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La regina della neve: quinta storia

Quinta storia. La figlia del brigante

Testo di: H. C. Andersen

Viaggiarono attraverso i boschi scuri, ma la carrozza brillava come una fiamma, e abbagliava gli occhi dei briganti, che non riuscivano a sopportarla.
«È oro, è oro!» gridarono, avanzando di corsa, presero i cavalli, uccisero il postiglione, i valletti e i servitori, e tirarono fuori la piccola Gerda dalla carrozza.
«È grassa, è graziosa, è stata ingrassata con gheriglio di noci!» disse la vecchia moglie del brigante, che aveva una lunghissima barba arricciata e sopracciglie che le coprivano gli occhi. «Deve essere buona come un agnellino! Uh, deve essere saporita!» e intanto tirò fuori il coltello che scintillò orribilmente. «Ahi!» esclamò in quello stesso momento.
Era stata morsicata all’orecchio dalla figlioletta, che s’era appesa alla sua schiena e che era terribilmente selvaggia e insolente.

«Mocciosa!» esclamò la madre, ma non fece in tempo a colpire Gerda.
«Deve giocare con me!» disse la figlia del brigante. «Mi deve dare il suo manicotto, i suoi bei vestiti, e dormirà nel mio letto!» e così diede un altro morso cosicché la moglie del brigante saltò in aria e girò su se stessa e tutti i briganti si misero a ridere dicendo: «Guarda come balla con sua figlia!».
«Voglio andare in carrozza!» disse la figlia del brigante, e riuscì a ottenere quello che voleva perché era molto ostinata e viziata.

Lei e Gerda salirono in carrozza e corsero oltre sterpi e rovi fino nel più profondo del bosco. La figlia del brigante era grande come Gerda, ma molto più forte, più robusta e con la pelle scura, aveva gli occhi neri che sembravano quasi tristi. Afferrò la piccola Gerda alla vita e le disse: «Non ti uccideranno finché io non mi arrabbierò con te! Sei forse una principessa?».
«No» rispose la piccola Gerda, e le raccontò tutto quello che aveva vissuto, e quanto volesse bene al piccolo Kay.
La figlia del brigante la guardò molto seriamente, fece un cenno con la testa e disse: «Non ti ammazzeranno, anche se io mi arrabbierò con te, perché lo farò io stessa!». Intanto asciugò gli occhi di Gerda e infilò le mani nel bel manicotto così morbido e caldo.

La carrozza si fermò. Si trovava in mezzo al cortile di un castello di briganti; tutto era decrepito, da cima a fondo, corvi e cornacchie uscivano volando da tutti i fori, e grandi mastini, che sembrava potessero mangiare un uomo, saltavano in aria, ma non abbaiavano perché era proibito.
Nella grande vecchia sala annerita dal fumo si trovava in mezzo al pavimento di pietra un grosso fuoco; il fumo saliva verso il soffitto e doveva trovare da sé un’uscita; in un grande pentolone cuoceva la zuppa e sullo spiedo giravano conigli e lepri.

«Dormirai con me questa notte e con tutti i miei animaletti!» disse la figlia del brigante. Mangiarono e bevvero e poi andarono in un angolo dove si trovavano paglia e coperte. Un po’ più in alto, su pertiche e assicelle, erano appollaiati quasi cento colombi: sembrava che dormissero, ma si mossero un po’ quando le bambine arrivarono.
«Sono tutti miei» disse la figlia del brigante, e afferrò in fretta uno dei più vicini, tenendolo poi per le zampe e agitandolo, in modo che sbattesse le ali. «Bacialo!» gridò, sbattendoglielo sulla faccia. «Là ci sono i miei colombi selvatici!» continuò indicando le sbarre che chiudevano un buco nel muro. «Sono colombi selvatici quei due! Se ne volerebbero subito via, se non fossero chiusi a chiave. E qui si trova la mia carissima renna» e tirò per le corna una renna, che aveva un anello di rame luccicante intorno al collo e era legata. «Anche questa deve stare in gabbia, altrimenti scappa via. Ogni sera le faccio il solletico sotto il collo con il mio coltello affilato e lei ha così paura!» e prese un lungo coltello da una fessura del muro e lo fece scorrere sul collo della renna; quel povero animale si mise a tirar calci, e la figlia del brigante rise forte e trascinò Gerda con sé nel letto.

«Tieni il coltello con te anche quando dormi?» chiese Gerda guardandolo un po’ impaurita.
«Dormo sempre col coltello!» rispose la figlia del brigante. «Non si sa mai quello che può succedere. Ma raccontami di nuovo quello che mi hai detto prima sul piccolo Kay e su come sei andata in giro per il vasto mondo.» Gerda raccontò dal principio, e i colombi selvatici tubavano nella gabbia, mentre gli altri dormivano. La figlia del brigante mise il braccio intorno al collo di Gerda, tenendo il coltello nell’altra mano, e dormì facendo molto rumore; Gerda invece non riuscì affatto a chiudere gli occhi, non sapeva se sarebbe vissuta o se sarebbe morta. I briganti erano seduti intorno al fuoco, cantavano e bevevano, e la moglie del brigante faceva le capriole. Oh, era orribile a vedersi per la piccola Gerda.

llora i colombi del bosco dissero: «Curr! Curr! noi abbiamo visto il piccolo Kay. Una gallina bianca portava la sua slitta, lui era seduto nella carrozza della regina della neve, che passava bassa sul bosco quando noi eravamo nel nido, faceva tanto vento che tutti i piccoli morirono, tranne noi due. Curr! Curr!».
«Cosa dite lassù?» gridò Gerda «dove si è diretta la regina della neve? Sapete qualcosa?»
«È sicuramente andata in Lapponia, perché là c’è sempre neve e ghiaccio. Prova a chiedere alla renna, che è qui legata alla corda.»
«C’è ghiaccio e neve, là si sta molto bene!» rispose la renna. «Là si salta liberamente nelle grandi vallate che brillano! Là si trova la tenda estiva della regina della neve, ma il suo castello si trova vicino al Polo Nord, su di un’isola che si chiama Spitzberg!»

«Oh Kay, piccolo Kay!» sospirò Gerda.
«Stai un po’ ferma!» disse la figlia del brigante «altrimenti ti caccio il coltello nello stomaco!»
Al mattino Gerda raccontò tutto quello che i colombi selvatici le avevano detto, e la figlia del brigante diventò seria, ma piegò la testa dicendo: «È lo stesso, è lo stesso! Tu sai dove si trova la Lapponia?» chiese alla renna.
«Chi dovrebbe saperlo meglio di me?» rispose l’animale, e i suoi occhi brillavano di gioia «là sono nata e cresciuta, là ho saltato sui campi di neve!»

«Ascolta!» disse la figlia del brigante a Gerda. «Vedi, tutti i nostri uomini sono andati via, ma la mamma è ancora qui, e qui resta; ma quando comincia il giorno si mette a bere da quel grosso bottiglione e poi fa un pisolino; a quel punto farò qualcosa per te!» Intanto saltò giù dal letto, si precipitò al collo della madre, le tirò i baffi e disse: «Mio caro caprone, buon giorno!». E la madre le pizzicò il naso finché non divenne rosso e blu, ma erano tutte manifestazioni di affetto.
Quando la madre, bevuta la sua bottiglia, si mise a riposare, la figlia del brigante andò dalla renna e disse: «Mi piacerebbe tanto continuare a farti il solletico molte altre volte con il mio coltello affilato, perché sei così divertente, ma non importa, scioglierò la corda e ti aiuterò a fuggire in modo che tu possa tornare in Lapponia; ma tu dovrai correre più forte che potrai, e portare questa fanciulla al castello della regina della neve dove si trova il suo compagno di giochi. Hai sentito quello che lei ha raccontato, perché ha parlato a voce alta, e tu ascolti sempre!».

La renna saltò di gioia. La figlia del brigante aiutò la piccola Gerda a salire in groppa, fu attenta a legarla ben stretta e le diede persino un cuscino su cui sedere. «Eccoti i tuoi stivaletti di pelo» esclamò «perché là farà freddo, ma il manicotto lo tengo io perché è troppo grazioso! Comunque anche tu non devi gelare, eccoti i guantoni di mia madre, ti arriveranno certo fino al gomito, infilali. Adesso hai le mani proprio come quelle della mia brutta mamma!»
Gerda pianse di gioia.

«Non mi piace che tu pianga!» disse la figlia del brigante. «Adesso devi apparire contenta! Eccoti due pani e un prosciutto, così non avrai fame.» Li sistemò sul dorso della renna, aprì la porta, rinchiuse tutti i cani e tagliò la corda col coltello, dicendo alla renna: «Corri, su! Ma stai bene attenta alla bambina».
Gerda tese le mani con i guantoni verso la figlia del brigante e salutò e la renna partì passando sopra cespugli e sterpi, attraverso il grande bosco, oltre steppe e paludi, più in fretta che potè. I lupi ululavano e le cornacchie gridavano. “Fut fut!” si sentì un crepitio nel cielo, che si illuminò tutto di rosso.
«Ecco la mia cara aurora boreale!» disse la renna «guarda come brilla!» e corse ancora più in fretta, giorno e notte; i pani vennero mangiati, e anche il prosciutto, ma intanto erano giunte in Lapponia.

Continua a leggere la sesta storia…

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