Il mito di Iris

Il mito di Iris

Testo di: Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Una mattina Iris, la piccola dea vestita di rugiada, salì sull’Olimpo e fece una scenata a Hermes, suo collega.

«Mi sono proprio stancata: tu porti agli uomini le buone notizie e a me toccano solo quelle funeste. Mi rifiuto di continuare così: mi licenzio. Arrivederci, e buon lavoro.»

Iris lasciò ad Hermes lo scettro dorato e le ali che usava per lavorare e tornò a casa.

Ma Hermes non aveva nessuna intenzione di recapitare cattive notizie e sul momento non fece caso a quel licenziamento. Così mise gli attrezzi di Iris dentro uno scatolone e continuò a svolgere il suo lavoro.

Sulla Terra, invece, le cose cambiarono eccome. I morti smisero di morire. Gli ammalati di ammalarsi. Gli affamati di avere fame. Gli assetati di avere sete. Nessuno consegnò più le bollette da pagare e gli ambasciatori si rifiutarono di recapitare le dichiarazioni di guerra.

Dopo qualche tempo, un corteo di uomini salì sull’Olimpo e chiese di parlare con Hermes, che li ricevette nel suo ufficio.

«Come posso aiutarvi?» domandò loro.

«Fino alla scorsa settimana io ero un becchino» disse il primo della fila. «Ma adesso la gente non muore più e non c’è nessuno da seppellire».

Ad Hermes tornò in mente la scenata di Iris e liquidò il becchino con poche parole.

«Diventa un medico e cura i malati».

Ma il secondo della fila lo interruppe

«Io sono un medico. O meglio, lo ero, perché nessuno si ammala più e anche io sono senza lavoro».

«Se non ci sono più morti e malati» esclamò Hermes, fate i contadini».

Ma il terzo della fila era proprio un contadino, che disse tra mille sospiri:

«Magari; nessuno ha più fame e noi contadini non sappiamo a chi vendere frutta e verdura».

Poi fu il turno degli impiegati: nessuno pagava più le fatture e loro non avevano numeri da registrare.
Dei banchieri, disoccupati perché tutti avevano soldi a sufficienza.
Dei vigili e dei carabinieri, perché non c’erano più delinquenti.
Dei ferrovieri, perché nessuno andava più al lavoro (che brutto, essere pendolari!).
E così via: la fila arrivava fino alle pendici del monte Olimpo.

Tutti gli uomini erano senza lavoro, perché non c’era più bisogno di aiuto e non serviva più niente a nessuno.

«Suvvia! Se non avete un lavoro, andate a divertirvi», sbuffò Hermes, scacciandoli.

Ma siccome gli uomini non si annoiavano, a nessuno veniva in mente di divertirsi.

Il corteo provò a fare una rivoluzione, ma siccome non si poteva dare la brutta notizia della ribellione, la rivoluzione finì ancor prima di cominciare.

Gli uomini erano diventati come… sassi.

Anche Iris si accorse che le cose non andavano per il verso giusto e capì che le brutte notizie sono necessarie tanto quanto le buone.

Così tornò da Hermes, riprese le ali e lo scettro e tornò subito al lavoro.

«In cambio però, ti chiedo qualcosa di bello. Fa’ che gli uomini non si ricordino di me solo per le brutte notizie che porto».
Anche Hermes capì di aver sbagliato con lei e per farsi perdonare regalò alla collega il più bello dei simboli terrestri: l’arcobaleno.

Da allora, Iris è la dea dell’arcobaleno e delle notizie funeste.

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