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Il mollusco che voleva fare il pittore

il mollusco che voleva fare il pittore
Alessia de Falco & Matteo Princivalle

C’era una volta un piccolo mollusco; la sua famiglia era così povera che non avevano neppure una conchiglia per ripararsi, come i loro vicini, delle grasse cozze.
“Scava” gli diceva sempre suo padre, “o ti mangeranno le murene”.
“Scava” gli diceva sua madre, “o ti prenderanno le seppie”.
E il poveretto scavava, scavava a più non posso, anche se detestava scavare.
“Io odio scavare, voglio fare l’artista: voglio vedere il mondo, voglio dipingere”.
“Dipingere? Pazzo d’un figlio, così ti vedranno da mezzo miglio di distanza”.
E il poveretto scavava, scavava a più non posso, per evitare i pesci, ma soprattutto i rimproveri.
Un giorno come gli altri, arrivò al limite: “Mamma, papà: ho deciso di andarmene, per seguire il mio sogno”.
I genitori si girarono dall’altra parte e il mollusco partì e raggiunse il pelo dell’acqua.
Emerse, e vide per la prima volta in vita sua il Sole, il cielo, i gabbiani, i pescherecci e il faro del porto.
“Il mondo è straordinario” pensò il mollusco.
Al tramonto era ancora lì, con la testolina fuori dall’acqua: contemplava l’orizzonte, immobile.
“Ehi!” sentì in lontananza. “Dico a te”, aggiunse la voce; era una manta vecchia e stanca.
“Se resti lì impalato, qualcuno ti mangerà”.
“Ma il mondo è bello” rispose piccato il mollusco. “Voglio vedere tutto quello che c’è da vedere e poi dipingerlo”.
“Ho forse detto di non farlo?” gli disse la manta, addolcendo i toni, “ma fallo con furbizia, o non avrai neppure il tempo di prendere in mano il pennello”.
“E come?”
“Il tuo dorso ha il colore dell’oceano: stenditi sulla schiena e galleggia. Tu potrai guardarti intorno e nessun pesce ti vedrà”.
“E per dipingere? Come farò a dipingere steso sulla schiena?”
“Hai un pancino bianco e liscio: usalo come una tela”.
Il mollusco ascoltò i consigli della manta e la sua vita cambiò. Tutto cambiò, perfino il suo nome: decise di chiamarsi Glaucus, che vuol dire “scintillante”.
Da allora galleggia felice e si può incontrare ancora oggi, con la pancia dipinta di blu.

Ispirato a un mollusco vero, il Glaucus Atlanticus.

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Le rondini al mercato

le rondini al mercato

Le rondini al mercato

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

Una famiglia di rondini, per sfuggire allo smog e al traffico di una grande città, si trasferì in un paese di pescatori. I rondinini furono entusiasti: “Com’è fresca la brezza del mare! E che belle le casette colorate dei pescatori”.
“Ho già trovato dove costruire il nido” disse papà rondine. “Andremo a vivere al mercato. Costruiremo il nostro nido tra le travi di ferro”. Con un frullo d’ali, il papà recuperò i rami per costruire la base. La mamma, invece, recuperò la paglia per rivestire l’interno del nido.

Quando il Sole tramontò, il nido era bell’e pronto e i piccoli si addormentarono felici. Le rondini si adattarono splendidamente alla vita di mare ma, senza volerlo, crearono qualche problema ai loro vicini umani: quando dovevano andare in bagno, svuotavano il pancino sulle bancherelle del mercato sotto di loro.
“Andate altrove” strillava infuriato il pescivendolo, “questo è un mercato, non il bagno”.
Ma le rondini non capivano la sua lingua e nulla cambiò.

Un giorno, il figlio del pescivendolo ebbe un’idea: “Papà, perché non appendiamo degli ombrelli aperti sotto le travi di ferro? Le rondini li useranno come bagno e non sporcheranno più le bancherelle.
Il pescivendolo parlò con gli altri venditori del mercato e decisero di provare: appesero alle travi sul soffitto cento ombrelli colorati. Fu un successo: le rondini non sporcarono più e i clienti raddoppiarono, perché tutti quanti volevano vedere quel mercato con le rondini sul soffitto e gli ombrelli colorati appesi qua e là.

Tratto dalla storia vera del mercato di Cervia. 

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Gli Appennini

Schede didattiche sugli Appennini (per la scuola primaria)

Qui sotto potete trovare alcune schede di esercitazione sugli Appennini per i bambini della scuola primaria (potete utilizzarle anche come verifiche). Cliccate su ciascuna scheda per stamparla.

Gli Appennini

La catena montuosa degli Appennini si estende per tutta la penisola italiana, da Nord a Sud, per oltre 1300 chilometri. Gli Appennini vengono suddivisi in: Appennino Settentrionale (che attraversa la Liguria, la Toscana e l’Emilia-Romagna), Appennino Centrale (che attraversa le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Lazio) e l’Appennino Meridionale (che attraversa la Campania, la Basilicata, il Molise e la Calabria). Anche i monti siciliani fanno parte della catena degli appennini, perché sono nati dagli stessi movimenti della crosta terrestre: essi prendono il nome di Appennino Siculo.
I monti Appennini sono formati da rocce friabili, come argilla e calcare: queste rocce si sgretolano facilmente per effetto degli agenti atmosferici (pioggia, vento, grandine, etc.). Questa caratteristica fa sì che gli Appennini siano meno elevati delle Alpi: non ci sono vette oltre i 3000 metri e la vetta più elevata è il Gran Sasso, che raggiunge i 2912 metri.
A differenza delle Alpi, sugli Appennini non vi sono ghiacciai perenni; anche le precipitazioni sono più scarse, specialmente sull’Appennino Meridionale, regione caratterizzata da una forte siccità nel periodo estivo.

Clima sugli Appennini

Il clima appenninico risente dell’altitudine, meno elevata rispetto a quella delle Alpi, e della vicinanza al mare: le estati sono calde e secche e l’inverno è mite. Solo nelle zone più alte, sopra i 1500 metri, il clima è montano. Le nevicate nel periodo invernale, invece, sono molto abbondanti.

Vita sugli Appennini

L’uomo popola gli Appennini fin dall’antichità, nonostante si tratti di un territorio particolarmente ostile: le precipitazioni scarse e del terreno poco fertile, che rendono difficile l’agricoltura e l’allevamento. Le vie di comunicazione non sono sviluppate e questo ha impedito lo sviluppo dell’industria, contribuendo allo spopolamento degli Appennini. Anche il turismo, seppur presente, è meno sviluppato rispetto all’arco alpino.

Schede di geografia:
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Le Alpi

Schede didattiche sulle Alpi (per la scuola primaria)

Qui sotto potete trovare alcune schede di esercitazione sulle Alpi per i bambini della scuola primaria (potete usarle anche come verifiche). Cliccate su ciascuna scheda per stamparla.

Ripasso sulle Alpi

Le Alpi sono la catena montuosa più alta e più importante d’Europa. Esse attraversano numerosi stati europei: l’Italia, la Francia, la Svizzera, la Germania, l’Austria, il Liechtenstein e la Slovenia.
Le Alpi cominciano in Liguria (si considera come “punto d’inizio” il Colle di Cadibona, che divide le Alpi dagli Appennini) e attraversano l’Europa fino all’Austria e alla Slovenia.
Le Alpi italiane vengono divise in tre grandi settori: le Alpi occidentali, che attraversano due regioni: Liguria e Piemonte, le Alpi centrali, che attraversano Lombardia e Trentino Alto-Adige e le Alpi orientali, che attraversano il Veneto, il Trentino Alto-Adige e il Friuli Venezia Giulia.
Sulla catena montuosa delle Alpi sono presenti cime molto alte: 29 cime superano addirittura i 4000 metri di altitudine. Sulle Alpi, inoltre, si trova la cima più alta d’Europa, il Monte Bianco (alto 4808 metri).

Il clima delle Alpi

Il clima alpino è quello tipico delle zone montuose: gli inverni sono molto rigidi e le precipitazioni sono più abbondanti rispetto alle pianure circostanti (ad esempio la Pianura Padana); durante l’inverno sono frequenti le precipitazioni nevose. Le estati sono brevi e fresche. Sopra i 3000 metri vi sono ghiacciai e nevi perenni: il suolo è coperto di neve anche nel periodo estivo, perché la temperatura non è abbastanza alta da fondere completamente la neve.

Vita sulle Alpi

Le Alpi sono abitate dall’uomo sin dall’antichità; il clima rigido e l’ambiente difficile hanno dato vita alla cultura alpina, che accomuna tutti i popoli che abitano questi territori. La cultura alpina è basata su poche attività economiche:  l’agricoltura di montagna, l’allevamento, la produzione di formaggi e latticini e la lavorazione del legno. A partire dal 1900, su tutto il territorio delle Alpi si è sviluppato il turismo estivo ed invernale (legato in particolar modo agli sport invernali come lo sci).

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Il paguro nel secchiello

il paguro nel secchiello

Il paguro nel secchiello

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

C’era una volta un giovane paguro; era un animaletto curioso, che trascorreva le calde giornate d’estate nascosto nell’acqua bassa, tra gli scogli.
Insieme alle sue amiche patelle – piccoli molluschi chiacchieroni – si divertiva ad osservare i spettacolari effetti del riverbero dei raggi del sole tra le onde.
Altre volte, si perdeva a guardare le nuvole nel cielo, insieme al pomodoro di mare, fantasticando sulle loro forme: “Ehi, guarda lì, sembra un drago”.
Una mattina, mentre era a testa in su, fu catturato dal retino di un bambino.
“Mammina, mammina, ho trovato un paguro!” gridava elettrizzato il piccolo.
Il paguro fu gettato in un secchiello di plastica, insieme a due cozze, un cannolicchio e qualche pesciolino che guizzava in preda al panico.
“Ci hanno catturati”, urlavano i pesciolini.
Il bambino vedeva soltanto le bollicine, ma non poteva sentire i discorsi disperati degli animaletti. Posò retino e secchiello sotto l’ombrellone, poi si tuffò in mare.
“Accipicchia, che caldo!” borbottò il paguro. “Ma dove siamo finiti? Di questo passo finiremo arrostiti. Ehi, facci uscire”.
Tuttavia, nessuno poteva sentirlo.
Fortunatamente passò di lì la fata Acquina, la fata custode degli scogli e delle alghe di mare; senza perdere un attimo afferrò il manico del secchiello e lo trascinò faticosamente verso la riva del mare, poi lo rovesciò e liberò gli animaletti al suo interno.
“Grazie, fata! Se fossimo rimasti lì ancora un poco saremmo morti di caldo; ci hai salvato la vita”.
La fata rispose trafelata “Di nulla!”, ma non ebbe il tempo di aggiungere altro: sotto gli ombrelloni c’erano animaletti prigionieri a centinaia.
Quella notte, quando ebbe finito il suo lavoro, fata Acquina comparve in sogno al bambino, si presentò e gli raccomandò: “Promettimi che non prenderai più gli animaletti del mare”.
“Perché?” chiese stupito il bambino. “Sono così belli, e poi io li tratto bene”.
“L’acqua nel secchiello si scalda velocemente, ed è troppo calda per gli animali marini: loro sono abituati all’acqua fredda del mare. Quel povero paguro era più morto che vivo quando l’ho tirato fuori dal tuo secchiello”.
Il bambino si rattristò.
“Non lo sapevo”.
“Nessuno te lo ha mai insegnato: non hai colpa. Però potresti aiutarmi e convincere anche i tuoi amici a non catturare gli animaletti del mare. Avrei tanto bisogno di un aiutante: io sono una sola e i bambini coi secchielli sono migliaia. Diventerai il mio aiutante?
Il bambino rimase in silenzio, pensieroso.
Alla fine esclamò: “Va bene! Quindi sono ufficialmente l’aiutante di una fata?”
“Ma certo”, rispose dolcemente la fata, e il bambino tornò a dormire dolcemente.
Il giorno dopo corse sulla spiaggia, a scusarsi col paguro e con gli altri animali che aveva catturato, poi cominciò il suo nuovo lavoro.

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La stella marina che riprese a danzare

La stella marina che riprese a danzare

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

C’era una volta una stella marina. Era bella, rossa e aveva un sogno: diventare una ballerina ed esibirsi come étoile al Teatro Oceanico.
La stellina trascorreva molto tempo ad allenarsi, sotto l’occhio attento di Madame Medusa, la direttrice della Scuola dei Sette Mari: pliés, développés, arabesques, pirouettes …
Le giornate erano fatte di allenamenti intensi, ma nessuno degli aspiranti ballerini demordeva, anzi, si incoraggiavano uno con l’altro. E anche Madame Medusa, sebbene fosse molto esigente e a tratti severa, non perdeva occasione per lodare i suoi allievi.
“Bravi ragazzi, continuate così” erano le sue parole di arrivederci, ogni sera, al termine della lezione.
Un bel pomeriggio, terminati gli esercizi quotidiani, un gamberetto propose agli amici ballerini: “Che ne dite se facciamo un salto alla laguna viola? Stasera ci sono le murene acrobatiche che ballano il rock and roll, non voglio perdermele per nulla al mondo”. Non fu difficile convincere gli amici, stellina compresa: in breve la comitiva di ballerini si avviò verso la laguna viola, un posto pieno di artisti e di musica. Mentre nuotavano e si facevano scherzi, una forte corrente li spinse indietro, inspiegabilmente, così in fretta che nessuno riuscì a ripararsi.
Era la rete a strascico di un peschereccio che stava saccheggiando il mare.
“Aiuto”, urlò la stellina, intrappolata nella rete. Il seguito fu ancor più drammatico: mentre lottava per liberarsi, la rete tagliente strappò una delle sue braccia.
La stella marina fluttuò verso il fondo fino e si adagiò, senza forze, sulla sabbia. Era viva, ma il suo cuore era spezzato: “Come potrò a danzare senza una delle mie gambette?”, pensò, appena si riprese dallo spavento.
“Non preoccuparti, ricrescerà”, la confortarono subito gli amici sopravvissuti, accorsi ad aiutarla.
Ma la stellina non ne volle sapere: si rintanò in una grotta, lontana da tutti e decise di vivere sola e di smettere di danzare.
“Non metterò mai più piede su un palco”, si disse risoluta.
Passarono alcuni giorni e la stellina iniziò ad annoiarsi.
Senza pensarci troppo, meccanicamente, iniziò a piroettare sulla gambetta rimasta.
Cadde quasi subito, non essendo abituata a quel nuovo equilibrio, eppure quel mezzo volteggio le diede una grande forza: “La musica è dentro di me, sarà il cuore a guidarmi, anche se sono diversa da ciò che ero”.
Così si rialzò e ritentò; provò ancora e ancora.
Dopo qualche tempo si presentò alla Scuola di Danza, salutando i suoi vecchi compagni.
“Eccomi, sono pronta per riprendere da dove mi ero interrotta” disse eccitata.
“Ti aspettavamo”, disse Madame Medusa, “con o senza la tua gambetta, sei una ballerina. La forza è nel nostro cuore, dobbiamo solo imparare ad ascoltarlo”.
E detto questo, inaspettatamente, sorrise, prima di riprendere con gli allenamenti.
La stellina riprese a danzare e, pian piano, vide ricrescere la sua gambetta.

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