Perché le ortiche hanno le spine

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

Tanto tempo fa le ortiche non avevano le spine: le loro foglie erano tenere e morbide come il velluto. L’ortica erano tenuta in gran considerazione da tutti gli abitanti del prato perché parlava poco, ascoltava molto e i suoi consigli silenziosi valevano più di mille parole.

Un giorno, arrivò al prato una farfalla: veniva da lontano ed era stremata dal lungo viaggio. Si posò sull’ortica e depose le sue uova: piccole, morbide, indifese.
“Promettimi che ti prenderai cura di loro” chiese all’ortica con la sua vocina flebile. Poi si stese su una grande foglia, avvolta dai raggi caldi del Sole, si addormentò e non si svegliò più.
“Lo farò”, disse risoluta l’ortica. Parlava a se stessa, ma era certa che anche la farfalla era riuscita a sentirla.

Poi ripose delicatamente le uova della farfalla sotto le sue foglie, perché gli animali del prato non le vedessero, altrimenti le avrebbero mangiate.
L’ortica fece del suo meglio, ma si accorse presto che non avrebbe potuto mantenere la sua promessa. Gli abitanti del prato la rispettavano, ma era debole e indifesa tanto quanto la farfalla, e forse più di lei, perché non sarebbe nemmeno potuta volare via per proteggere quelle piccole uova.

L’ortica si fece piccola, nella speranza che nessuno si accorgesse del tesoro che nascondeva. Chinò la testolina e cercò di farsi invisibile, ma il suo strano comportamento non sfuggì agli upupa, alle vespe e ai ragni in agguato.
“Cosa ci nascondi?” chiese un calabrone di passaggio all’ortica.
“Niente, ehm, niente” rispose lei, per paura che il suo silenzio potesse destare ancor più sospetto.
Un ragnetto tutto bianco, passando sotto il suo fusto, vide la piccola sacca bianca delle uova e, leccandosi i baffi, chiamò a raccolta i suoi compari.
“Non potete mangiarle” strillò l’ortica. “Ho promesso alla farfalla che le ha deposte che avrei protetto le sue uova. Non dovete mangiarle”.

Gli animali si allontanarono per non contrariarla, con l’intenzione di tornare quella notte e portarle via mentre l’ortica dormiva. Fu il ragno bianco ad escogitare il piano: “Se l’ortica non vedrà chi di noi ha rubato le uova, non potrà incolpare nessuno”.
Quella notte l’ortica non dormì: rimase a vegliare il suo piccolo tesoro e mentre vegliava rifletté sulla vita: così straordinaria, ma anche così dura. Decise che avrebbe protetto quelle uova a qualsiasi costo, perché era quello che desiderava, e perché al pensiero di perderle il suo cuore s’infiammava di rabbia e s’induriva per la tristezza.

I suoi pensieri si intrecciarono e diventarono aculei sulla sua pelle; il suo amore, la sua dedizione, la sua rabbia e la sua paura si mescolarono insieme e diventarono un potente veleno.
Quando spuntò il Sole, l’ortica aveva le spine e nessun abitante del prato poté più avvicinarsi. Le uova della farfalla rimasero lì, al sicuro, protette dalla più tenace delle difese: l’amore; dopo qualche tempo si schiusero e i bruchi strisciarono lontano, ma l’ortica non rinunciò alle sue spine, perché ormai erano parte di lei.
Da quel giorno, gli abitanti del prato si rivolgono a lei con rinnovato rispetto, perché sanno che ha mantenuto la sua promessa e che dietro le sue spine velenose si nasconde un cuore traboccante d’amore.

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