L’INSEGNANTE VA RISPETTATO. FACCIAMOLA FINITA CON LE SCUSE

Ci è capitato di leggere alcune lettere e commenti che difendono il disordine in classe: del reso – sostengono – se gli studenti fanno altro, si alzano, abbandonano la classe o si dedicano al bullismo, è colpa dell’insegnante che non è in grado di catturare la loro attenzione. Si tratta di una posizione pericolosa, che rischia di giustificare azioni ingiustificabili.

Nel nostro percorso di smantellamento della disciplina scolastica assoluta (quella in cui l’alunno non aveva alcun diritto di replica all’insegnante), abbiamo dimenticato un principio fondamentale: anche la contestazione passa attraverso il rispetto. Se il mio insegnante è noioso o incapace, elementi soggettivi sui quali non ci sentiamo di sindacare, ho tutto il diritto di fare altro, a patto che la mia contestazione si svolga nel rispetto dell’insegnante stesso e della mia classe.
Ci rendiamo conto, però, che il costrutto del rispetto si sta indebolendo: abbiamo liberalizzato l’insulto e l’aggressione, chiudiamo un occhio di fronte ad episodi di bullismo, piccoli e grandi, fino a quando sfociano in azioni troppo grandi. E a fatto compiuto, tutti pronti a condannare, senza renderci conto che sono proprio i nostri abiti mentali (e quelli della società in cui viviamo) a scatenare quei fatti.

Ma come possiamo cambiare le cose? Possiamo rilanciare l’importanza del rispetto, come valore e virtù cardine delle nostre vite. Possiamo riscoprire la corresponsabilità tra scuola e famiglia, ovvero quel legame in cui genitori e docenti si sostengono a vicenda (nel rispetto uno dell’altro) per educare al meglio i ragazzi. Proprio quella corresponsabilità, che in tanti istituti già c’è e funziona, è alla base della buona educazione.

Una classe indisciplinata non è colpa di un insegnante incapace: è colpa di una società che fa sempre più fatica a preparare alla scuola.

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