Blog

I nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma felici

La ricerca della perfezione è controproducente
Come hanno evidenziato David Bayles e Ted Orland nel loro “Art and Fear”, inseguire la perfezione non ci aiuta a fare meglio; al contrario, blocca la nostra creatività e inibisce il nostro coraggio insinuando la paura di fallire, di non essere in grado di raggiungere la perfezione a cui si aspira. Al contrario, chi fa tanto e soprattutto chi sbaglia tanto, solo costoro raggiungono risultati eccellenti. Questo vale anche nella vita genitoriale: è giusto ispirarsi a determinati valori, ma senza timori e condizionamenti. Il “genitore perfetto” non esiste: migliaia di studi scientifici hanno individuato fattori di rischio e fattori protettivi per i bambini, ma nessuno è riuscito a individuare la formula magica del genitore perfetto!

Felicità non significa assenza di problemi
Secondo Zygmunt Bauman la felicità non è l’assenza di problemi – che è impossibile, o quantomeno altamente improbabile – ma la capacità di superarli, fronteggiando le sfide personali con successo. Questa ipotesi è stata confermata da numerosi studi scientifici successivi: l’uomo è un animale votato al “controllo” dell’ambiente. Imparare a superare gli ostacoli produce un profondo senso di autorealizzazione e contribuisce alla costruzione dell’autostima e del senso di autoefficacia.

Non giudicare i genitori 
Uno dei fattori che pesa di più sui giovani genitori è la critica di chi li circonda: nonni, insegnanti (in questo caso vale anche il viceversa, ovvero le critiche dei genitori rivolte agli insegnanti), altri familiari e vicini. I genitori – da sempre – sono sopraffatti dalle critiche! Il timore di ricevere delle critiche, accanto all’impatto psicologico che queste producono su chi le riceve, è controproducente: innesca un circolo di paura, stress e reazioni perlopiù sbagliate volte esclusivamente ad evitare le critiche.
Invece di giudicare i genitori e i loro comportamenti, scegliamo la via dei punti di forza: supportiamoli ed elogiamo ciò che sanno fare bene. È proprio lavorando su questi punti di forza che potremo renderli più forti, più sicuri di sé e più efficaci.

Facciamo nostra la differenza tra felicità e benessere
Cosa significa “genitori felici”? Una delle battaglie scientifiche più importanti condotte negli ultimi vent’anni è quella tesa a definire in termini scientifici il concetto di felicità. Una delle teorie più efficaci e accreditate è quella del benessere (il cosiddetto modello PERMA), che individua cinque dimensioni legate al benessere individuale. Un modello del genere è necessario per superare lo stereotipo secondo cui sono felici le persone che provano sempre emozioni positive (stereotipo tanto ingenuo quanto poco realistico).
Il benessere per un genitore significa sì sperimentare emozioni positive, ma anche trovare attività coinvolgenti, coltivare una rete di relazioni positive, dare un senso alla propria vita e raggiungere i propri obiettivi.

FONTI

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

I bambini che vengono seguiti e accuditi nei primi anni di vita imparano a gestire le emozioni

Se nei primi tre anni di vita i bambini non sono seguiti, accuditi, ascoltati allora ci si trova di fronte ad un misconoscimento che crea in loro la sensazione di non essere interessanti, di non valere niente. Crescono così senza una formazione delle mappe cognitive, rimanendo a un livello d’impulso. Gli impulsi sono fisiologici, biologici, naturali. Il passo successivo dovrebbe essere di passare dagli impulsi alle emozioni ovvero a una forma più emancipata rispetto all’impulso.
L’impulso conosce il gesto, l’emozione conosce la risonanza emotiva di quello che si compie e di quello che si vede. Poi si arriva al sentimento che è una forma evoluta, perché non solo è una faccenda emotiva, ma anche cognitiva. Il sentimento si apprende. Il sentimento è cognitivo e consente di percepire il mondo esterno e gli altri in maniera adeguata, con capacità di accoglienza e di risposta adeguate alle circostanze.
Il sentimento non è una dote naturale, è una dote che si acquisisce culturalmente. I bambini hanno bisogno di tempo-quantità. Hanno bisogno di essere riconosciuti passo dopo passo, disegno dopo disegno, domanda dopo domanda.
Non basta fare quattro week end giocosi per avere una relazione con i figli. E se non si ha questo tempo, dobbiamo rassegnarci a avere dei figli in cui le mappe emotive e cognitive non si formano. Queste mappe però sono fondamentali perché diventano la modalità con cui si fa esperienza, se le mappe non sono formate questa esperienza avviene a caso e non viene mai del tutto elaborata. Se le mappe emotive non si formano abbiamo un rapporto squilibrato, una risonanza emotiva inadeguata rispetto agli eventi da affrontare.

FONTI

  • Umberto Galimberti, Le mappe emotive, WiseSociety – People for a Sustainable Future

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Non si può educare se mancano dei valori condivisi

Lettura scelta da un documento di Vito Angiuli, Vescovo di Ugento – S. Maria di Leuca


… l’educazione, come il parto, porta con sé un inevitabile e ineliminabile carico di sofferenza. Non è un parto indolore. Non può essere espletata senza una passione per la vita. L’educazione non deve comunicare verità “fredde” che lasciano indifferenti. Quando è fatta con pathos, essa diventa un flusso caldo di vita che riscalda il cuore, rivela ciò che veramente ha valore, rassicura da dubbi e incertezze e produce una trasformazione della persona. Il rischio più grande oggi sembra che «i nostri ragazzi siano costretti – come i trapezisti di un circo – ad attraversare la vita in equilibrio su una corda sospesa nel vuoto. Mentre gli adulti non sembrano più in grado di alzare il loro sguardo al cielo» (P. Crepet).

In quanto arte delle arti, l’educazione è sempre stata un’arte difficile. In campo educativo, non vi sono ricette prestabilite, ma orientamenti da verificare continuamente nella concretezza della relazione interpersonale. Ogni generazione è chiamata a confrontarsi nuovamente sulle modalità più opportune per trasmettere il patrimonio di valori alle nuove generazioni. Anche le più sofisticate teorie pedagogiche devono fare i conti con la singolarità della persona e la dimensione di mistero in cui ogni uomo è immerso. Possono migliorare gli strumenti e le tecniche, ma il processo educativo è sempre accompagnato da un’intrinseca complessità perché legato alla specifica esperienza che ciascuna persona compie nell’arco della sua esistenza.

Nonostante la sua ineliminabile complessità, l’educazione è un’arte possibile. Essa è una dimensione essenziale del vivere umano. È nella stessa idea di umanità che è intrinsecamente presente la necessità di una paideia, di un’accoglienza del nuovo e della sua crescita secondo valori che danno fondamento alla vita. Per questo l’educazione va intesa come un’arte generativa. Si basa sulla consapevolezza che la vita si conserva solo se la si trasmette e che la trasmissione riguarda non contenuti astratti, ma la vita stessa. L’educazione è un processo vitale, uno stimolo a creare qualcosa di nuovo, di buono e di bello. Educare è vita che genera vita. In questo senso «l’educazione è un’arte gioiosa, non può essere un lavoro forzato. Nemmeno può essere motivata in se stessa da un fine di lucro, ma soltanto dalla creazione armoniosa e felice il più possibile di una persona umana» (card. Carlo M. Martini). La gioia di vivere sprigiona una forza attrattiva che dona fiducia e speranza e genera un desiderio di promuovere ogni espressione di amore per la vita.

Non si può educare se manca un orizzonte di valori da promuovere e da consegnare alle nuove generazioni. Educare vuol dire guardare gli avvenimenti con realismo, stabilire un rapporto sereno col futuro, protendersi all’avvenire con una volontà di dare credito alle risorse morali di cui l’uomo dispone, sostenere il suo intrinseco desiderio di cercare e compiere il bene, aspirare a un mondo più giusto e più fraterno, aprirsi ai fondamentali valori umani e cristiani che danno senso alla vita. Ciò che blocca la trasmissione dei valori non è soltanto l’incoerenza pratica, la contraddizione tra il pensare e l’agire, che è un retaggio della fragilità umana, ma la sfiducia nella possibilità di aderire alla verità della vita. Ciò che è assolutamente necessario è compiere un esercizio di speranza. «L’anima dell’educazione può essere solo una speranza affidabile» (Benedetto XVI). Secondo Romano Guardini e Martin Buber, a fondamento di tutto deve esserci la fiducia nella vita. Educare significa avere fiducia nell’altro, considerando la sua persona come un mistero incommensurabile. Il mistero non è un “buco nero”, ma il fondamento stabile che esprime la verità degli affetti e la stabilità dei legami.

Nella lettera che ho indirizzato ai giovani, li ho invitati a farsi «curiosi cercatori e sognatori folli». Il fondamentale compito degli educatori è di sostenere la ricerca e di aiutare i giovani a realizzare i loro sogni. Vi sono, infatti, giovani ai quali non interessa cercare la verità, forse perché la loro coscienza è stata manipolata e dirottata su altri registri, diventati per loro idoli o miti. In loro, la domanda di verità sembra essersi assopita e magari sostituita con altre proposte apparentemente più facili da raggiungere o più allettanti per la promessa di felicità che contengono.

In questa situazione, il primo compito degli educatori è mettersi in ascolto dei giovani. Alcuni di loro forse non cercano perché non si sentono cercati da nessuno. Avvertono quasi di essere abbandonati a se stessi. All’eccessiva cura e protezione materiale, non sempre corrisponde da parte degli adulti la vicinanza e soprattutto la pazienza di ascoltare. La ricerca è stimolata dal sentirsi amati e cercati da qualcuno che si fa vicino e si mostra attento alle domande più vere e più nascoste. «Abbiamo bisogno – scrive Papa Francesco – di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. La prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale. L’ascolto ci aiuta ad individuare il gesto e la parola opportuna che ci smuove dalla tranquilla condizione di spettatori. Solo a partire da questo ascolto rispettoso e capace di compatire si possono trovare le vie per un’autentica crescita, si può risvegliare il desiderio dell’ideale cristiano, l’ansia di rispondere pienamente all’amore di Dio e l’anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella propria vita» (Evangelii gaudium, 171).

L’ascolto deve essere sostenuto dall’accompagnamento. I giovani hanno bisogno di sentire che le figure educative sono capaci di stare accanto e di farsi compagni di viaggio. Vi sono, infatti, giovani che non cercano perché nessuno glielo ha insegnato o li ha stimolati a farlo. Ancora Papa Francesco sottolinea: «Abbiamo bisogno di uomini e donne che, a partire dalla loro esperienza di accompagnamento, conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito» (Evangelii gaudium, 171).

L’accompagnamento deve tradursi in un sapiente discernimento. L’educatore deve saper trovare la chiave giusta per entrare nello scrigno della interiorità confusa e disorientata dei giovani, per aiutarli ad entrare nella loro intimità più profonda. Ciò richiede la necessità di una pedagogia che sappia introdurre progressivamente il giovane alla scoperta e alla piena appropriazione del mistero della propria persona. Solo così sarà possibile giungere a un grado di maturità capace di assumere decisioni veramente libere e responsabili.

Infine, vi sono giovani che cercano, ma non trovano perché mancano testimoni credibili. Il vero educatore parla per diretta esperienza ed insegna con verità ciò che ha vissuto personalmente. La propria esperienza rende l’educatore un testimone credibile, paziente e comprensivo nei riguardi dei giovani; un maestro sapiente nel trovare i modi più appropriati «per risvegliare in loro la fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere» (Evangelii gaudium 272).

In conclusione, cari amici, mentre auguro a tutti voi un buon anno formativo, rivolgo al Signore una fervente preghiera perché benedica il nostro impegno e ci doni la grazia di metterci con gioia a servizio delle nuove generazioni: O Signore, assisti e proteggi tutti i membri della comunità educante e rendi fecondo ogni sforzo sincero, perché le nuove generazioni siano promosse nella scuola e nella vita; aiutaci a dare un valido contributo all’edificazione della civiltà dell’amore a lode e gloria del tuo nome.


FONTI

  • https://francescomacri.wordpress.com/2018/10/09/educare-che-passione-lettera-sulleducazione-delle-nuove-generazioni/

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Il gioco dei mimi e l’importanza di mimare

Il mimo è un’attività con cui gli uomini si divertono fin dalla notte dei tempi. Intrattenimento popolare per i più piccoli, giocare ai mimi permette di lavorare su numerose dimensioni cognitive e motorie. Al piccolo mimo, infatti, si richiede di trasformare un concetto (il mestiere, la parola o l’animale da mimare) in una sequenza di gesti che sia comprensibile agli altri. Si tratta di un compito tutt’altro che facile, una vera e propria sfida travestita da gioco infantile. In questo articolo puoi trovare diversi giochi di mimo da sperimentare insieme ai bambini:

IL GIOCO DEI MIMI

NUMERO DI GIOCATORI: 4 o più
ETÀ: 4 – 12 anni
MATERIALI: non occorre alcun materiale

COME SI GIOCA:

  • i giocatori sorteggiano uno tra loro che comincerà a mimare;
  • il mimo deve scegliere un mestiere da mimare, poi ha un minuto di tempo per presentarlo agli altri (non può parlare, né tracciare lettere sul terreno o per aria);
  • allo scadere del minuto, gli altri giocatori potranno provare a indovinare il mestiere mimato alzando la mano;
  • se un giocatore indovina, sia lui che il mimo ottengono 2 punti;
  • se nessun giocatore indovina, il mimo totalizzerà 0 punti, mentre tutti gli altri giocatori otterranno 1 punto;
  • durante il turno successivo, sarà il giocatore che per primo ha indovinato il mestiere mimato a prendere il posto del mimo; se invece nessuno ha indovinato, il mimo dovrà scegliere un’altro mestiere da mimare e continuare il gioco.

In questo regolamento abbiamo utilizzato i mestieri, che si prestano bene al mimo; tuttavia, puoi scegliere un qualsiasi altro tema per il tuo gioco.

MIMARE LE PAROLE COMPOSTE

NUMERO DI GIOCATORI: 6 o più
ETÀ: 4 – 12 anni
MATERIALI: non occorre alcun materiale

COME SI GIOCA:

  • prima di cominciare il gioco, si formano delle coppie;
  • ogni coppia dovrà scegliere una parola composta della lingua italiana; ciascuno dei due membri della coppia dovrà mimare una parte della parola (ad esempio, se la parola composta scelta è “pescecane” uno dei bambini dovrà mimare “pesce” e l’altro “cane”);
  • la coppia ha un minuto per mimare e il mimo procederà in parallelo (cioè i due bambini mimeranno contemporaneamente sul palco le due parole);
  • allo scadere del minuto, gli altri giocatori dovranno tentare di indovinare la parola composta; i punti si attribuiscono allo stesso modo del gioco dei mimi tradizionale, con l’unica differenza che non vengono attribuiti ai singoli bambini ma alle squadre.

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Perseveranza: non dire mai “non ce la posso fare”

Perseveranza: capacità di lavorare duro per raggiungere i propri obiettivi, a dispetto delle barriere e degli ostacoli che si possono incontrare. Le persone perseveranti ricavano un grande piacere dal portare a termine i compiti che si erano prefissati (VIA Institute of Character). All’interno della classificazione VIA delle forze caratteriali, la perseveranza rientra nell’orbita del coraggio.

Ecco alcune domande per esplorare il tuo rapporto con la perseveranza:

  • Perseveri fino al raggiungimento dei tuoi obiettivi?
  • Che cosa ferma la tua perseveranza, impedendoti di portare a termine un compito?
  • Quando, perseverando, riesci a raggiungere un obiettivo, come ti senti? Questo stato d’animo influenza il tuo comportamento anche in seguito?

La perseveranza è estremamente utile nella vita quotidiana, nel lavoro e nello studio. Ecco qualche esempio di come potresti applicare la perseveranza nella tua vita:

  • Stilando delle liste di micro-obiettivi da portare a termine ogni giorno (o settimanalmente);
  • Concentrandoti sull’impegno nel lavoro invece che sul risultato; lavorare sodo è il modo migliore per raggiungere l’eccellenza nel lavoro e nello studio. Le persone perseveranti non cercano di guardano alla perfezione (finirebbero inevitabilmente per sviluppare pensieri pessimistici e per fare un confronto demotivante), ma si concentrano sullo svolgimento del proprio lavoro.

Ed ecco alcuni esercizi di perseveranza per cominciare subito a lavorare:

  • Scegli un modello positivo di perseveranza; studia il cammino che ha percorso e cerca delle analogie con la tua vita: come potresti seguire il tuo modello?
  • Tieni un piccolo “diario della perseveranza”: individua cinque obiettivi settimanali da portare a termine; la prima settimana sarà semplice raggiungere gli obiettivi, ma per raggiungere costantemente gli obiettivi nel tempo occorre una buona dose di perseveranza.

FONTI

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

COME FARE LO SLIME: TANTE RICETTE DA PROVARE A CASA

slime fai da te ricette

Si può fare in casa lo slime? Questa domanda, a giudicare dalle ricerche in rete, interessa decine di migliaia di genitori creativi. A due anni dalla prima stesura di questa guida, dopo tante prove, ci siamo resi conto che l’unica ricetta che funziona veramente (e che ti permetterà di realizzare un fluffy slime di qualità) è quelle che prevede l’utilizzo della colla trasparente e del liquido per le lenti a contatto.
Tuttavia, l’utilizzo della colla richiede una certa cautela: i bambini non dovranno ingerire lo slime e, dopo l’uso, dovranno lavare le mani con acqua e sapone.

Per chi preferisce evitare l’uso del borace e di altri attivatori, ecco due ricette artigianali sicure al 100% e ugualmente funzionanti:

FLUFFY SLIME CHE NON SPORCA

Ingredienti: amido di mais, balsamo per capelli

In una ciotola capiente versate l’amido di mais  e aggiungete poco balsamo, poi cominciate a mescolare con le dita. Se gli ingredienti faticano ad amalgamarsi, aggiungete del balsamo fino a ottenere un composto gelatinoso.

Abbiamo provato questa ricetta a casa ed è riuscita alla perfezione. Unica nota: bisogna mescolare a lungo per dare alla pasta la consistenza desiderata. Ecco cosa abbiamo ottenuto:

SLIME CHE RIMBALZA

Ingredienti: gomma di guar, acqua, colorante alimentare in polvere 

In una ciotola, versate due o tre cucchiai di gomma di guar e un pizzico di colorante in polvere. Aggiungete pochissima acqua e cominciate a mescolare, finché il miscuglio non avrà preso una bella consistenza gommosa.

Rispetto al fluffy slime precedente, questo risulterà più gommoso e più compatto. Se modellate una pallina con questo composto e la lanciate per terra, rimbalzerà! Ecco il nostro slime che rimbalza:

FLUFFY SLIME FAI DA TE: LA RICETTA

E adesso, veniamo al fluffy slime con il liquido per lentine. Infatti, è possibile realizzare un fluffy slime molto simile a quelli commerciali utilizzando:

  • colla trasparente (colla per carta);
  • schiuma da barba;
  • bicarbonato;
  • coloranti alimentari o colori a tempera;
  • liquido per lenti a contatto.

Per cominciare, versa sul fondo di una ciotola la colla trasparente (colla per carta). Aggiungi la schiuma da barba e comincia a mescolare gli ingredienti. Aggiungi un cucchiaio da minestra di bicarbonato, i coloranti e spruzza un po’ di liquido per le lenti a contatto; continua a mescolare energicamente, come se dovessi montare il composto.
Dopo qualche minuto, gli ingredienti cominceranno ad assumere una consistenza densa e viscosa; aggiungi altro liquido per le lenti a contatto, in abbondanza.
Per concludere la lavorazione, inumidisci le mani con il liquido per le lenti a contatto e lavora lo slime con le mani, come se fosse pasta.

Ecco il video che sintetizza i passaggi per realizzare lo slime:

Esistono anche diverse versioni che non prevedono l’utilizzo della colla e del liquido per le lenti a contatto. I risultati, tuttavia, sono molto lontani da quelli del fluffy slime ottenuto col primo procedimento (nonché dagli slime industriali).

SLIME CON L’AMIDO DI MAIS

Ingredienti:

  • amido di mais
  • acqua
  • coloranti alimentari (opzionale)
  • essenze profumate (opzionale)

Preparazione: 

  • In una ciotola versa l’amido di mai a cratere;
  • Se hai deciso di realizzare dello slime colorato, mescola l’acqua con il colorante alimentare in un recipiente;
  • Incorpora l’acqua nell’amido di mais, mescolandola poco alla volta, fino ad ottenere un impasto omogeneo e privo di grumi;
  • Se hai deciso di realizzare lo slime profumato, versa qualche goccia di olio essenziale profumato nell’impasto e mescolalo con cura;
  • Adesso, puoi giocare con questo composto anche con le mani; trattandosi di un fluido non newtoniano, la sua consistenza oscillerà tra lo stato liquido e quello solido, a seconda della forza che le applicherai (questo effetto è particolarmente divertente e stupirà i più piccoli; ne avevamo già parlato a proposito di esperimenti per bambini).

come fare lo slime

Delle varie ricette che abbiamo provato, questa è sicuramente la migliore: bastano due/tre ingredienti semplicissimi da trovare, si prepara in un attimo, è profumato e non utilizza né saponi né colla.

SLIME FAI DA TE: ALTRE RICETTE ATOSSICHE PER TUTTI

SLIME CON IL SAPONE DI MARSIGLIA

Ingredienti:

  • 100 g di scaglie di sapone di Marsiglia
  • acqua bollente
  • 50 g di amido di mais (o Maizena)
  • colorante alimentare (facoltativo)

Preparazione:

  • La prima parte della ricetta va realizzata senza bambini;
  • In una ciotola capiente versa l’acqua bollente;
  • Sciogli il sapone di Marsiglia;
  • Aggiungi il colorante alimentare amalgamandolo per bene;
  • Lascia riposare il composto per un’ora;
  • Con una frusta dovrai smontare il composto: otterrete una consistenza viscida e spumosa;
  • infine, incorpora l’amido di mais con la frusta, fino ad ottenere una consistenza più densa.

slime fai da te

Questa ricetta è un po’ più complessa delle precedenti; vi consigliamo di cominciare dallo Slime con la pasta di mais: semplice ed efficace.

SLIME COMMESTIBILE

Ingredienti:

  • 420 ml di latte condensato dolce
  • 15 g di amido di mais
  • Qualche goccia di colorante alimentare (facoltativo)

Preparazione:

Si versa il latte condensato in un pentolino, aggiungendo lentamente l’amido di mais ed amalgamando gli ingredienti.
Il composto va sciolto a fuoco lento, senza smettere di mescolare, come fosse un budino. Fate attenzione a non farlo attaccare al tegame.
Quando la miscela si sarà addensata, toglietela dal fuoco. Dovrebbe apparire gelatinosa e piuttosto difficile da mescolare.
A questo punto va aggiunto il colorante alimentare, lasciando raffreddare il tutto. La consistenza è diversa da quello non edibile, ma rappresenta una soluzione per chi ha bimbi molto piccoli.

FARE LO SLIME CON LA COLLA

In rete abbiamo trovato un gran numero di ricette per realizzare lo slime fatto in casa con la colla e il borotalco. Ci sono video che circolano in rete in cui i risultati sono estremamente vicini a quelli dell’originale, ma per la nostra esperienza e per quella dei nostri lettori, in pratica è quasi impossibile ottenere quei risultati. Vi riportiamo le due ricette più utilizzate, con la raccomandazione di verificare opportunamente gli ingredienti (per fare un esempio, l’acido borico è un composto che presenta una certa tossicità, specialmente se ingerito).

SLIME SEMPLICE CON LA COLLA VINILICA

Ingredienti:

  • 150 ml di colla vinilica
  • colorante alimentare
  • 70 gr di Borotalco

Preparazione: 

  • In una ciotola versa la colla vinilica;
  • Con un cucchiaino, amalgama la colla con il colorante alimentare;
  • Incorpora, poco alla volta, il borotalco (senza smettere di mescolare);
  • Quando la pasta comincia a diventare densa e uniforme, puoi continuare a lavorarla con le mani.

slime fai da te con la colla

FLUFFY SLIME

Ingredienti:

  • una tazza di colla vinilica
  • mezza tazza di schiuma da barba
  • bicarbonato
  • tre cucchiai di shampoo per capelli profumato
  • colorante alimentare e/o glitter

Preparazione: 

  • In una ciotola, versa la colla vinilica;
  • Aggiungi il colorante/glitter e amalgamatelo con un cucchiaio;
  • Aggiungi la schiuma da barba (è importantissimo che ci sia più colla che schiuma) e mescola con energia;
  • Continuando a mescolare, aggiungi il bicarbonato; il composto si indurirà rapidamente, assumendo una consistenza densa e gommosa;
  • Quando avrai raggiunto la consistenza desiderata, aggiungi lo shampoo per renderlo profumato e incorporalo mescolando con le mani.

Il Fluffy Slime è il preferito dei bambini; questa versione con la schiuma da barba si propone di imitarne la consistenza spumosa.

SLIME FAI DA TE: QUALCHE CONSIGLIO

Ecco alcuni consigli che ti proponiamo, anche se la maggior parte sono soltanto regole di buon senso:

  • Se mettete lo slime in una tazza e provi a schiacciarlo, emetterà un suono buffo;
  • Lo Slime non è indicato per giocare sui tappeti, perché si riempie di sporcizia e residui;
  • Lo Slime fai da te potrebbe sporcare le superfici delicate; usa una tovaglietta di plastica o un’altra protezione apposita;
  • Non lesinare sul colorante alimentare, otterrai tonalità più sgargianti;
  • Per conservare lo Slime, riponilo in un luogo fresco, chiuso in un contenitore: se lo lascerai esposto all’aria aperta non impiegherà molto a seccarsi!

E qualche consiglio per renderlo un gioco davvero speciale:

  • Fare insieme è un prezioso momento di condivisione; approfitta di un pomeriggio di pioggia e dai vita al vostro Slime con tutta la famiglia (magari insieme ad una tazza di latte e cannella);
  • Perché non realizzi una piccola casetta per Slime? Come una casa delle bambole, ma progettata per il dolce riposo della nostra viscida gelatina. Bastano del cartone, un po’ di colla e tanta, tanta fantasia. Prova anche tu!

SLIME CHE SI MUOVE

Forse non tutti sanno che esiste una ricetta per creare uno slime in movimento. E’ semplicissimo: bisogna mescolare 90 grammi di amido di mais e 480 ml di olio di semi. Una volta mescolati vanno fatti riposare in frigo. Rimescolato il composto, allontanando e avvicinandolo a un oggetto elettrostatico, lo faranno muovere come se avesse vita propria. E’ un ottimo esperimento per piccoli scienziati. E se volete giocare con l’amido di mais e olio di semi, provate anche la nostra ricetta della sabbia cinetica fai da te.

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.