GIOCARE A COMPORTARSI BENE

Gestire una classe è un problema sempre più serio: punizioni e provvedimenti disciplinari sono sempre meno tollerati; eppure, la disciplina in classe è necessaria. Cosa possiamo fare? Proviamo con la disciplina positiva, attraverso un gioco: il GBG!

Negli Stati Uniti, dal 1967, anno in cui è stato introdotto, ad oggi, questo gioco è stato oggetto di oltre 60 diverse pubblicazioni scientifiche ed è considerato un modello d’eccellenza per gestire al meglio la classe.

LE REGOLE DEL GIOCO

Ma come funziona questo Good Behaviour Game (GBG)? Scopriamolo insieme, in quattro passaggi:

  1. Come prima cosa, bisogna stabilire le regole di classe: possono essere suggerite dall’insegnante o stabilite collegialmente, insieme a tutti i ragazzi. Gli studenti della classe vengono poi divisi in piccoli gruppi, di 2-5 elementi.
  2. L’obiettivo del gioco è semplicissimo: comportarsi bene. Ciascun team riceverà un punto negativo ogni volta che uno dei suoi membri infrangerà una delle regole stabilite. Alla fine del gioco, che può coincidere con la fine della lezione o di una parte della lezione, i team che avranno ricevuto meno di 4 punti negativi (o un altro numero stabilito dalle regole iniziali) riceverà un piccolo premio.
  3. Di fronte a uno studente che infrange le regole, l’insegnante deve sforzarsi di mantenere la calma e non intervenire, se non per riprendere la parola (e comunque senza rivolgere critiche o rimproveri ai team).
  4. Al termine del gioco, le squadre che avranno raggiunto il loro obiettivo, potranno scegliere un premio; alcuni esempi potrebbero essere: sedersi vicino ad una/un propria/o amica/o durante la lezione del giorno dopo, oppure non ricevere compiti da svolgere a casa

PRO E CONTRO DEL “GOOD BEHAVIOUR GAME”

Seguendo un approccio “evidence-based” il gioco funziona: innumerevoli studi scientifici ne hanno comprovato l’efficacia nel rendere la classe più attenta, ricettiva e gestibile; vi sono anche studi che mettono in correlazione il GBG con la riduzione di comportamenti antisociali e dell’abuso di alcol e sostanze stupefacenti in età adolescenziale.

Perché il gioco funziona da un punto di vista pedagogico? Ecco le sue principali potenzialità:

  • Non è competitivo: ciascun team potenzialmente può vincere; in questo modo, il clima della classe non è turbato ed anzi, si rafforza il senso di squadra
  • Favorisce un approccio globale e sociale ai problemi comportamentali; ciascuno studente è chiamato in causa come attore protagonista, non è possibile tirarsi indietro (il gioco perfetto per gli italiani!); in questo modo si sviluppa un senso di responsabilità sociale particolarmente utile nella prevenzione di fenomeni quali il bullismo e l’isolamento sociale
  • Evita di ricorrere a punizioni e ad altri strumenti disciplinari, preferendo un confronto tra pari; rispetto alla “melassa” buonista di cui parla lo psichiatra Paolo Crepet, però, offre ai ragazzi un modo per sperimentare concretamente le conseguenze del proprio comportamento

Quali critiche si potrebbero muovere al gioco? Sostanzialmente, due:

  • Porta a credere che comportarsi bene significhi seguire le regole stabilite da un’autorità
  • Associa il comportarsi bene ad un premio e non al senso morale di ciascuno

La prima critica, in verità, può essere risolta stabilendo le regole in modo collegiale, studenti e insegnante insieme. Uno dei massimi teorici di questo gioco, Denis Embry, addirittura, ritiene che questa modalità di definizione delle regole renda il gioco più efficace.

La seconda parte dal presupposto che il bambino non debba essere guidato ed educato nell’acquisizione di un senso morale. Si tratta di un principio che, ad oggi, nessuno ha dimostrato in modo efficace e condiviso (ci sono invece numerose evidenze contrarie a tale principio, da Piaget in poi).

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

 

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