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I musicanti di Brema

I musicanti di Brema

J. e W. Grimm

Un contadino aveva un vecchio asino: l’animale aveva trasportato centinaia di sacchi di farina al mulino, ma ormai era vecchio e stanco e non poteva più lavorare. Così, il contadino pensò di uccidere l’animale e di acquistare un asino giovane e forte. Ma la bestia, che aveva intuito i pensieri del padrone, una notte fuggì e si ritrovò sulla strada per Brema.

L’asino pensava di entrare nella banda municipale: lì si sarebbe guadagnato da vivere suonando. Lungo la strada, incontrò Zampalesta, un vecchio segugio. Era sdraiato lungo la strada e respirava a fatica.
“Zampalesta, amico mio, che ci fai lì per strada?” gli chiese l’asino.
“Ormai sono vecchio amico mio, e non riesco più a cacciare: così il mio padrone voleva uccidermi; per fortuna me ne sono accorto in tempo e me la sono data a gambe. Ma adesso, come farò a guadagnarmi qualcosa da mangiare?”

L’asino suggerì al cane di recarsi a Brema insieme a lui: sarebbero entrati insieme nella banda municipale. I due vecchi compagni erano lungo la strada quando incontrarono un vecchio gatto spelacchiato.
“Baffone, che ti è successo? Cosa ci fai qui in mezzo alla strada?” chiese Zampalesta.
“Il mio padrone voleva uccidermi: sono troppo vecchio per prendere i topi e non gli servo più a nulla. Per fortuna sono riuscito a scappare”.

i musicanti di brema

E l’asino propose anche a lui di recarsi a Brema per diventar musicista. I tre percorsero un tratto di strada, finché, appollaiato su un recinto di legno, videro un gallo che cantava a squarciagola.
“Perché strilli tanto? Ci assorderai” lo rimproverò il gatto.
“Canto perché domani la mia padrona mi taglierà il collo e mi metterà in forno; l’ho sentito dire dalla cuoca. E finché posso, voglio cantare”.

Gli altri animali, non senza fatica, lo convinsero a seguirli e a diventare musicista a Brema; del resto, qualsiasi cosa è meglio della morte. Il sole tramontò, e Brema era ancora lontana. Così, gli animali si addentrarono nel bosco per passare la notte. Il gallo si arrampicò sulla cima di un albero: da lì, vide una casa poco distante, con le finestre illuminate: “Vedo una casa qui vicina” disse “perché non ci sistemiamo lì per la notte?”
Gli animali si avvicinarono alle finestre e videro una banda di briganti, armati fino ai denti, che mangiavano e bevevano a più non posso.

“Dovremmo scacciarli: guardate quante prelibatezze in quella casa. Potremmo riposarci e rifocillarci per bene”.
E così, gli animali salirono l’uno sull’altro: il cane sull’asino, il gatto sul cane e il gallo sul gatto. Poi, ragliando, abbaiando, miagolando e cantando a squarciagola, mandarono in frantumi il vetro di una finestra ed entrarono in casa.
I briganti, temendo che si trattasse di un fantasma, scapparono nel bosco. Gli animali intanto si erano sistemati e avevano mangiato di tutto e di più, poi avevano spento le luci e si erano messi a dormire. Intanto, i briganti, che tremavano per il freddo in mezzo al bosco, mandarono il più giovane di loro ad ispezionare la casa.

Questi, entrò in cucina e accese una candela; non appena l’avvicinò al gatto, però, questi gli saltò addosso, soffiando e graffiandogli il viso. Il brigante, spaventato a morte, scappò dalla porta sul retro; lì, però, c’era il cane che gli morse una gamba. Più avanti, mentre correva via dal cortile, l’asino gli diede un bel calcione. Intanto, il gallo, strillava a più non posso: “Chicchirichì!”
Il giovane brigante, raggiunto il resto della banda, disse loro: “La casa è infestata! C’è una terribile strega che mi ha graffiato la faccia con i suoi artigli. E alla porta, c’era un assassino che mi ha ferito la gamba col suo coltello. E in giardino, c’era un mostro nero che mi ha colpito con i suoi zoccoli.  E sul tetto, c’era il giudice che strillava: prendetelo!”.

Da quel giorno, i banditi non si avvicinarono mai più alla casa nel bosco. E gli animali? Invece di andare a Brema e diventare musicanti, si fermarono lì da quanto si trovavano bene.

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Tremotino

Tremotino è una fiaba dei fratelli Grimm adatta per i bambini da 4 anni in su.

Tremotino

C’era una volta un mugnaio, terribilmente povero, che aveva però una figlia bellissima. Un giorno, parlando con il re, gli disse: “Mia figlia sa trasformare la paglia in oro”. Il re, che adorava l’oro, ordinò al mugnaio di portargli dinnanzi la sua figliola.

Poi, la portò in una stanza piena di paglia e le disse: “Se domani non avrai trasformato in oro tutta questa paglia, morirai”. Chiuse la porta e lasciò la ragazza da sola. La poveretta stava seduta al centro della stanza, senza alcuna idea di come avrebbe potuto salvarsi. Ad un certo punto, però, la porta si aprì: entrò un omino che disse: “Buonasera signorina, perché piangi?”.

La fanciulla rispose: “Devo trasformare questa paglia in oro entro domattina, ma non ne sono capace”.
“E se lo facessi al posto tuo, cosa mi daresti?” gli chiese l’omino. “La mia collana”.
L’omino prese la collana e si mise al lavoro; andò avanti senza sosta fino al mattino ed ecco, tutta la paglia si era tramutata in oro.

Quando il re aprì la porta ne fu molto soddisfatto: portò la figlia del mugnaio in una stanza molto più grande e le disse che entro la mattina seguente avrebbe dovuto trasformare anche quella paglia in oro. Anche questa volta, comparve l’omino che chiese alla fanciulla: “Che cosa mi dai se trasformo quest’oro in paglia al posto tuo?”
“L’anello che ho al dito” propose la ragazza.
L’omino prese l’anello e si mise al lavoro.

Il re fu molto soddisfatto. Così, porto la ragazza in una stanza ancora più grande e le disse: “Entro domani, dovrai aver trasformato in oro anche questa paglia. Se ci riuscirai, diventerai la mia sposa”. Non appena la ragazza fu rimasta sola, l’omino le chiese: “Cosa mi darai se ti filo la paglia anche questa volta?”
Ma alla ragazza non era rimasto più nulla. “Allora promettimi che non appena sarai diventata regina, mi darai il tuo primo bambino”.
La ragazza promise e l’omino trasformò la paglia in oro al posto suo.

Il re, la mattina seguente, vide tutto l’oro e decise di sposare la ragazza. Dopo un anno, la regina diede alla luce un bel maschietto; si era dimenticata della sua promessa, ma d’un tratto entrò nella sua stanza l’omino, a reclamare il suo bambino. La regina gli offrì oro e gioielli, ma non ci fu modo di corromperlo. La regina scoppiò in lacrime.
“E va bene, se entro tre giorni riesci a scoprire il mio nome, potrai tenerti il bambino”.

La regina inviò i suoi uomini in lungo e in largo per il regno a domandare e a cercare di scoprire l’identità di quell’omino. Il giorno seguente, non appena l’omino si presentò al palazzo, cominciò con tutti i nomi che le avevano suggerito: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre e tantissimi altri nomi.
“Non mi chiamo così!” rispondeva ogni volta l’omino.

Anche il secondo giorno la regina provò con una sfilza di nomi, ma nessuno era il nome dell’omino. Così, giunse il terzo giorno; un messaggero tornò dalla regina dicendole che, nel folto del bosco, aveva visto un buffo omino saltellare intorno a un fuoco canticchiando:

“Oggi fo il pane,
la birra domani, e il meglio per me
è aver posdomani il figlio del re.
Nessun lo sa, e questo è il sopraffino,
Ch’io porto il nome di Tremotino!”

La regina si rallegrò; non appena l’omino giunse a palazzo gli disse: “Ti chiami Tremotino! Tremotino è il tuo nome.”
L’omino cominciò a pestare i piedi per terra, gridando “Te l’ha detto il diavolo, te l’ha detto il diavolo!”. Saltava così forte che affondò nella terra fino alla cintura.

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Il pifferaio magico

Il pifferaio magico è una fiaba dei fratelli Grimm, adatta ai bambini da 5 anni in su.

Il pifferaio magico

C’era una volta la città di Hamelin, in Germania: i suoi abitanti erano conosciuti ovunque per la loro avarizia. Quando si accorsero di quanto spendevano a nutrire i loro gatti, decisero di mandarli via dalla città. E così, Hamelin, oltre che per i suoi abitanti avari e antipatici, diventò famosa per essere l’unica città del paese senza l’ombra di un gatto.

Questa notizia fece molto piacere ai topi, che arrivarono in massa. In men che non si dica, infestarono le cantine, i magazzini e i granai. Così, Hamelin diventò famosa, oltre che per i suoi abitanti avari e antipatici e per essere l’unica città del paese senza l’ombra di un gatto anche per i suoi topi.

C’erano topi di tutte le forme e le dimensioni: dagli innocenti topini di campagna alle pantegane, grosse come uno scarpone da montagna. Gli abitanti di Hamelin erano disperati e nemmeno il sindaco sapeva cosa fare. Un giorno, però, si presentò alle porte del municipio un piccolo ometto che disse al sindaco: “Io vi libererò dai topi, ma voglio mille monete d’oro”. Il sindaco fece i suoi conti: mille monete erano la metà di quanto si spendeva per mantenere i gatti. Così accettò.

L’omino prese dalla sua sacca uno zufolo e cominciò a suonare. Come per magia, i topi uscirono dalle cantine e dai granai e lo seguirono, incantati dal suono dello zufolo. Dalle case uscirono migliaia di topi, che seguirono l’omino fino al fiume. Tutti i topi di Hamelin erano usciti dalle loro tane per seguirlo: non ne era rimasto nemmeno più uno.

Il pifferaio si immerse nell’acqua fino alla cintura e i topi lo seguirono, nuotando come potevano. Presto, però, i roditori furono trascinati via dalla corrente impetuosa e morirono affogati. Il pifferaio tornò a riva, si scrollò l’acqua di dosso e tornò ad Hamelin, per ottenere la sua ricompensa.

“E tu vorresti mille monete d’oro per aver suonato lo zufolo?” gli disse il sindaco. “Da me non avrai proprio niente, cialtrone che non sei altro”. L’omino fu cacciato dal municipio e anche gli altri abitanti della città lo presero a male parole.

“Ah sì?” disse loro il pifferaio magico “Pagherete cara la vostra avarizia! Ah se vi pentirete”. Poi si avviò verso le porte della città di Hamelin, tirando fuori dalla sua sacca lo zufolo. L’omino cominciò a suonare ed improvvisamente, dalle case e dalle scuole uscirono i bambini. Proprio come era successo ai topi, tutti i bambini della città vennero incantati dal suono dello zufolo magico del pifferaio e lo seguirono correndo e saltellando.

I loro genitori cercarono di fermarli, ma non ci fu niente da fare: i bambini uscirono dalla città. Il pifferaio camminò suonando fino alle montagne; poi, fece entrare tutti i bambini in una grotta e sigillò l’ingresso con una pietra. Da quel giorno, i bambini non sono mai tornati in città e nessuno sa che fine abbiano fatto. Solo un piccolo rimase fuori dalla grotta: era zoppo e si era fermato nel bosco, esausto.

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Rosaspina

Rosaspina è una fiaba dei fratelli Grimm, adatta ai bambini da 4 anni in su.

Rosaspina

C’era una volta un regno, a cui mancava una principessa. Un bel giorno, al re e alla regina nacque una bambina. Per festeggiare quell’evento fortunato, invitarono al loro castello tutti i sudditi. Ciascuno di essi fece un dono diverso alla bambina: chi le donò dei capelli biondissimi, chi un abito scintillante, chi la bellezza e chi la gentilezza.

Tuttavia, il re, si era scordato di invitare una delle tredici fate del regno, che non fu contenta di scoprirlo. Mentre tutti erano intenti a mangiare e festeggiare, apparve in una nuvola di fumo verdastro e lanciò una terribile maledizione: “Questa bambina, non appena avrà compiuto quindici anni, si pungerà il dito con un fuso e cadrà addormentata, per cento anni”.

Dette queste parole, scomparve così com’era arrivata. Il re e la regina erano disperati per la sorte della loro bambina. Per quindici anni il sovrano mandò i suoi uomini in ogni angolo del regno a bruciare tutti i fusi. Tuttavia, proprio il giorno del suo quindicesimo compleanno, la principessa stava giocando nel castello quando vide una strana luce provenire da una stanza. Si avvicinò incuriosita e aprì la porta. In un angolo, c’era un fuso di legno e una vecchina seduta, che filava la lana.

“Cos’è quest’oggetto? Non ne ho mai visto uno prima d’ora” domandò la principessa. La vecchia sorrise: “serve a realizzare i mantelli e gli abiti che indossi. E’ facile da usare, vuoi provare insieme a me?” La principessa si avvicinò, ma non appena si sedette e avvicinò le mani al fuso, la maledizione si compì: si punse un dito e crollò stesa per terra, addormentata. La vecchina, che altri non era se non la fata malvagia, la adagiò in un lettino nella stanza, poi scomparve.

Pian piano, tutti gli abitanti del castello caddero addormentati: prima il re e la regina, poi i cavalieri, infine i servi e anche gli animali. Non c’era anima viva (e sveglia) nel raggio di un miglio. Intorno al castello cominciarono a crescere i rovi, rovi così alti che superavano perfino le sue torri. Nessun abitante del regno vi mise più piede e cominciarono a chiamarlo “Il castello di Rosaspina”. Numerosi principi provarono negli anni a farsi strada tra i rovi per salvare la bella principessa dal suo sonno, ma nessuno riusci a compiere l’impresa: rimanevano tutti intrappolati tra i rovi, dove venivano divorati dai lupi, dagli uccelli e dagli insetti.

Trascorsero così novantanove anni. Al compimento del centesimo, qualcosa cambiò: un principe arrivò da lontano; aveva sentito di Rosaspina da suo nonno, che un tempo era passato di lì. Si era subito innamorato della bella principessa addormentata e aveva così deciso di salvarla. Si avvicinò al muro di rovi, cercando di aprirsi un varco con la spada, ma la maledizione si stava ormai sciogliendo: le spine dei rovi si tramutarono in rose profumate e il principe riuscì a passare senza fatica. Passò oltre il cortile del castello, dove i servi dormivano distesi, superò il corridoio pieno di guardie, sdraiate sui fianchi, raggiunse la sala del trono e da lì si avviò alla torre più alta. In cima alle scale, trovò una piccola porticina di legno e al suo interno, ecco Rosaspina nel suo lettino.

Il principe non riusciva a distogliere il suo sguardo dalla bellissima principessa addormentata. Si avvicinò a lei sempre di più, poi le diede un bacio. Come d’incanto Rosaspina aprì gli occhi: il suo sonno era finito, cent’anni erano passati e il principe aveva spezzato la maledizione che aveva colpito il castello. I due si sposarono e vissero così felici e contenti.

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La regina della neve

La regina della neve è una delle fiabe più conosciute e amate dello scrittore danese H. C. Andersen. Si tratta di un racconto lungo, diviso in sette storie, che racconta la storia della piccola Gerda alla ricerca di Kay, il suo amico, portato via dalla regina della neve.

La regina della neve: riassunto

  1. Prima storia: il diavolo fabbrica uno specchio che elimina la bellezza da tutto ciò che riflette. Lo specchio però va in frantumi e le sue schegge, dotate dello stesso potere, si spargono sulla terra.
  2. Seconda storia: Gerda e Kay sono due grandi amici; provengono da due famiglie povere che abitano una dirimpetto all’altra e trascorrono insieme le proprie giornate. A primavera, mentre leggono insieme in un giardino di rose, una delle schegge dello specchio si infila nell’occhio di Kay e un’altra nel suo cuore. Il ragazzo cambia improvvisamente. Quell’inverno, partecipa a una festa sugli slittini e viene portato via dalla regina della neve
  3. Terza storia: Gerda aspetta la primavera poi parte, alla ricerca del suo amico. Lungo la strada viene ospitata da una vecchia maga che le fa perdere la memoria spazzolandole i capelli con un pettine magico. La bambina rimane così a vivere con la maga, che la tiene come una figlia. Solo dopo molto tempo Gerda riesce a recuperare la memoria e parte immediatamente per salvare Kay.
  4. Quarta storia: Gerda sente da una cornacchia che in un castello vicino, una principessa si è appena sposata con un ragazzo identico a Kay. Scambiandolo per il suo amico, la bambina si introduce nel castello per vederlo, ma scopre che si trattava di un altro Kay. Il principe e la principessa, dopo aver ascoltato la sua storia, decidono di aiutarla e le donano una carrozza con tutto l’equipaggiamento per il viaggio.
  5. Quinta storia: lungo la strada Gerda viene assalita dai briganti, che le rubano la carrozza. La figlia del capo dei briganti prende Gerda con sé, perché diventi sua amica. La figlia del brigante è una bambina prepotente e viziata, ma dopo aver ascoltato la storia di Gerda decide di aiutarla e la lascia scappare, perché possa ritrovare Kay.
  6. Sesta storia: dopo un lungo viaggio Gerda giunge in Lapponia, ma scopre che la regina della neve è partita da poco per andare in vacanza in Finlandia, insieme a Kay. In groppa a una renna, Gerda prosegue il viaggio fino alla Finlandia.
  7. Settima storia: approfittando dell’assenza della regina della neve, Gerda entra nel castello, armata soltanto del proprio coraggio. Dopo aver affrontato i servi della regina, trova Kay e lo aiuta a liberarsi dalle schegge di vetro del diavolo. Finalmente insieme, i bambini abbandonano il castello di neve e tornano a casa.

La regina della neve: testo integrale

  1. Prima storia: lo specchio e le schegge
  2. Seconda storia: un bambino e una bambina
  3. Terza storia: il giardino della maga
  4. Quarta storia: il principe e la principessa
  5. Quinta storia: la figlia del brigante
  6. Sesta storia: la donna di Lapponia e la donna di Finlandia
  7. Settima storia: che cosa era successo nel castello della regina della neve e che cosa accadde in seguito

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L’omino di pan di zenzero

L’omino di pan di zenzero

C’erano una volta due anziani signori, marito e moglie, che vivevano in campagna. Un giorno, la moglie, preparò un grazioso omino di pan di zenzero, con i bottoni di zucchero e gli occhi canditi. Lo mise in forno e aspettò che fosse cotto a puntino. Quando la vecchia estrasse la teglia dal forno non fece in tempo a posarla sul tavolo che l’omino si mise in piedi e saltò giù, scappando fuori dalla porta di casa.
«Non voglio essere mangiato» disse alla donna, facendole le linguacce.
«Torna qui!» gridarono gli anziani, ma l’omino di pan di zenzero continuò a correre, canticchiando:
«Son l’omino di pan di zenzero;
correte, correte quanto volete,
tanto a prendermi non riuscirete!»
L’omino attraversò il giardino della casa, inseguito dal marito e dalla moglie, poi attraversò la strada e scappò nella fattoria di fronte.
«Che bel bocconcino
Vieni da noi, piccolo omino:
con te faremo un bello spuntino» gli dissero i maiali nel porcile. Ma l’omino, sfrecciando davanti al cancello, continuò a cantare:
«Son l’omino di pan di zenzero;
correte, correte quanto volete,
tanto a prendermi non riuscirete!»
Superati i maiali, entrò nell’aia, dove le galline becchettavano il grano. Il gallo, vedendolo, cantò:
«Guardate un po’ chi è arrivato:
un biscotto di pan pepato,
una vera delizia per il palato.»
L’omino attraversò l’aia e fuggì anche da lì.
«Son l’omino di pan di zenzero;
correte, correte quanto volete,
tanto a prendermi non riuscirete!»
Dopo l’aia, l’omino di pan di zenzero trovò davanti a sé un ruscello e si fermò.
«Non posso certo passare di là:
se il mio corpo si bagnerà,
tutto l’impasto si sgretolerà.»
Ma la donna che l’aveva cucinato era dietro di lui, e stava per raggiungerlo; a quel punto, dalla catasta di legna dietro l’aia spuntò fuori una volpe, che si avvicinò all’omino, sussurrandogli:
«Biscottino, ti offro un affare:
sul mio muso devi saltare
e il ruscello ti farò attraversare.»
L’omino di pan di zenzero saltò sul musi della volpe e quella si lanciò nel ruscello, attraversandolo a nuoto. Quando arrivarono dall’altra parte, l’omino saltò giù dal muso della volpe, ma quella spalancò le fauci e lo addentò al volo. Poi gli disse:
«Perché il nostro sia un buon affare
qualcosa devo pur guadagnare
e perciò ti dovrò mangiare.»

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Tag: omino di pan di zenzero, storia dell’omino di pan di zenzero

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