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Rosario

Rosario è un nome di origine latina. Il nome deriva dalla parola rosarium, che indica il rosaio ed era usato già in epoca romana. Il nome Rosario si è diffuso con l’avvento del cristianesimo: è uno dei nomi legati al culto di Maria. Rosarium, infatti, era la parola per indicare la corona di rose che ornava il capo della Vergine.

L’onomastico del nome Rosario si festeggia il 7 ottobre.
Il colore legato al nome Rosario è il giallo.
La pietra portafortuna per Rosario è la pirite.

significato del nome rosario

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Rosaria

Rosaria è un nome di origine latina. Il nome deriva dalla parola rosarium, che indica il rosaio ed era usato già in epoca romana. Il nome Rosaria si è diffuso con l’avvento del cristianesimo: è uno dei nomi legati al culto di Maria. Rosarium, infatti, era la parola per indicare la corona di rose che ornava il capo della Vergine.

L’onomastico del nome Rosaria si festeggia il 7 ottobre.
Il colore legato al nome Rosaria è il giallo.
La pietra portafortuna per Rosaria è la pirite.

rosaria significato del nome

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Il modo migliore per crescere è dedicare tempo alle persone giuste

Spesso la crescita personale viene intesa come una corsa solitaria. Gli esperti consigliano di lavorare sull’autocontrollo, sulla grinta e sull’intelligenza emotiva, ma spesso trascuriamo la dimensione sociale di questo percorso di crescita.
Le relazioni sociali, infatti, sono il motore nascosto della crescita. Facciamo due esempi: chi negli anni dell’adolescenza costruisce una rete sociale forte, sviluppa un grado di empatia maggiore, con benefici a lungo termine. Chi invece ha una famiglia fortemente coinvolta nello studio (il coinvolgimento è una cosa diversa dalla pressione) e nel mondo scolastico, tende ad ottenere risultati accademici migliori. Le relazioni sociali, siano esse legami famigliari o amicizie, producono benefici ad ampio spettro, in molti altri ambiti della vita.
Uno di questi è la crescita personale, intesa come sviluppo delle nostre potenzialità e come miglioramento del nostro benessere. Gli atleti hanno un allenatore; i manager hanno un mentore; gli studenti – nei gradi più alti della loro carriera accademica – hanno un tutore. Anche chi si impegna in un percorso di crescita ha bisogno di trovare le sue figure di riferimento.

Di seguito potete trovare cinque strategie per migliorare la qualità delle proprie relazioni sociali. Anche se a prima vista possono sembrare la classica “lista di gratitudine”, alla base di questi consigli c’è l’intenzione di mettere in azione il motore della crescita personale.

  • Trascorrete più tempo con le persone “giuste”; sarete voi a sceglierle, privilegiando gli affetti e le persone con le quali trascorrete dei bei momenti.
  • Siate grati a queste persone; la gratitudine è un fattore cruciale nella costruzione delle relazioni. Imparate ad esprimere la vostra gratitudine verso gli altri e coltivate una mentalità gentile. La qualità delle vostre relazioni migliorerà.
  • Cercate degli obiettivi condivisi: riuscire a porsi gli obiettivi giusti è importante; se questi obiettivi sono condivisi, le probabilità di successo si moltiplicano. Poche cose aiutano a crescere come una relazione all’interno della quale si condividono obiettivi sfidanti (può succedere sul lavoro, nel mondo accademico, ma anche all’interno di un gruppo con hobby e interessi comuni).
  • Date valore ai feedback: un aspetto interessante del coltivare le relazioni sociali è la possibilità di ricevere dei feedback rispetto alle proprie azioni. Che siano positivi o negativi, questi feedback sono estremamente preziosi.
  • Allargate la vostra rete sociale: una rete sociale più ampia ci offre ancora più occasioni per crescere. Investire del tempo e delle energie nella costruzione di una rete sociale è un’ottimo investimento, per sé e per gli altri.

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Dai ragazzi buoni di cuore, anche se sono monelli, c’è sempre da sperare qualcosa

Oggi vogliamo rispolverare un classico della letteratura italiana. Stiamo parlando di “Pinocchio”, romanzo scritto da Carlo Collodi nel 1830 eppure attuale.
Spesso scriviamo cercando di dare nuove forme a concetti che già sono dentro di noi e forse andrebbero solo fatti parlare. Abbiamo deciso di non prendere – metaforicamente – la penna in mano e di lasciar parlare chi, più e meglio di noi, lo ha fatto tanto tempo fa.
Ci piacerebbe portare avanti questo percorso nel tempo, anche con il vostro aiuto: cercare brani, storie, letture, riscoprire il passato o ricercare nuovi significati nel presente.

Vi proponiamo il brano in cui Pinocchio scopre che la Fata Turchina è ancora viva.  La fata sa benissimo che Pinocchio è monello, svogliato e che spesso racconta bugie. Ma crede nella sua intima bontà, crede in lui e gli dà fiducia.
È un messaggio educativo fortissimo: se vogliamo gettare le basi per un mondo nuovo, dobbiamo credere nella capacità del buon cuore di trionfare su tutto il resto.

XXV
Pinocchio promette alla Fata di esser buono e di studiare, perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo.

In sulle prime, la buona donnina cominciò col dire che lei non era la piccola Fata dai capelli turchini: ma poi, vedendosi oramai scoperta e non volendo mandare più in lungo la commedia, finì per farsi riconoscere, e disse a Pinocchio:
— Birba d’un burattino! Come mai ti sei accorto che ero io?
— Gli è il gran bene che vi voglio, quello che me l’ha detto.
— Ti ricordi, eh? Mi lasciasti bambina, e ora mi ritrovi donna; tanto donna, che potrei quasi farti da mamma.
— E io l’ho caro dimolto, perché così, invece di sorellina, vi chiamerò la mia mamma. Gli è tanto tempo che mi struggo di avere una mamma come tutti gli altri ragazzi!… Ma come avete fatto a crescere così presto?
— È un segreto.
— Insegnatemelo: vorrei crescere un poco anch’io. Non lo vedete? Sono sempre rimasto alto come un soldo di cacio.
— Ma tu non puoi crescere — replicò la Fata.
— Perché?
— Perché i burattini non crescono mai. Nascono burattini, vivono burattini e muoiono burattini.
— Oh! sono stufo di far sempre il burattino! — gridò Pinocchio, dandosi uno scappellotto. — Sarebbe ora che diventassi anch’io un uomo…
— E lo diventerai, se saprai meritarlo…
— Davvero? E che posso fare per meritarmelo?
— Una cosa facilissima: avvezzarti a essere un ragazzino perbene.
— O che forse non sono?
— Tutt’altro! I ragazzi perbene sono ubbidienti, e tu invece…
— E io non ubbidisco mai.
— I ragazzi perbene prendono amore allo studio e al lavoro, e tu…
— E io, invece, faccio il bighellone e il vagabondo tutto l’anno.
— I ragazzi perbene dicono sempre la verità…
— E io sempre le bugie.
— I ragazzi perbene vanno volentieri alla scuola…
— E a me la scuola mi fa venire i dolori di corpo. Ma da oggi in poi voglio mutar vita.
— Me lo prometti?
— Lo prometto. Voglio diventare un ragazzino perbene, e voglio essere la consolazione del mio babbo… Dove sarà il mio povero babbo a quest’ora?
— Non lo so.
— Avrò mai la fortuna di poterlo rivedere e abbracciare?
— Credo di sì: anzi ne sono sicura. —
A questa risposta fu tale e tanta la contentezza di Pinocchio, che prese le mani alla Fata e cominciò a baciargliele con tanta foga, che pareva quasi fuori di sé. Poi, alzando il viso e guardandola amorosamente, le domandò:
— Dimmi, mammina: dunque non è vero che tu sia morta?
— Par di no — rispose sorridendo la Fata.
— Se tu sapessi che dolore e che serratura alla gola che provai, quando lessi qui giace…
— Lo so: ed è per questo che ti ho perdonato. La sincerità del tuo dolore mi fece conoscere che tu avevi il cuore buono: e dai ragazzi buoni di cuore, anche se sono un po’ monelli e avvezzati male, c’è sempre da sperar qualcosa: ossia, c’è sempre da sperare che rientrino sulla vera strada. Ecco perché son venuta a cercarti fin qui. Io sarò la tua mamma…
— Oh! che bella cosa! — gridò Pinocchio saltando dall’allegrezza.
— Tu mi ubbidirai e farai sempre quello che ti dirò io.
— Volentieri, volentieri, volentieri!
— Fino da domani — soggiunse la Fata — tu comincerai coll’andare a scuola. —
Pinocchio diventò subito un po’ meno allegro.
— Poi sceglierai a tuo piacere un’arte o un mestiere… —
Pinocchio diventò serio.
— Che cosa brontoli fra i denti? — domandò la Fata con accento risentito.
— Dicevo… — mugolò il burattino a mezza voce — che oramai per andare a scuola mi pare un po’
tardi…
— Nossignore. Tieni a mente che per istruirsi e per imparare non è mai tardi.
— Ma io non voglio fare né arti né mestieri…
— Perché?
— Perché a lavorare mi par fatica.
— Ragazzo mio, — disse la Fata — quelli che dicono così, finiscono quasi sempre o in carcere o allo spedale. L’uomo, per tua regola, nasca ricco o povero, è obbligato in questo mondo a far qualcosa, a occuparsi, a lavorare. Guai a lasciarsi prendere dall’ozio! L’ozio è una bruttissima malattia e bisogna guarirla subito, fin da bambini: se no, quando siamo grandi, non si guarisce più. —
Queste parole toccarono l’animo di Pinocchio, il quale rialzando vivacemente la testa, disse alla Fata:
— Io studierò, io lavorerò, io farò tutto quello che mi dirai, perché, insomma, la vita del burattino mi è venuta a noia, e voglio diventare un ragazzo a tutti i costi. Me l’hai promesso, non è vero?
— Te l’ho promesso, e ora dipende da te. —

NOTA: questo testo è tratto dall’edizione curata dalla Fondazione Carlo Collodi. Infatti, nel centenario della pubblicazione del libro, la fondazione lo ha pubblicato online, a disposizione dei lettori presenti e futuri. Potete leggerlo anche voi, cliccando qui.

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Lo straordinario effetto della poesia

Perché dovremmo leggere poesia con i bambini? Perché si tratta di una forma espressiva dal potere straordinario. Per aprire una finestra su questo mondo – non troppo conosciuto dai giovani – abbiamo scelto le parole di Virginia Woolf:

“Vento dell’ovest, quando tornerai?
La pioggerella può cadere e cadere.
Oh se il mio amore fosse tra le mie braccia,
e io ancora nel mio letto!

L’effetto della poesia è così forte e diretto, che per un attimo non esiste altra sensazione che quella prodotta dalla poesia stessa. Che profondi abissi visitiamo allora, com’è improvvisa e totale la nostra immersione! Qui non ci possiamo aggrappare a nulla; non c’è niente che contenga il nostro volo. L’illusione del romanzo è graduale; i suoi effetti vengono preparati; ma quando si leggono queste quattro righe, chi si sofferma a pensare a chi le ha scritte, chi può pensare alla casa di Donne o alla segretaria di Sidney; chi prova a inserirle nell’intricatezza del passato, nel succedersi delle stagioni?
Il poeta è sempre nostro contemporaneo. Per un attimo il nostro essere viene centrato, rinchiuso; come sempre accade sotto il colpo violento dell’emozione personale. È vero che, dopo, la sensazione comincia a espandersi, in cerchi sempre più larghi, attraverso la nostra mente; raggiunge sensi più remoti; e questi cominciano a risuonare e a commentare, e prendiamo atto degli echi e dei riflessi. L’intensità della poesia copre un’immensa varietà di emozioni”.

La poesia è un tassello importante all’interno del puzzle della lettura/letteratura e sta aspettando che qualcuno la estragga dalla sua scatola.

BIBLIOGRAFIA
V. Woolf, Voltando pagina, Il saggiatore, 2011

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Damiano

Damiano è un nome di origine greca.
L’origine di questo nome è incerta. Probabilmente deriva dal nome greco Damianos, che significa “consacrato a Damia”. Damia era un’antica divinità greca della fertilità.
Altri sostengono che Damiano derivi dal verbo greco damazo, “domare”. Il nome, quindi, avrebbe il significato di “domatore”.

L’onomastico del nome Damiano si festeggia il 26 settembre, in memoria di San Damiano.
Il colore legato al nome Damiano è il rosso.
La pietra portafortuna per Damiano è il rubino.

Clicca qui per stampare la scheda del nome Damiano.

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