La leggenda del glicine

la leggenda del glicine

LA LEGGENDA DEL GLICINE

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

C’era una volta una contadinella che si disperava per il suo aspetto. Il suo nome era Glicine e proprio non si piaceva: si riteneva così brutta che non riusciva nemmeno a guardare il suo volto riflesso nell’acqua del fiume. Glicine era una ragazza timida e gentile, lavorava nella fattoria dei suoi nonni e quando finiva di dare il fieno agli animali andava a piangere in riva al ruscello che attraversava i campi. Un giorno passò di lì il Bruco Mangianoia: stava portando dei semi di mais molto preziosi nei campi dell’Estate, che stava per arrivare.
Il Bruco sentì Glicine piangere e si avvicinò, per capire perché quella ragazza fosse così triste. “Cosa c’è che non va, piccola?” domandò. Non aveva mai rivolto la parola a un essere umano prima, perché le regole dei bruchi non lo permettevano, ma – si sa – aiutare una bambina in lacrime è molto più importante delle regole!
“Sono bruttissima!” si lamentò Glicine.
“Non è vero” obiettò il Bruco Mangianoia, ma comprese subito che le sue parole non sarebbero bastate.
“Guarda” disse a Glicine: proprio dove le lacrime della ragazza erano cadute per terra era spuntata una pianticella minuscola. “Dalle tue lacrime è nata questa pianta”.
La ragazza si chinò incuriosita: nella fattoria dei suoi nonni non aveva mai visto una pianta come quella.
“Prenditi cura di lei” raccomandò il bruco; “crescerà sicuramente qualcosa di speciale”.
Glicine si asciugò le lacrime e corse alla fattoria a prendere un secchio d’acqua per innaffiare la piantina; giorno dopo giorno la coltivò con amore: strappava le erbacce intorno a lei, le dava acqua e la proteggeva dagli insetti, dagli uccellini e perfino dal caldo.
La pianta crebbe in fretta e presto diventò più alta di Glicine; quando arrivò l’estate, i boccioli si schiusero e uscirono dei bellissimi fiori azzurri e violetti. Dai rami in fiore scese il Bruco Mangianoia e Glicine lo ringraziò: “Senza di te non mi sarei mai accorta di questa pianticella”.
“Succede sempre così: quando siamo tristi non ci accorgiamo che è dalle nostre lacrime che sbocciano i fiori più belli” le rispose il bruco, pensieroso; “Come ti chiami bambina?”
“Glicine, signor bruco”.
“Chiameremo così questa pianta: Glicine. Così, ogni volta che guarderai i suoi fiori, ti ricorderai che è grazie a te e al tuo lavoro che sono fioriti”.
Da quel giorno Glicine tornò a specchiarsi nell’acqua del fiume e il suo viso, incorniciato dai fiori del glicine, non le fece più paura né tristezza.

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