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Avete mai visto Cuorfolletto? Non è un folletto come gli altri: è rosso ma cambia colore quando avverte un’emozione. Se incontra un bambino triste diventa grigio come un sasso e se incontra una bimba felice diventa giallo come il sole. Se fosse accanto a te – proprio adesso – di che colore sarebbe? Cuorfolletto ha un’amica speciale, la piccola Marta. Insieme vivranno tante avventure incredibili.
Cuorfolletto e il fungo Fulvio
Alessia de Falco e Matteo Princivalle
Nel parco della città c’è uno splendido abete rosso, più alto di tutti gli altri alberi; Marta e Cuorfolletto gli vogliono bene e quando possono vanno a giocare nel rifugio segreto che ha costruito tra i suoi rami. Anche oggi, dopo la scuola, si è fatta accompagnare lì dal nonno; il parco è coperto di foglie cadute, bagnate dalla pioggia autunnale. Quando arriva ai piedi del grande abete, Marta si accorge che nella notte è spuntato un fungo bellissimo, con il cappello rosso brillante coperto di puntini bianchi. È il fungo Fulvio. «Che bella!» esclama la piccola, avvicinandosi per raccoglierlo, ma il nonno la ferma: «È un fungo velenoso Marta, non raccoglierlo.» Cuorfolletto diventa verde, per il disgusto. «Non è giusto!» brontola la bambina, «Sei così bello, ma sei velenoso. Forse dovrei distruggerti, così nessun altro ti mangerà.» Marta afferra un bastone e si avvicina al fungo per colpirlo, ma da un lembo del cappello fa capolino una vecchia lumaca. «Fermati! Tu non puoi mangiare il fungo Fulvio, ma le lumache ne sono ghiotte. E poi è grazie a lui che il grande abete è così bello, sai? Le radici del fungo avvolgono quelle dell’albero e lo aiutano a crescere forte e sano. Lavora giorno e notte per dargli nutrimento e in cambio, l’abete regala al fungo un po’ della sua linfa. Se distruggerai Fulvio, farai del male anche a noi.» Marta posa il bastone. Cuorfolletto ha cambiato colore: adesso è grigio per il dispiacere. «Scusami Fulvio, scusami lumachina, non lo sapevo» dice Marta dispiaciuta. «Vi prometto che non vi farà niente di male. Sapete cosa farò? Invece di raccogliere i funghi andrò a cercare le castagne.»
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L’intelligenza emotiva è quella forma di intelligenza che permette di: 1) percepire, valutare e esprimere le emozioni, 2) creare e utilizzare i sentimenti come forma di organizzazione dei pensieri, 3) capire e regolare le emozioni, utilizzandole come elementi per la crescita dell’individuo.
Il concetto di intelligenza emotiva, così come lo conosciamo oggi, è frutto di un lungo percorso di ricerca e del contributo di molti psicologi. Ci sembra utile partire un po’ da lontano, per arrivare agli autori noti ai giorni nostri, quali ad esempio Daniel Goleman, con l’obiettivo di mostrarvi come l’intelligenza emotiva sia un tema che sta a cuore all’uomo da sempre, forse perché ne rappresenta la sua più intima essenza. Nel 1920 lo psicologo americano Edward Thorndike catalogò e descrisse differenti tipologie di intelligenza, tra cui l’intelligenza sociale, cioè la capacità di gestire le relazioni interpersonali. Successivamente, nel 1958, David Wechsler, l’ideatore del test denominato WAIS (Wechler Adult Intelligence Scale), descrisse sia gli elementi razionali, sia quelli irrazionali dell’intelligenza, evidenziando come gli elementi irrazionali, quali ad esempio l’affettività, i fattori personali e sociali, potessero essere considerati dei predittivi del successo nella vita.
I primi a parlare di intelligenza emotiva sono stati i professori Peter Salovey e John D. Mayer, che la definirono già nel 1990. La definizione originale, tuttavia, presentava alcuni limiti poiché non faceva accenno ai sentimenti. Così, fu mutata nella seguente: “L’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione; l’abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri; l’abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva; l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale”. Questa definizione è ad oggi condivisa dalla maggior parte degli studiosi. Reuven Bar-On ha contribuito nel 1997 a definire il Quoziente Emotivo, considerando l’intelligenza emotiva come la capacità di comprendersi gli uni gli altri, in modo empatico e sapendo fronteggiare i diversi scenari che si presentano via via nella vita (adottando quindi un approccio resiliente).
Il concetto di intelligenza emotiva, tuttavia, ha raggiunto l’opinione pubblica soprattutto grazie allo psicologo americano Daniel Goleman, che nel 1995 ha pubblicato il libro “Intelligenza emotiva“, best-seller internazionale e ottimo punto di partenza per chi vuole addentrarsi in questo campo. Secondo le fonti scientifiche riportate dallo psicologo, la nostra mente è divisa in due: una parte è quella razionale, l’altra è quella emozionale. La mente emozionale, da cui nasce l’intelligenza emotiva, agisce prima e più a fondo di quella razionale (la prova empirica è che le emozioni sono molto più potenti, istintive e pervasive dei pensieri razionali).
Goleman ha individuato e descritto cinque componenti fondamentali dell’intelligenza emotiva:
Consapevolezza delle proprie emozioni: la capacità di riconoscere, comprendere e analizzare le proprie emozioni;
Dominio delle proprie emozioni: la capacità di controllare i comportamenti indotti dalle emozioni che proviamo;
Motivazione: la capacità di trovare fini, guidati dalle emozioni, per agire;
Empatia: ovvero la capacità di “sentire” le emozioni altrui;
Abilità sociale: la capacità di stare, vivere e lavorare a contatto con altre persone.
Queste cinque componenti sono utili per approfondire la definizione iniziale di intelligenza emotiva (quella che abbiamo usato all’inizio dell’articolo) e per capire meglio il suo funzionamento.
Abbiamo realizzato una mappa concettuale per ordinare tutti questi concetti:
Clicca per ingrandire la mappa.
Approfondimenti
John Gottman, psicologo e psicoterapeuta autore di vari libri sull’intelligenza emotiva, sostiene che tutte le emozioni e tutti i sentimenti sono leciti, mentre non tutti i comportamenti lo sono. Un elemento chiave per allenare l’intelligenza emotiva, dunque, è il controllo di sé. Ne abbiamo parlato nell’articolo “Il problema non è nei sentimenti ma nei comportamenti” e ne “Le tre zone del comportamento“.
L’intelligenza emotiva dei bambini non si sviluppa in modo lineare, ma segue uno specifico calendario emozionale.
Daniel Goleman riferisce di un programma sperimentale della Duke University, legato allo sviluppo dell’intelligenza emotiva nei ragazzi più irascibili e turbolenti. Il follow up ha rivelato che più questi ragazzi avevano seguito le lezioni del programma, tanto più erano migliorati la capacità di controllarsi e la predisposizione ai rapporti interpersonali. Ne abbiamo parlato nell’articolo “Intelligenza emotiva per controllare la collera“.
Lo studio dell’intelligenza emotiva è reso necessario dai cambiamenti del mondo contemporaneo, che ci portano a trascorrere sempre meno tempo con gli altri o a riflettere su noi stessi. Ne abbiamo parlato nell’articolo “Perché abbiamo bisogno di educazione emotiva“.
Una buona idea è quella di inserire nel curricolo scolastico un percorso di scienze del sé. Se manca il tempo, tuttavia, l’educazione emotiva può essere inserita all’interno dei programmi delle altre discipline. Abbiamo ripreso alcuni suggerimenti di Goleman nel nostro articolo sull’educazione emotiva cammuffata.
Gli studi sull’intelligenza emotiva nascono dalla necessità di approfondire tutti quegli aspetti dell’intelligenza che non sono legati al Q.I. (il Quoziente Intellettivo). Goleman, ad esempio, utilizza come punto di partenza il fatto che solo il 10-20% delle persone con Q.I. elevato ha successo sul lavoro. Ciò significa che esistono altri elementi, più importanti, che permettono di predire il successo nella vita e il benessere personale. L’intelligenza emotiva è uno di questi, al punto che vari studiosi stanno lavorando al concetto di Q.E., ovvero il Quoziente Emotivo (o Emozionale).
La riflessione al punto 7 è stata approfondita da Howard Gardner, nella sua teoria delle intelligenze multiple. Gardner, tuttavia, non parla esplicitamente di intelligenza emotiva ma di intelligenza intrapersonale e intelligenza interpersonale (due costrutti simili).
Goleman ritiene che se venissero implementati in modo efficace corsi di educazione emotiva e educazione sentimentale sarebbe possibile contrastare in modo efficace i danni causati dall’analfabetismo emotivo.
Salovey, Meyer e Caruso hanno messo a punto il MSCEIT™, una batteria di test psicometrici per misurare e valutare l’intelligenza emotiva. Esistono anche numerosi test non scientifici per valutare l’intelligenza emotiva, come il nostro test per l’intelligenza emotiva, adattato a partire dalla versione in lingua inglese curata dal dott. Travis Bradberry.
PER EDUCARE CON LE FAVOLE:
Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.
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La maggior parte delle persone che si avvicinano al concetto di intelligenza emotiva desiderano sapere se esiste un test capace di misurare questa preziosa dote.
Il principale test psicometrico per l’intelligenza emotiva è il MSCEIT™, elaborato dai professori e ricercatori Salovey, Meyer e Caruso. Questo test è stato tradotto e adattato anche in lingua italiana, da Giunti Psychometric. Come tutti i test psicologici, anche questa batteria di test deve essere somministrata da un professionista.
Per una valutazione più immediata, benché meno scientifica, esiste un breve test messo a punto dal dott. Travis Bradberry, autore del saggio “Emotional Intelligence 2.0” ed esperto di intelligenza emotiva, per huffpost.com, che abbiamo tradotto e adattato. Come sottolinea lo stesso autore, questo test non ha pretese cliniche o scientifiche, ma si basa sulla valutazione, attraverso una serie di domande, dei principali fattori che compongono l’intelligenza emotiva.
Test per l’intelligenza emotiva
Rispondi alle domande seguenti. Puoi rispondere “Sì” o “No”.
Hai un vocabolario emotivo ricco?
Conosci i tuoi punti di forza e i tuoi punti di debolezza?
Sei curiosa/o?
Sei contento/a di quello che hai?
Ti piace conoscere nuove persone?
Sei flessibile e aperta/o al cambiamento?
Sai dire di no?
Dormi a sufficienza?
Hai paura del cambiamento?
Ti fai influenzare dalle persone tossiche?
Ti offendi facilmente?
Ti capita spesso che qualcuno rovini la tua giornata?
Rimugini sulle tue emozioni e sui tuoi pensieri?
Esageri con la caffeina?
Come calcolare il tuo grado di intelligenza emotiva? Comincia attribuendo un punteggio alle risposte che hai dato, utilizzando lo schema seguente:
Per le domande da 1 a 8, se hai risposto “Sì” ottieni 1 punto e se hai risposto “No” ottieni 0 punti;
Per le domande da 9 a 14, se hai risposto “Sì” ottieni 0 punti e se hai risposto “No” ottieni 1 punto.
Il massimo di punti che potete totalizzare è 14, la media è 7. Questo significa che se avete ottenuto più di 7 punti, è probabile che abbiate un grado di intelligenza emotiva sopra la media. Che punteggio avete ottenuto?
PER EDUCARE CON LE FAVOLE:
Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.
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Nel nostro paese, l’intelligenza emotiva è ancora molto sottovalutata. C’è una convinzione comune secondo cui l’intelligenza emotiva sia innata e si sviluppi in modo naturale, senza alcun bisogno di studiarla o affrontarla in spazi e tempi appositi. Eppure, non è così. Un tempo lo era: le famiglie trascorrevano molto più tempo insieme e avevano molte meno risorse economiche. La relazione diventava l’unica grande ricchezza di una famiglia. I ragazzi trascorrevano la maggior parte del loro tempo giocando con i propri coetanei: attraverso i loro giochi, anche quelli più rudi, imparavano preziose lezioni di collaborazione ed empatia.
Oggi non è più così: basta riflettere con onestà sull’effettiva quantità di tempo che trascorriamo in famiglia (senza la barriera di telefoni, tv e videogiochi) e sulla quantità di tempo che ai bambini è concesso trascorrere con i loro coetanei per capire che c’è stata una trasformazione radicale.
Daniel Goleman parla di educazione emotiva come di un imperativo morale per costruire una società migliore:
“Nonostante le cattive notizie, gli ultimi dieci anni sono stati testimoni di un’esplosione senza precedenti di studi scientifici sull’emozione. Soprattutto impressionanti sono gli studi resi possibili da metodi innovativi come le nuove tecnologie per l’ottenimento di immagini del cervello nel vivente. Esse hanno dato forma per la prima volta nella storia dell’uomo a ciò che è sempre stato fonte di profondo mistero: ci hanno mostrato il funzionamento di questa massa intricata di cellule proprio nel momento in cui noi pensiamo e sentiamo, immaginiamo e sogniamo. Questa mole di dati neurobiologici ci fa comprendere più chiaramente che mai il modo in cui i centri emozionali del cervello ci spingono alla rabbia o alle lacrime, e come l’attività delle parti più antiche del cervello – quelle che ci spingono a fare la guerra, ma anche l’amore – possa essere, nel bene e nel male, incanalata. Questa chiarezza senza precedenti sui meccanismi delle emozioni e sulle loro debolezze offre alcuni nuovi rimedi per le crisi emotive che affliggono la collettività.Finalmente, oggi la scienza è in grado di mappare il cuore umano con una certa precisione e può rispondere con autorevolezza a queste domande urgenti e sconcertanti sugli aspetti più irrazionali della psiche. […] Al di là di questa possibilità, si profila un pressante imperativo morale. I nostri sono tempi nei quali il tessuto della società sembra logorarsi a velocità sempre maggiore, nei quali l’egoismo, la violenza e la miseria morale sembrano congiurare per corrompere i valori della nostra vita di comunità. È qui che la tesi che sostiene l’importanza dell’intelligenza emotiva si impernia sul legame fra sentimento, carattere e istinti morali. Ci sono prove crescenti del fatto che, nella vita, atteggiamenti fondamentalmente morali derivino dalle capacità emozionali elementari”.
L’educazione emotiva a scuola è una priorità
L’educazione emotiva deve assolutamente entrare nelle scuole: la scuola, in un momento di collasso delle famiglie, rimane un’istituzione fondamentale, capace di fare la differenza. Un insegnante emotivamente intelligente può fare la differenza.
“Poiché a moltissimi giovani il contesto familiare non offre più un punto d’appoggio sicuro nella vita, le scuole restano il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi. Questo non significa che esse da sole possano sostituire istituzioni sociali troppo spesso prossime al collasso. Ma poiché quasi tutti i bambini vanno a scuola, almeno all’inizio, la scuola è un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita che, altrimenti, non potrebbe mai ricevere. L’alfabetizzazione emozionale comporta che il ruolo sociale delle scuole si estenda e vada a compensare le deficienze familiari nella socializzazione dei ragazzi. Questo compito scoraggiante richiede due mutamenti importanti: gli insegnanti devono oltrepassare i limiti della propria missione tradizionale e la comunità dev’essere più coinvolta nella vita della scuola. Che ci sia o meno un corso esplicitamente dedicato all’alfabetizzazione emozionale può essere molto meno importante del modo in cui queste lezioni vengono insegnate. Non c’è forse materia come questa nella quale la qualità degli insegnanti conti così tanto; il modo in cui un insegnante gestisce la classe è infatti in se stesso un modello, una lezione di fatto, di competenza emozionale o della sua mancanza. Ogni atteggiamento di un insegnante nei confronti di un allievo è una lezione rivolta ad altri venti o trenta studenti“. (D. Goleman, Intelligenza emotiva, BUR, 2011)
Introdurre nella scuola l’alfabetizzazione emozionale e l’educazione sentimentale significa tornare a concepire l’educazione come formazione integrale della persona: una formazione in cui le conoscenze sono centrali, ma che non può rinunciare all’etica e alla conoscenza di sé.
PER EDUCARE CON LE FAVOLE:
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