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La leggenda della calendula

La leggenda della calendula

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

C’erano una volta tre fatine dispettose. Volavano dappertutto facendo scherzi agli gnomi, svegliando i gufi che dormivano e punzecchiando qualsiasi essere incontrassero nelle loro scorribande.

Erano davvero insopportabili; per giunta, bisticciavano in continuazione: perché le ali di una ronzavano troppo, perché un’altra aveva i capelli al vento invece di portarli raccolti e così via.

Nessuno nel bosco parlava con loro e chi aveva avuto la sfortuna di incontrarle si teneva alla larga da loro.

Un giorno, mentre le tre fatine volavano annoiate e sole, videro una cerbiatta che aiutava il suo piccolo a muovere i primi, incerti, passi: quanto amore negli occhi di quella mamma che guardava il suo cucciolo!

“Perché nessuno ci ha mai trattate con tanto amore?” si chiesero le fate, ma non trovarono una risposta e si infuriarono.

I loro scherzi divennero ancor più fastidiosi finché  un giorno volarono dal piccolo cerbiatto e lo invitarono a giocare con loro.  Ma invece di giocare, lo portarono lontano nel bosco, fino ad una grotta oscura, e lì lo abbandonarono.

La sua mamma lo cercò disperata per ore finché, grazie all’aiuto degli gnomi, riuscì a trovarlo. Le fatine avevano osservato la scena nascoste tra le fronde di un abete; all’inizio con soddisfazione, divertite perché tutti erano in pena per il piccolo cerbiatto, poi con un po’ di rimorso e infine con un terribile senso di colpa.
Quando vide la cerbiatta in lacrime abbracciare il suo cucciolo, la più piccola delle tre fate scoppiò a piangere.

“È colpa nostra”, urlò disperata dalla cima dell’abete, attirando l’attenzione di tutti.
“Perché lo avete fatto?”, chiese uno degli gnomi.
“Volevamo la vostra attenzione, siamo così sole”.
“Ma non siete sole! Nel bosco vogliamo bene anche a voi, nonostante i vostri dispetti”.

Le lacrime dei due cerbiatti furono preziose: le tre fatine compresero che per essere amati non occorre fare molto, se non ricambiare l’amore che si riceve e provare gli stessi sentimenti gentili che desideriamo dagli altri.
Quel giorno smisero di fare dispetti e cominciarono a intrattenere i cuccioli del bosco con giochi e incantesimi: la loro abilità con gli scherzi, così, diventò un dono prezioso per i più piccoli.

E tutte le lacrime cadute quel giorno? Non furono sprecate: dalla prima all’ultima, si trasformarono in piccoli semi e da quei semi nacquero tantissime piante di calendula, che da giugno a novembre rallegra la macchia con i suoi colori.
Quei fiori ricordano a tutti che anche dal dolore può nascere qualcosa di bello.

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