Pensiero narrativo: cos’è e come funziona

“Le avventure accadono a chi le sa raccontare”. (Jerome S. Bruner)

La narrazione è una modalità attraverso cui si comunica la propria visione del mondo e degli eventi. Il pensiero narrativo si basa sulla costruzione di storie, ovvero sulla spiegazione di un fatto ricorrendo ad una struttura narrativa (rapporti di causa-effetto, collegamenti spazio-temporali, elementi emotivi). Le proprietà di queste storie sono state studiate dallo psicologo e pedagogista J. S. Bruner, che ha provato ad individuare gli elementi costituenti il pensiero narrativo. Trovate un approfondimento sul pensiero di Bruner nell’ultimo paragrafo di questo articolo.

Il pensiero narrativo incide sulla capacità di interpretare il mondo e i suoi eventi, ma anche sulla rappresentazione che facciamo di noi stessi: persone con un pensiero narrativo sviluppato avranno di sé una conoscenza profonda e soddisfacente.

COME SI ESERCITA IL PENSIERO NARRATIVO?

pensiero narrativo

Raccontando. Raccontando. Raccontando.

Le fiabe sono un buon punto di partenza, ma non l’unico. E’ importante raccontare ai propri bambini anche i piccoli eventi della vita quotidiana e personale: cosa avete fatto oggi, come vi sentite, cos’è successo quella volta che avete pescato una trota o trovato un quadrifoglio. In questo modo, i piccoli potranno interiorizzare il meccanismo narrativo e saranno in grado di farlo proprio.

Le tappe principali del pensiero narrativo si possono riassumere in due punti:

  • dai 3 anni, cominciano a comparire i nessi causali, ovvero la capacità del bambino di stabilire rapporti causa-effetto
  • tra i 5 e i 6 anni, avremo un pensiero narrativo completo, caratterizzato dalla capacità di costruire storie

La seconda tappa, naturalmente, non è prestabilita ma dipende dalla ricchezza di stimoli dell’ambiente: un bambino che arrivi a 5 anni con un buon bagaglio di storie e in un contesto familiare caratterizzato da una buona narratività lo svilupperà in grado maggiore.

Ci sono storie più adatte di altre a stimolare il pensiero narrativo? Non necessariamente. Il risultato migliore si ottiene, secondo la nostra esperienza, dall’alternanza di storie in cui la narrazione è lineare (che guidano il bambino insegnandogli a padroneggiare il meccanismo narrativo) ad altre più criptiche, che richiedano di mettersi in gioco per l’attribuzione di un significato.

IL PENSIERO NARRATIVO DI BRUNER

Secondo Bruner (La mente a più dimensioni, La fabbrica delle storie, La ricerca del significato sono i testi principali per approfondire la sua interessante teorizzazione), il pensiero narrativo si esplicita nel momento in cui ci troviamo di fronte ad una situazione problema tipica: l’incongruenza di un evento rispetto alle nostre aspettative. Per riuscire ad attribuire un senso a tale incongruenza, mettiamo in atto questo particolare pensiero ed inventiamo una storia. Nel farlo, ricorriamo ad alcune metodologie e strumenti tipici.

Ricercare gli antecendenti: ovvero, costruire una storia mettendo insieme diverse fonti ed informazioni. Per stabilire un nesso causale è fondamentale avere a disposizione questi elementi storici. Questo meccanismo, peraltro, è alla base dell’arricchimento culturale personale: ci informiamo con l’obiettivo di ampliare la nostra visione, ovvero avere a disposizione antecedenti attendibili per il maggior numero di eventi possibile.

Ragionamento analogico: è il ragionamento che punta a spiegare un evento interpretando il modo in cui una persona ha preso una decisione. Potremmo collegarlo (andando oltre il pensiero di Bruner) a concetti chiave quali l’empatia e la teoria della mente. E’ la capacità di dare senso ad eventi originati da fenomeni interni, dominati da una logica psicologica.

Leggi generali e logica: a volte, la spiegazione più ragionevole è quella logica, che utilizziamo a partire dagli antecedenti ma senza mettere in gioco la teoria della mente e le intenzioni soggettive. Se Alessia esce di casa con l’ombrello, la spiegazione logica è che fuori piova, senza bisogno di interpretare le emozioni che prova o le sue intenzioni. Questo ragionamento deduttivo, di solito, va a costituire dei copioni, pronti all’uso.

Come facciamo a stabilire se una storia è una buona storia? La storia “perfetta” deve persuadere tanto chi la narra quanto chi l’ascolta. Semplice vero?

Per quanto riguarda invece le caratteristiche della narrazione in sé, Bruner la definisce come:

  • sequenziale: gli avvenimenti accadono in sequenza, con precisi nessi causali
  • specifica: le storie riguardano specifici dettali della vita delle persone, bisogna che si possano riferire alla nostra (quello che comunemente si dice “immedesimarsi” nei personaggi e nella vicenda)
  • intenzionale: i personaggi devono esser mossi da una specifica intenzione oppure da un’ideale
  • opaca: il “personaggio” e la sua storia non si riflettono in alcun modo nella nostra vita, riguardano una dimensione di finzione
  • incerta: la narrazione si colloca a metà strada tra la realtà (esposizione di fatti) e l’immaginazione, in modo simile a quanto avviene con il gioco

LABORATORI SUL PENSIERO NARRATIVO

Per cominciare, abbiamo realizzato l’arcobaleno dei racconti: un piccolo libro in cui trovano spazio gli elementi salienti sul pensiero narrativo accanto ad una serie di laboratori da sperimentare.

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Abbiamo anche dimostrato che la narrazione è ovunque, perfino in un gioco come la sabbia cinetica.

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ALTRI LABORATORI SULLA NARRAZIONE

Di seguito puoi trovare un elenco di laboratori creativi per sperimentare le forme e l’efficacia della narrazione.

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