Una scuola che non boccia è una scuola marcia

Tutto quello che è comodo è stupido, scrivetelo nella camera dei vostri ragazzi. E una scuola che non boccia è una scuola marcia.

Sono le parole dello psichiatra Paolo Crepet che riflette in maniera molto dura su genitori ed insegnanti. Parole che, in un discorso più ampio ed articolato, ritroviamo nell’ultimo libro dell’autore intitolato “Il coraggio”.

Secondo Crepet oggi manca il coraggio di credere in se stessi, ma anche nei propro figli ed allievi. Quel coraggio che serve ad affrontare difficoltà e fallimenti, a non rinunciare ai propri sogni e ad affermare le proprie idee. Qui parte del discorso, ripreso dalla stampa:

Un quattro in un’interrogazione è per uno studente un’esperienza mistica. E invece … stiamo costruendo una società in cui gli adulti vogliono il male di coloro che hanno messo al mondo. La vera trasgressione oggi è studiare, fare le cose fatte bene. Un professore universitario mi ha appena detto che i libri di più di 400 pagine non devono passare. Vuol dire che abbiamo già detto ai nostri figli che non ce la faranno mai. Una volta c’erano i genitori inflessibili ed erano diffuse le sberle, anche quelle preventive, io stesso ne presi una bella collezione, poi s’è fatta largo una melassa, un’educazione liquida basata sul fà come ti pare, sul se lo fai, bene, altrimenti è uguale.

Sono affermazioni molto forti, volutamente forti, che però ci invitano a riflettere e, perchè no, a lavorare su noi stessi e sul rapporto con bambini e ragazzi. Il voto, la bocciatura, non devono essere mai considerati come misura dell’individuo, ma come palestra per migliorarsi e crescere, con onestà e coraggio.

Per imparare a credere in se stessi bisogna fare errori

In una società che tende ad essere iper protettiva, tendiamo a trascurare l’importanza del fallimento. E’ necessario, per imparare a credere in noi stessi, saper vincere la paura di sbagliare. Per farlo, ci vuole un grande aiuto da parte della scuola e delle famiglie. Soprattutto delle famiglie che, come sempre, sono il primo pilastro dell’educazione.

Ci troviamo in un mondo di “mamme chiocce”, “genitori spazzaneve”, adulti pronti a difendere i propri figli ad ogni costo, Risultato? Sempre Crepet afferma:

In tutti gli asili abbiamo fatto pavimenti antitrauma. Ma perché un bambino deve rimbalzare? Avete un problema con il bernoccolo? Il bernoccolo non è un problema, è anzi opportuno avere il bernoccolo! Occorre cadere dalla bici da piccoli, altrimenti la prima volta che cadi giù a trent’anni ti ammazzi.

SPUNT-ESERCIZIO: a scuola di fallimento, grazie agli errori creativi

Basta proteggere i bambini da tutto e tutti e dare sempre loro ragione! Insegnare il fallimento ai figli fa bene. Nel 2012 Paul Taugh, giornalista e autore del libro “How children succeed” (Come i bambini hanno successo), ha raccontato l’esempio di una maestra che ha portato una classe di ragazzini disagiati e con problemi a vincere i campionati nazionali di scacchi.

Quest’insegnante ha creduto fortemente nel talento di ciascuno, ma ha anche insegnato la difficoltà, la salita in un percorso ad ostacoli. Ha fatto apprezzare ai suoi studenti gli errori che vengono fatti, che consentono di imparare per il futuro.

Anche noi, genitori, famiglie, scuola, siamo chiamati ad affrontare questa salita, insieme ai bambini. Non parandoci davanti a loro, ma sostenendoli nelle prove che dovranno vivere per crescere.

Oggi riprendiamo Gianni Rodari per il nostro esercizio. Avevamo parlato qualche tempo fa de La grammatica della fantasia e in particolare dell’errore creativo.

Rodari sostiene che ogni errore ci offre la possibilità di creare una storia: lo testimonia la scarpina di Cenerentola che invece di essere di vaire, cioè di pelliccia, per un errore di trascrizione, è diventata di verre, ossia una fantastica scarpina di vetro.

Provate a scoprire i vostri errori creativi: pensate a qualcosa che è andato storto e si è poi trasformato in un’opportunità.

“Sbagliando s’impara” dovrebbe essere rimpiazzato da uno nuovo che dica “Sbagliando s’inventa”. Così forse, avremo meno paura di sbagliare. Così riusciremo a recuperare il valore dell’errore in una società che tende a giustificarlo, sempre e comunuque.

 

 

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