Blog

Le emozioni negative

Le emozioni negative (come paura, rabbia e disgusto) ci aiutano ad evitare dei potenziali pericoli. Quando proviamo un’emozione negativa, solitamente abbiamo una reazione emotiva estremamente veloce, che precede il pensiero razionale).

Le emozioni sono un’eredità del nostro cervello “animale”, legate alla sopravvivenza. Prendiamo come esempio la paura: si attiva a velocità record quando il nostro cervello riconosce un pericolo potenziale. Quando proviamo paura, il nostro cervello ha due possibilità: scappare dalla minaccia o combattere per eliminarla.

Immaginate uno struzzo nella savana: i suoi occhi scorgono tra i cespugli un’ombra che si muove, a pochi metri da lui. Potrebbe essere un predatore. Il cervello dello struzzo è progettato per sopravvivere, così si attiva l’emozione della paura. In una frazione di secondo ecco il nostro struzzo che corre via alla velocità della luce.
Se il nostro pennuto si fosse fermato a riflettere su ciò che aveva visto, analizzando l’ombra e facendo delle ipotesi, non avrebbe avuto alcuna chance di sopravvivere.
In questo caso, la reazione – che possiamo chiamare reazione emotiva – dello struzzo è stata attivata da un’emozione primaria, la paura, e gli ha salvato la vita.

Notate che il pericolo era solo potenziale: abbiamo parlato di un’ombra tra i cespugli, non di un predatore. La paura, però, si è attivata lo stesso. Infatti, è sufficiente un ipotetico pericolo per attivare i meccanismi della paura. Questo significa che potremmo(noi come lo struzzo) provare paura e comportarci di conseguenza sulla base di un semplice sospetto.

La paura è utile anche a noi genitori e agli educatori: immaginate di vedere un bambino che si sporge da un precipizio. Potrebbe cadere e farsi molto male. Il nostro cervello, in una frazione di secondo, ci fa provare paura e guida il nostro comportamento: ed ecco la mamma che afferra bruscamente il suo bambino e lo allontana dallo strapiombo.
In casi come questo il pensiero razionale è lento e inefficace. Una reazione emotiva, al contrario, ha il giusto tempismo e ci permette di evitare efficacemente il pericolo.

Ciò che abbiamo detto a proposito della paura vale anche per le altre emozioni negative: la rabbia, ad esempio, ci aiuta ad affrontare un “nemico” che in qualche modo ci danneggia; il disgusto ci aiuta ad evitare cibi e sostanze che potrebbero rivelarsi tossiche e così via. Esistono centinaia di casi in cui una reazione emotiva immediata è utile per la sopravvivenza quotidiana.

Anche la rabbia ha una funzione precisa: ci permette di difenderci da un pericolo cercando di distruggerlo.

Purtroppo, le emozioni negative possono incidere negativamente sulle nostre relazioni. Le reazioni emotivo-sentimentali negative sono la causa principale dell’inquinamento sociale e dei suoi frutti (siano essi uno scarso coinvolgimento a scuola o una forma di disagio in famiglia). Queste reazioni non sono immediate; seguono un’emozione negativa, ma sono il frutto della nostra scelta deliberata di dare sfogo alla nostra frustrazione. Ecco qualche esempio di reazione emotivo-sentimentale negativa.

  • Perché non presti mai i tuoi giocattoli a tuo fratello? Sei un’egoista. Pensa a tutte le cose che noi facciamo per te; tu, invece, non fai altro che chiedere e pretendere. Dovresti vergognarti”.
  • Non hai studiato neanche una pagina. Sei il più pigro e svogliato della classe. Se continui così, non combinerai mai nulla nella vita”.
  • Basta. Non riesci a giocare due minuti da solo senza disturbare noi adulti! Sei davvero fastidioso. Adesso vai in camera e lasciaci in pace”.

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

libri cuorfolletto e i suoi amici

TORNA A:

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Giosuè

Giosuè è un nome di origine ebraica. Deriva dal nome ebraico Yehoshu’a, che significa “Dio è salvezza”. Giosuè è un nome di tradizione biblica: è colui che successe a Mosè come capo del popolo di Israele.

L’onomastico del nome Giosuè si festeggia il 1° settembre, giorno in cui si ricorda il patriarca biblico San Giosuè.
Il colore legato al nome Giosuè è il rosso.
La pietra portafortuna per Giosuè è il rubino.

Cliccate qui per scaricare o per stampare la scheda del nome Giosuè.

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Fabrizio

Fabrizio è un nome di origine latina. Deriva dal nome latino Fabricius, attribuito ai membri della Gens Fabricia, un’antica famiglia patrizia di Roma, nota per la sua integrità morale. Il nome deriva da faber, che significa “artefice”.

Fabrizio è un nome adespota. L’onomastico si può festeggiare il 1° novembre, nel giorno di Ognissanti.
Il colore legato al nome Fabrizio è il rosso.
La pietra portafortuna per Fabrizio è il rubino.

Cliccate qui per scaricare o per stampare la scheda del nome Fabrizio.

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Il potere educativo delle scoperte

Che cos’è una scoperta? Cosa succede nella mente di un bambino quando scopre qualcosa di nuovo? Queste scoperte sono in qualche modo legate all’apprendimento e all’istruzione? Proviamo a rispondere a queste domande (comuni per chiunque trascorre del tempo con i bambini in età prescolare e scolare) con un brano di Jerome Bruner:

“Nella maggior parte dei casi la scoperta, sia che venga effettuata da uno scolaretto o da uno scienziato, consiste in un riorientamento o in una trasformazione delle nozioni possedute, in modo da consentire di spingersi al di là di esse, verso nuovi concetti.
In altre parole, scoprire significa trovare la struttura più adatta, il significato più profondo. In secondo luogo, riflettiamo adesso sui vantaggi che il fanciullo trae dall’apprendere attraverso le proprie scoperte. Quei vantaggi si rivelano sotto forma di maggiore potenzialità intellettuale, maggiore ricompensa psicologica, migliore tecnica dell’indagine e affinamento dei processi mnemonici.
Affinché il fanciullo sviluppi la propria potenzialità intellettuale, occorre che venga incoraggiato a scoprire rapporti e regolarità nell’ambiente che lo circonda. Per far ciò egli deve essere armato della sensazione che vi è qualcosa da scoprire e che deve trovare da sé il modo di effettuare la scoperta […].
Appare chiaro come, man mano che l’apprendimento progredisce, esista un momento in cui è senz’altro consigliabile allontanarsi dalle ricompense estrinseche, quali ad esempio una lode dell’insegnante, passando a ricompense intrinseche, come quelle inerenti alla soluzione di un complesso problema per conto proprio. Un altro dei motivi intrinseci dell’apprendere che la scuola deve cercare di mobilitare in misura maggiore di quanto abbia fatto finora, per rendere più efficiente l’insegnamento, è il desiderio di competenza. Generalmente, per competenza s’intende una capacità già acquisita. Tuttavia la competenza può essere concepita anche in senso dinamico, quale aspirazione a conseguirla, e con riferimento all’energia impiegata per conseguirla.
La competenza intesa in questo secondo senso può essere considerata uno dei motivi intrinseci dell’apprendere, dato che lo svolgimento del processo al quale ci si sottopone per conseguirla soddisfa un bisogno intimo: il desiderio di imparare a fronteggiare e dominare questo o quel settore dell’ambiente in cui viviamo. Osservando i bambini o i piccoli di varie specie animali, ci rendiamo conto, appunto, che gran parte dei loro trastulli rappresentano, in sostanza, forme di auto-addestramento a fronteggiare l’ambiente […].
Sebbene il desiderio di competenza possa non aver quale oggetto naturale gli apprendimenti scolastici, è tuttavia probabile che il grande eccesso di energia riscontrato nei bambini che s’imbattono in una materia o in un argomento che a loro interessa abbia una natura consimile”.

Quale lezione portiamo a casa da questa breve lettura? Almeno 2: 1) incoraggiare i bambini ad esplorare l’ambiente e a cercare relazioni tra i suoi oggetti li stimolerà nelle loro scoperte (intuizione che fu già della pedagogista Maria Montessori) e 2) anche la scuola può farsi carico del piacere della scoperta, utilizzandola come mezzo e facilitatore dell’apprendimento.

BIBLIOGRAFIA
Jerome S. Bruner, La sfida pedagogica americana, Armando, Roma 1969

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Cos’è un pregiudizio?

Cos’è il pregiudizio? Gordon W. Allport lo ha definito in modo straordinario (offrendoci un’opportunità per pensare a come pensiamo):

“Forse la più sintetica definizione del pregiudizio è questa: “Il pensare male degli altri senza una ragione sufficiente”. Questa breve definizione contiene i due elementi essenziali di tutte le altre: il riferirsi ad un giudizio infondato e il colorito affettivo.
È tuttavia una definizione troppo breve per essere del tutto esauriente. In primo luogo, essa si riferisce soltanto al pregiudizio negativo. Si possono avere dei pregiudizi verso qualcuno in favore di altri; si può pensare bene di loro senza fondate ragioni.
La definizione proposta dal New English Dictionary tiene conto sia del pregiudizio positivo sia di quello negativo: “Un sentimento, benevolo o malevolo, verso una persona o cosa, antecedente all’esperienza oggettiva o senza tener conto di questa”.
Ma se è importante tenere presente che il pregiudizio può essere tanto favorevole che sfavorevole, nondimeno è vero che il pregiudizio etnico è per lo più di carattere negativo […].
La frase “pensare male degli altri” è, ovviamente, un’espressione ellittica da intendersi come implicante sentimenti di disprezzo o disgusto, di paura o avversione, come pure le varie forme di generica antipatia che spinge a parlare male della gente, a fare delle discriminazioni o a comportarsi aggressivamente. In modo analogo, dobbiamo chiarire l’espressione “senza una ragione sufficiente”. Un giudizio è immotivato, quando non poggia su elementi di fatto. Un umorista definì il pregiudizio come l’atto di “distruggere qualcosa che ancora non
si è costruito”. Non è facile stabilire in che misura sia necessario un dato di fatto per giustificare un
giudizio. Una persona che si nutra di pregiudizi asserirà, per lo meno, di avere ragioni sufficienti per avallare il suo punto di vista. Essa ci parlerà delle sue esperienze negative a contatto con i profughi, cattolici od orientali. Ma, nella maggior parte dei casi, è evidente che tali fatti sono insufficienti e di poco rilievo. Essa è vittima di un “processo autonomo selettivo” dei suoi ricordi, mescolati con dicerie venutegli all’orecchio in seguito e generalizzate.
Non è possibile che uno conosca tutti i profughi, cattolici od orientali. Pertanto, ogni giudizio negativo formulato su questi gruppi nella loro globalità, strettamente parlando, è un esempio di pensiero calunnioso privo di ragione sufficiente”.

BIBLIOGRAFIA
Gordon Willard Allport, La natura del pregiudizio, trad. M. Chiaranza, La Nuova Italia, Firenze 1973

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Stefania

Stefania è un nome di origine greca. È la forma femminile di un antico nome greco, Stefanòs e significa “incoronata”. Nell’antica grecia si chiamava Stefanefòros (“portatore della corona”) il sacerdote che fungeva da intermediario tra gli uomini e le divinità.

L’onomastico si festeggia il 26 dicembre, in ricordo di Santo Stefano.
Il colore legato al nome Stefania è il verde.
La pietra portafortuna per Stefania è lo smeraldo.

Cliccate qui per scaricare o per stampare la scheda del nome Stefania.

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.