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La leggenda dell’orchidea selvatica

la leggenda dell'orchidea selvatica

LA LEGGENDA DELL’ORCHIDEA SELVATICA

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

C’era una volta un’orchidea selvatica, nata e cresciuta tra le distese di muschio di un acquitrino in montagna. Conduceva una vita tranquilla, circondata dall’affetto dei suoi amici e dai racconti curiosi delle libellule di passaggio. Un giorno, l’orchidea selvatica fiorì. Lo fece in punta di piedi, senza clamore; ma tutti nell’acquitrino la guardarono con ammirazione.
“Come sei bella!” le ripetevano i muschi con i quali era cresciuta.
“E che fiore variopinto. Sembri una regina” aggiungevano gli sfagni, agitando le loro foglie filamentose.
L’orchidea era così felice di sentire l’affetto dei suoi amici e la loro ammirazione, che non avrebbe saputo desiderare di meglio. Faceva bella mostra del suo fiore dall’alba al tramonto, e aiutava come poteva tutti gli amici che avevano bisogno di lei.
Un giorno, arrivò all’acquitrino uno straniero: era un botanico. Tutti, dai muschi alle libellule, lo squadrarono con attenzione: aveva una lunga barba rossastra e indossava un gilet elegante e un paio di stivaloni impermeabili. Era giunto fin lì alla ricerca di nuove specie preziose, da condurre nella sua serra e da esporre al circolo degli scienziati.
Il botanico si accorse subito dell’orchidea selvatica ed esclamò: “Che rarità! Quale bellezza rara! Quest’orchidea è unica nel suo genere, non ne ho mai vista una simile sui libri. Perfino il re verrà nel mio giardino ad ammirarla. Mi nomineranno professore, ma che dico, cavaliere”. Purtroppo non aveva un contenitore adatto a trasportarla e tornò a casa di corsa per procurarsene uno, prima che qualcun altro passasse di lì.
Le piante dell’acquitrino avevano ascoltato le sue parole con attenzione e quando l’uomo si fu allontanato dissero all’orchidea: “Come sei fortunata! Presto entrerai nella serra di un botanico; perfino il re verrà a farti visita. Goditi la tua fortuna e non dimenticarti di noi”.
Ma l’orchidea non la pensava come loro e rispose, con il suo bel fiore rigato di lacrime: “Pensate che sia una fortuna trascorrere i propri giorni sotto una serra di vetro? Non capite molto della fortuna; la mia fortuna è vivere qui, nell’acquitrino, circondata da voi, che siete miei cari amici sin da quando siamo nati e che mi volete bene. Voi siete la mia famiglia, e non c’è re al mondo che possieda una fortuna simile”.
I muschi e gli sfagni ammutolirono.
Fu un sassolino, che non aveva mai parlato prima di quel giorno, a rompere il silenzio: “Davvero preferisci noi ad essere famosa?”
“Ma certo” rispose l’orchidea, con tono asciutto ma accorato.
“Possiamo aiutarti” bisbigliò il sassolino, poi chiamò a raccolta i muschi, le libellule e tutti gli altri abitanti dell’acquitrino e insieme misero a punto un piano.
Quando il botanico tornò col suo contenitore di vetro, l’orchidea era circondata da api, libellule, tafani, coleotteri e da migliaia di altri insetti che abitavano nei dintorni.
Non fece in tempo a tirar fuori dalla tasca un coltello per estrarre l’orchidea dal terreno che il sassolino gridò: “Avanti, amici dell’acquitrino! Salviamo la nostra amica”.
Le libellule dietro di lui balzarono avanti, seguite dalle api e dagli altri insetti: si gettarono sullo straniero e a suon di morsi e punture lo fecero fuggire a gambe levate. Non sarebbe mai più tornato.
L’orchidea, invece, poté continuare la sua bella vita insieme agli amici di sempre e anche se nessuno l’ha più vista, si dice che amore e amicizia l’abbiano resa sempre più bella.

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