuro. Eppure troppo spesso li vorremmo nostro specchio, nostra proiezione verso quel futuro che a volte temiamo. Perché significa distacco.

Se però quell’autonomia, che tanto cerchiamo di portare nella vita di un figlio, fiorisce, ecco allora che deve necessariamente subentrare il nostro compito: lasciare andare lontano, oltre il nostro orizzonte.

E’ il nostro dovere verso la vita che ci è stata data e che abbiamo dato a nostra volta. Essere “sanamente” responsabili significa insegnare il rispetto attraverso il rispetto della libertà. Incominciando dai figli.

E’ un passaggio temuto, specialmente in un mondo che ci appare pericoloso, sterile, ostile. Ma è un’avventura, l’avventura di un bambino che si fa grande e di un genitore che si fa bambino, accanto a lui, che apre il cuore, proprio mentre l’uomo del domani apre la mente a nuovi pensieri, che, forse, non ci contempleranno.

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Ci chiederemo sempre se, nel lasciarli andare, abbiamo svolto bene il nostro compito, gli abbiamo lasciato ali per volare senza farsi male cadendo. Perché, lo sappiamo, cadranno. E si rialzeranno, con o senza di noi.

Allora, in bilico tra passato e futuro, non ci resta che guardare questo presente che corre via veloce: un giorno bimbi e il giorno dopo quasi adulti, nel disperato e a volte maldestro tentativo di staccarsi da noi.

Star vicino a un figlio senza soffocarlo è una delle avventure più difficili: sbagliamo sempre, sappiamo anche questo. Però una cosa va detta e ricordata: l‘irresponsabilità ha un peso significativo nel rendere infelici le persone.

Allora proviamo a ripartire da qui: nel dare ali ai nostri bimbi che volano ogni giorno un po’ più lontano da noi, insegniamo loro ad essere responsabili in modo sano, con dignità. Significa ascoltare, ma anche farsi ascoltare.

Amare, ma anche farsi amare nel modo giusto, senza tossicità. Insegniamo loro ad amarsi come prima cosa, perché solo così ameranno gli altri. A non caricarsi di una responsabilizzazione eccessiva, a non isolarsi nel tentativo di non farcela, ma a parlare, parlare sempre, dividendo il fardello, se necessario.

Non si può pretendere dagli altri una dedizione che non siamo capaci di contraccambiare. A noi, che ormai siamo adulti, non resta che riscoprire un dono che la vita ci ha fatto: i bambini sono maestri troppe volte non ascoltati. Dovremmo a volte avvicinarci a loro, prestando attenzione a ciò che dicono.

Così riscopriremo la dignità del rispetto, la parola che non cade dall’alto, l’insegnamento che, mantenendo comunque l’autorità di guida e di esempio, che tutti i genitori hanno, si basa sul confronto, sul dialogo, sulla “sana” libertà. Quella che a volte prevede qualche limite, spesso dimenticato. Solo così saremo pronti al volo, quando sarà il momento.

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