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Hanako dal grande cappello: una fiaba giapponese

Tanto tempo fa viveva in Giappone un Samurai ricco e potente, e generoso e buono, il quale avrebbe potuto essere felice accanto alla sua giovane e bella sposa se la sua casa fosse stata allietata dal sorriso di un bambino. Ma il cielo non aveva mandato bambini e il Samurai si sentiva più povero del più povero coltivatore di riso.
Un giorno andò alla pagoda con la moglie; si prostrarono con la fronte sul pavimento e pregarono fino a sera, chiedendo con tutto il cuore agli dei il dono di un figlio; poi tornarono a casa un pò consolati. La preghiera non fu vana: qualche tempo dopo nacque una bambina graziosissima, che fu chiamata Hanaco.
Da quel giorno i due sposi furono veramente felici. Circondarono la loro creatura delle cose più bella e delle premure più affettuose, e spesso sedevano presso di lei sospirando:
“Oh, la nostra piccola, la nostra cara Hanaco!”
La bambina, da parte sua, meritava tanto affetto e tanta ammirazione, perché cresceva buona, ubbidiente e bella. Era anche molto intelligente, e a pochi anni sapeva già suonare diversi strumenti alla perfezione e la grazia di un usignolo. Ma purtroppo tanta serenità non era destinata a durare: Hanaco aveva appena compiuto dieci anni, quando il suo babbo morì. La mamma pianse tanto che si ridusse l’ombra di se stessa, e un giorno non poté più alzarsi da letto. Allora chiamò a sé Hanaco e le disse:
– Figlia mia cara, sento che sto per lasciarti perché vado a raggiungere il tuo babbo; ma non disperarti, perché la nostra protezione non ti mancherà mai. Ti auguro di trovare nella vita chi ti ami e ti protegga, quando sarai sola. Adesso inginocchiati affinché io ti dia la mia benedizione, e compia ciò che gli dei mi hanno comandato.
Hanaco si inginocchiò piangendo e la mamma le posò sul capo un cofanetto chiuso, e su questo, un cappellone di paglia a forma di cupola, ma tanto grande che le scese quasi fino al mento.
“Non levarlo, tesoro mio – aggiunse la mamma teneramente – e un giorno saprai perché ho fatto questo”.
La benedisse ancora e spirò. Per dire la verità, Hanaco cercò subito di levarsi quel cappellone che le dava fastidio, ma per quanti sforzi facesse non vi riuscì. Allora si rassegnò a tenerlo, e andò al funerale della mamma, che fu messa a riposare accanto al Samurai.
Intanto la gente, che già aveva guardato con molto stupore la strana acconciatura dell’orfanella, incominciò a sorridere, e poi a ridere, e infine a farsi beffe di lei. I ragazzi la segnavano a dito e la inseguivano per la strada chiamandola ” cappellona”, mentre gli uomini e le donne si voltavano a guardarla motteggiandola e battendosi il dito sulla fronte.
La bambina era sempre più avvilita. ” Perché rimango in questo paese pieno di gente cattiva, dove non c’è più nessuno che mi voglia bene? ” si disse. ” Voglio andarmene di qui: la protezione del babbo e della mamma mi seguirà dappertutto.”
Detto fatto, senza nemmeno pensare a mettere un indumento in un fagottino, né qualche moneta nelle tasche, si avviò per la prima strada che vide. Cammina, cammina, dopo aver attraversato villaggi e campagne, giunse in riva a un fiume. Sedette sulla sponda e fissò l’acqua che fluiva in turbini e vortici.
Questo spettacolo le fece girare la testa e a un tratto ruzzolò nel fiume; ma non andò a fondo perché il cappellone la tenne a galla e venne trascinato dalla corrente. Un barcaiolo che passava di là con la sua barca, vide quella strana cupola galleggiare e pensò che si trattasse di un cappello.
” Mi farebbe proprio comodo” disse tra sé. ” Ora lo prendo.” Si sporse sull’acqua puntellandosi sulla pertica, agguantò il capello, e lo trovò molto pesante, tanto che fece fatica a issarlo sulla barca.
Quale fu la sua meraviglia quando vide che, sotto il capello, c’era una bambina che pareva quasi legata al grande copricapo! Ancora sbigottito, il barcaiolo spinse la barca fino a riva e Hanaco poté scendere a terra e riprendere il viaggio.
Cammina, cammina, mentre percorreva una bella strada attraverso ricche risaie, vide venire una splendida carrozza in cui sedeva un vecchio signore che era il principe di quel paese. Incuriosito per lo strano aspetto della giovane il principe ordinò di fermare i cavalli e fece cenno alla fanciulla di avvicinarsi
” Chi sei? ” domandò. ” E perché porti sulla testa quello strano cappellone di paglia?”
” Lo porto perché non posso levarmelo” rispose Hanaco.
E raccontò la sua storia. Il principe si commosse.
” Povera piccola”  disse ” vieni al mio palazzo. Vivrai sotto la mia protezione e nessuno oserà disturbarti.”
Fece salire Hanaco accanto al cocchiere e insieme ritornarono al palazzo: Hanaco fu affidata alla servitù e incaricata di preparare l’acqua per i bagni. Tutti i giorni attingeva al pozzo sacchi e secchi d’acqua, faceva bollire caldari, e riempiva tinozze e tinozze. Spesso era tanto stanca che sedeva su una panchina di marmo nel giardino con le mani abbandonate sulle ginocchia, e talvolta si metteva a piangere ricordando quando era stata felice nel palazzo del potente Samurai suo padre, circondata da servi pronti a ogni suo cenno.
Ora, invece, i servi la maltrattavano e la sollecitavano a sbrigare il fretta il suoi lavoro perché ce n’era già dell’altro pronto. Soltanto il figlio più giovane dei sovrani le dimostrava un po’ di compassione e le diceva qualche parola buona. A poco a poco i due giovani presero l’abitudine di frequentarsi e ogni giorno sedevano sulla panchina sotto il ciliegio e chiacchieravano insieme senza stancarsi. Ma i servi, invidiosi, riferirono tutto al principe che si adirò tutto al principe che adirò moltissimo e chiamò il figlio minore:
” Non voglio più che tu frequenti quella piccola intrigante” disse. – Domattina la caccerò via”.
” Ma io voglio bene ad Hanaco – esclamò il giovane angosciato. Se la caccerete via, chene sarà di lei? Vi prego, concedetemela in moglie!”
A quelle parole la principessa madre diventò rossa di collera e disse:
” Tu vuoi sposare quella serva, quel piccolo mostro? Come avresti il coraggio di presentarti ai ricevimenti con una ragazza ignorante come lei?”
” Io le voglio bene e se voi la caccerete me né andrò di casa” .
A queste parole la principessa si calmò un pò, e decise di aspettare alcuni giorni, sperando di riuscire a trovare una soluzione migliore. La soluzione le fu suggerita dal più scaltro dei suoi ministri.
” Altezza ”  le consigliò ” organizzate il più sontuoso ricevimento che abbiate mai dato. Invitate tutte le vostre nuore e le dame più intelligenti e colte della città e invitate anche Hanaco. Sfigurerà a tal punto che lo stesso principe né resterà disgustato” .
” Ottima idea!” approvò la principessa madre.
Giunta la sera della festa, quando le signore cominciarono ad arrivare con i loro ventagli di seta e gli abiti trapuntati d’ora, Hanaco si rifugiò sotto l’albero del ciliegio e cominciò a pregare. Poco dopo giunse anche il giovane principe che accorgendosi che Hanaco pregava, giunse le mani e pregò con lei.
Allora accadde il miracolo: il capello di Hanaco volò via, e il bellissimo volto della fanciulla apparve in tutto il suo splendore. Anche il cofanetto volò a terra e da esso uscì un rivolo splendente di monete d’oro. Gli abiti di Hanaco divennero sontuosi, i suoi capelli neri, lunghi e lisci, le scesero con grazia lungo le spalle. Il principe s’inchinò, le offerse la mano e la condusse nella sala del ricevimento.
Quando gli invitati videro quella meravigliosa fanciulla, rimasero ammutoliti. Hanaco salutò amabilmente tutti, poi prese uno strumento a corda e lo suonò alla perfezione; cantò con la dolcezza di un usignolo e danzò come una farfalla sui fiori.
” Ma è un prodigio!”  esclamarono tutti.
” E’ una ninfea celeste!”
”  E’ la figlia del più ricco e potente Samurai del Giappone” disse un vecchio che l’aveva riconosciuta.
Fu così che Hanaco trovò chi l’avrebbe protetta e amata per tutta la vita; e i vecchi principi furono felicissimi di dare il loro consenso alle nozze.

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