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La storia di Diamantino

DIAMANTINO

Antonio Gramsci 


Oggi vi voglio raccontare la storia di Diamantino, come io stesso la udii, molti anni or sono, intercalata in una lunga e noiosa conferenza pacifista del professor Mario Falchi.

Diamantino era un piccolo cavallo nato in una miniera carbonifera di un bacino inglese. Sua madre – povera cavalla! – dopo aver trascorso i primi e più begli anni della sua vita sulla superficie della terra, soleggiata e allietata dal sorriso dei fiori, tra i quali, garrulo e lascivetto scherza lo zeffiro – era stata adibita al traino dei vagoncini di minerale, a qualche centinaio di metri sotto terra.
Diamantino fu generato così, tra la fuliggine, nel nerore dell’aspra fatica, e non vide mai, l’infelice, i fiorellini dei prati e non annitrì mai, nell’esuberanza dei succhi giovanili, ai zeffiretti profumati di primavera. E non volle neppure mai prestar fede alle bellissime descrizioni che la mamma sua gli andava, di volta in volta, facendo delle bellezze, della luminosità dei freschi e grassi pascoli che allietano il genere equino sulla superficie sublunare del mondo.
Diamantino credette sempre di essere bellamente preso in giro dalla rispettabile sua genitrice, e morì fra la fuliggine e la polvere di carbone, convinto che le stelle, il sole, la luna fossero fantasmi nati nel cervello un po’ tocco della stanca e affaticata trainatrice di vagoncini.


NOTA: Antonio Gramsci scrisse questo apologo paragonando il popolo italiano a Diamantino: un popolo incapace di credere davvero nella libertà e nella sicurezza personale, un popolo incapace di credere che la libertà si potesse davvero raggiungere. La connotazione politico-ideologica è evidente. 
A noi, diversamente, piace rileggere la storia di Diamantino come una storia contro l’ignoranza, la condizione “di chi non sa”. In queste duecento parole è racchiuso un messaggio di straordinaria efficacia per i bambini e per i ragazzi: un invito a vedere, a conoscere e a non fermarsi di fronte al pregiudizio. 

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Che cos’è la libertà?

LA LIBERTÀ

Dino Buzzati (adattamento)


Tempo fa, al mercato, comprai un pesce rosso contenuto in un vasetto rotondo di vetro trasparente. Là dentro l’animale stava stretto e vederlo sbattere il muso continuamente contro il vetro, mi faceva star male. Allora decisi di procurargli una casa meno piccola.
E in giardino feci costruire una bella vasca tonda del diametro di metri tre e profonda mezza gamba .Poi la riempii di acqua fresca e stavo per rovesciarci dentro il pesciolino quando mi venne in mente: lui attualmente si trova in acqua quasi tiepida, se lo getto all’improvviso in acqua fredda, non si prenderà una congestione?
A evitare il rischio, presi una semplice soluzione. Misi sul fondo, così come stava, il vaso di vetro lasciandoci dentro l’acqua e il pesciolino. Con due vantaggi: uno che la bestiola si poteva così acclimatare alla bassa temperatura della vasca; secondo, che più grande, perché inaspettata, sarebbe stata la sua sorpresa, quando si fosse accorto che l’acqua non finiva lì, che la prigione non era più prigione e che tutto intorno si stendeva un grande oceano a sua disposizione. Così feci.
Quando il pesce, risalito alla bocca del vaso, non trovò più ostacoli, si mise a nuotare da una parte all’altra della vasca, entusiasta della inaspettata libertà. Questa allegria durò un paio di giorni.
Tre mattine dopo lo trovai quieto rintanato nel vaso che avevo dimenticato nella vasca. Anche la sera e l’indomani e il terzo giorno successivo se ne stava all’interno del vaso. Allora persi la pazienza e gli parlai: “Caro pesce, scusa, ma mi pare che tu esageri! Ho speso un mucchio di soldi perché tu potessi nuotare libero, tanto mi facevi pena sempre chiuso in quel piccolo vaso, e tu, invece, nel vaso ci ritorni, ci passi intere giornate come se non ti importasse niente di essere libero. Giuro che mi fai cadere le braccia!”
Allora (siccome è una falsità che i pesci sono muti) l’animaletto mi rispose: “O uomo, come sei poco intelligente! Che strana idea della libertà tu hai! Non è l’uso della libertà che importa. Ciò che importa è la possibilità di usarne. Qui è il sapore più squisito. Io amo stare in questo vaso che è così intimo e adatto alla meditazione. Ma so che quando voglio, posso uscirne e fare lunghi viaggi nella vasca (per la quale ti ringrazio).
Era un carcere questo vaso e adesso non lo è più, ecco la differenza. Non solo. Stando qui, io vivo dal punto di vista materiale l’identica vita di prima, quando ero prigioniero ed infelice. Ma proprio questo mi permette di godere della felicità raggiunta.
Io sto nel carcere, ma la porta è aperta. Se per sfruttare questa libertà io corressi dappertutto senza fermarmi mai, a un certo punto sarei sazio. E la soddisfazione cesserebbe. E comincerei a desiderare mari sempre più grandi. Insomma tornerei ad essere infelice. Vedi che della libertà nessuno sa godere più di me. E adesso, per favore, lasciami tranquillo nel mio vaso”.
Al che io me ne andai, scusandomi.


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IL SEGRETO DEL METODO MONTESSORI

Lettura scelta da “Il segreto dell’infanzia” (Maria Montessori, Garzanti, 2018):


Il metodo non si vede: ciò che si vede è il bambino. Si vede l’anima del bambino che, liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura. Le qualità infantili intraviste, appartengono semplicemente alla vita come lo sono i colori degli uccelli e i profumi dei fiori: non sono affatto la conseguenza di un «metodo di educazione». È però evidente che quei fatti naturali possono essere influenzati dall’opera di educazione che abbia lo scopo di proteggerli, di coltivarli in modo di aiutarne lo sviluppo. Anche sui fiori, che sono naturali nei colori e nei profumi, l’uomo può agire con la coltivazione: può assicurare la comparsa di certi caratteri o anche fare svolgere in forza e in bellezza i caratteri primitivi che la natura presenta. Ora quei fenomeni presentati nella Casa dei Bambini sono caratteri psichici naturali. Essi però non sono apparenti come i fatti naturali della vita vegetativa, perché la vita psichica è così mobile, che i caratteri suoi possono addirittura sparire per condizioni inadatte dell’ambiente, e venire sostituiti da altri caratteri.

È quindi necessario, prima di procedere a uno svolgimento educativo, di porre le condizioni di ambiente che favoriscono l’affioramento dei caratteri normali nascosti. A tale scopo basta solo «allontanare gli ostacoli» e questo deve essere il primo passo e il fondamento dell’educazione. Dunque non si tratta di svolgere i caratteri esistenti, ma di scoprire prima la natura, e soltanto dopo aiutare lo svolgimento della normalità. Se si studia quella prima impostazione di condizioni, che si produssero casualmente, e che causarono l’affioramento dei caratteri normali, se ne possono riconoscere alcuni di speciale rilievo.
Uno è l’ambiente piacevole offerto ai bambini, dove essi non avevano costrizioni. Ed estremamente piacevole doveva essere per quei bambini cresciuti in luoghi miserabili, la casa bianca e pulita, con i tavolini nuovi, le piccole sedie e poltroncine costruite per loro e i piccoli prati del cortile soleggiato.
L’altro era quel carattere negativo dell’adulto; i genitori analfabeti, la maestra operaia, senza ambizioni né preconcetti. Questa situazione si potrebbe considerare come uno stato di «calma intellettuale». Si è sempre riconosciuto che un educatore dovrebbe essere calmo. Ma questa calma era piuttosto considerata nel carattere, negli impulsi nervosi. Ma si tratta qui di una calma più profonda: uno stato di vuoto o meglio di sgombero mentale che produce limpidezza interiore. È «l’umiltà spirituale» che si avvicina alla purezza dell’intelletto, che prepara a comprendere il bambino e che dovrebbe essere perciò la preparazione essenziale della maestra.
Altra circostanza notevole è la offerta ai bambini di un materiale scientifico adatto e attraente, perfezionato per la educazione sensoriale, e di mezzi, come le allacciature, che permettono una analisi e un raffinamento dei movimenti e provocano il concentrarsi dell’attenzione, irrealizzabile quando l’insegnamento fatto a viva voce pretendesse destare le energie con richiami esterni. Dunque: l’ambiente adatto, il maestro umile e il materiale scientifico. Questi sono i tre punti esterni.


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La preparazione del maestro

Lettura scelta da “Il segreto dell’infanzia” (Maria Montessori, Garzanti, 2018):


Sbaglierebbe dunque il maestro che pensasse di potersi preparare alla sua missione soltanto per mezzo di nozioni e studio: prima di tutto si richiedono da lui precise disposizioni di ordine morale. Il punto essenziale della questione dipende dal come si deve osservare il bambino e dal fatto che non ci si può limitare a un esame esteriore, come se si trattasse di una conoscenza teorica circa il modo d’istruire e di educare l’infanzia. Insistiamo sull’affermazione che il maestro deve prepararsi interiormente studiando sé stesso con metodica costanza per giungere a sopprimere i propri difetti più radicati, quelli che costituiscono un ostacolo per le sue relazioni con i bambini.

[…]

Ecco qui un ammonimento efficace: «Il peccato mortale che ci domina e c’impedisce di comprendere il bambino è l’ira». E siccome un peccato non viene mai solo, ma ne porta seco altri, all’ira si associa un altro peccato, in apparenza nobile, ma in realtà diabolico: l’orgoglio. Le nostre cattive tendenze possono essere corrette in due modi: uno interiore, che consiste nella lotta dell’individuo contro i propri difetti, chiaramente visti, e uno esteriore, che è la resistenza esterna alle manifestazioni delle nostre tendenze cattive. La reazione delle forme esteriori ha molta importanza, poiché, rivelando la presenza dei difetti morali, è generatrice di riflessione. L’opinione del prossimo vince l’orgoglio dell’individuo; le circostanze della vita soggiogano l’avarizia; la reazione del forte piega la collera; la necessità di lavorare per vivere vince i pregiudizi; le convenzioni sociali vincono la lussuria; la difficoltà d’ottenere il superfluo mitiga la prodigalità; la necessità della propria dignità sconfigge l’invidia, e tutte coteste circostanze esteriori non cessano di agire come una continua e salutare avvertenza. Le relazioni sociali servono a mantenere il nostro equilibrio morale.

[…]

Quando qualcuno di noi è attaccato per i propri difetti, è evidente l’abilità con cui il male si sforza di dissimularsi ai nostri stessi occhi. Non è già la vita che difendiamo, ma sono i nostri errori: e siamo pronti a difenderli con le maschere che chiamiamo «necessità», «dovere» ecc. E lentamente ci andiamo convincendo d’una verità che la nostra coscienza riconosceva per falsa, e che ogni giorno diventa più difficile rettificare. Il maestro e in generale tutti coloro che aspirano a educare i bambini devono liberarsi da cotesto insieme d’errori che insidiano la loro posizione nei riguardi dell’infanzia. Il difetto fondamentale, composto di orgoglio e di ira, tende a presentarsi nella coscienza del maestro totalmente scoperto. L’ira è il principale difetto e a essa l’orgoglio presta una maschera seducente, la toga della dignità, che arriva persino a esigere rispetto. Ma l’ira è uno dei peccati che più facilmente trovano resistenza da parte del prossimo. Perciò bisogna frenarla, e chi soffre l’umiliazione di tenerla nascosta finisce col vergognarsi di essa. Il cammino non è difficile, ma facile e chiaro: abbiamo di fronte delle creature come i bambini, incapaci di difendersi e di comprenderci e che accettano tutto quanto loro si dice. Non solo accettano le offese, ma persino si sentono colpevoli di tutto ciò di cui li accusiamo. L’educatore deve riflettere profondamente sugli effetti di cotesta situazione nella vita del bambino. Questi non comprende l’ingiustizia con la ragione, ma la sente nello spirito, e si deprime e si deforma. Le reazioni infantili – timidezza bugie, capricci, pianti senza causa apparente, insonnie, timori eccessivi – rappresentano un inconscio stato di difesa del bambino stesso, la cui intelligenza non riesce a determinare la causa effettiva, nelle sue relazioni con l’adulto.

[…]

La preparazione che il nostro metodo esige nel maestro è l’auto-esame, la rinuncia alla tirannia. Egli deve espellere dal proprio cuore l’ira e l’orgoglio, deve sapersi umiliare e rivestirsi di carità. Queste sono le disposizioni che il suo spirito deve acquisire, la base essenziale della bilancia, l’indispensabile punto d’appoggio per il suo equilibrio. In ciò consiste la preparazione interiore: il punto di partenza e la meta. D’altra parte ciò non significa che si debbano approvare tutti gli atti del bambino, né che ci si debba astenere del tutto dal giudicarlo, e neppure che si debba tralasciare di sviluppare l’intelligenza e i sentimenti: al contrario, il maestro non deve mai dimenticare d’esser tale e che la sua positiva missione è quella di educare. Ma è necessario un atto di umiltà, è necessario cancellare un pregiudizio annidato nei nostri cuori.


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APPASSIONARE I BAMBINI ALLA LETTURA? ECCO COME FACEVA MARIA MONTESSORI

Lettura scelta da “Il segreto dell’infanzia” (Maria Montessori, Garzanti, 2018):


Mentre stavamo preparando del materiale per insegnare l’alfabeto stampato e ritentare la prova dei libri, i bambini cominciarono a leggere tutte le stampe che si trovavano nella scuola: e c’erano alcuni scritti veramente difficili a decifrare, come un certo calendario dove erano stampate parole scritte in lettere gotiche. Al tempo stesso i genitori vennero a dire che per la strada i bambini si fermavano a leggere le insegne delle botteghe e non si poteva più andare a spasso con loro. Era evidente che i bambini si interessavano a decifrare i segni alfabetici, non a sapere quelle parole. Vedevano una scrittura diversa, e si trattava di conoscerla, riuscendo a ricavarne il senso di una parola. Era uno sforzo di intuizione paragonabile a quello che induce gli adulti a rimanere lungamente studiando i segni di scritture preistoriche scolpite sulla pietra, fino a che il senso che ne deriva dà la prova di aver decifrato i segni sconosciuti. Questo era il movente della nuova passione che nasceva nei bambini.

Troppa fretta da parte nostra nello spiegare i caratteri stampati, avrebbe spento quell’interesse e quell’energia intuitiva. Anche una intempestiva insistenza a far leggere delle parole sui libri, sarebbe stato un aiuto negativo, che avrebbe, per una finalità senza importanza, abbassato l’energia di quelle menti dinamiche. E così i libri rimasero per lungo tempo nelle credenze.
Fu solo più tardi che i bambini si misero in rapporto coi libri. Cominciò da un fatto proprio interessante. Un bambino tutto eccitato venne a scuola, nascondendo nella mano un pezzo di carta sgualcita e si confidò a un compagno: «Indovina che cosa c’è in questo pezzo di carta…». «Non c’è niente, è un pezzo di carta rotta.» «No, c’è un racconto…» «Un racconto lì dentro?» Questo attirò una folla di bimbi interessati: il bambino aveva raccolto il foglio in un mucchio di immondizie. E si mise a leggere: lesse il racconto. Allora fu compreso il significato di un libro: e dopo questo si può dire che i libri andarono a ruba.


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COSTRUIRE UNA COLOMBA DI CARTA

In questo articolo scoprirai come realizzare una colomba di carta tridimensionale. Si tratta di un semplice laboratorio creativo, adatto anche ai bambini più piccoli (purché siano in grado di ritagliare).

COLOMBA DI CARTA: ISTRUZIONI

Per realizzare questo laboratorio ti serviranno:

  • fogli di carta A4;
  • forbici;
  • pennarelli o matite;
  • colla stick, colla vinilica o nastro di carta.

Comincia piegando due fogli a metà, come nella foto: su uno dei fogli dovrai disegnare la sagoma della colomba, dal lato della piega (dovrai disegnare solo mezza colomba, una volta ritagliato il foglio l’altro lato diventerà l’altra metà); sul secondo foglio, invece, dovrai disegnare le ali (anche in questo caso, un’ala soltanto).

Ecco i fogli di carta una volta ritagliati. Le linee tratteggiate sono quelle lungo cui dovrai piegare la sagoma.

Ecco come assemblare la colomba: le ali vanno posizionate sul dorso Per fissare la sagoma delle ali al corpo della colomba puoi utilizzare la colla stick, la colla vinilica o del nastro di carta.

Ecco la nostra colomba, in posa accanto ai fiori di tarassaco:

costruire una colomba di carta 4

Con l’esperienza, potrai realizzare delle varianti personalizzate della colomba di cartoncino. Per esempio, potresti modificare la forma del corpo e delle ali.

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