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I folletti della frutta e le parole belle

I FOLLETTI DELLA FRUTTA E LE PAROLE BELLE

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

Tutti nel bosco aspettavano l’estate. Chi per ascoltare il soffio del vento leggero tra le foglie, chi per riscaldarsi davanti ad un falò, chi per godere di tramonti sempre più lunghi e sempre più accesi. L’allegria si percepiva ovunque: gli scoiattoli si rincorrevano, le upupe canticchiavano, le fragoline facevano capolino tra le felci con la loro testolina rossa. Solo una creatura, una soltanto, non riusciva a trarre piacere da tutto quel movimento e da quei colori brillanti. Era un rovo, abbarbicato su un tronco cavo, tutto mesto nel suo groviglio. “Che c’è che non va?” gli chiedevano le coccinelle. Ma lui non apriva bocca: se ne stava lí, tutto solo, senza mai parlare con nessuno. “Cosa mai sarà successo a quella povera creatura?” Si chiedevano preoccupati i merli che svolazzavano da quelle parti. Il segreto è presto svelato: il rovo, un gomitolo di spine e legni, avrebbe tanto desiderato avere come compagno fidato un folletto della frutta. Del resto, c’era Fra, il folletto delle fragole, Cili, quello delle ciliegie e anche Albi, il folletto delle albicocche che passava ogni giorno davanti al rovo con le sue buffe guance rosate. “Che cosa ho di sbagliato per non meritarmi un amico, un amico vero?” si chiedeva il rovo, senza darsi pace. Un giorno passò di lì un folletto mai visto: era vestito di foglie secche, pallido e aveva l’aria di chi farebbe volentieri a meno di fare qualsiasi cosa. Il rovo strinse gli occhietti come fessure per guardarlo meglio e poi si disse: “Accipicchia, qui qualcuno sta peggio di me!”. E così decise di essere gentile e fare conversazione: “Buongiorno Signor folletto, quali affari ti portano in questo punto così desolato del bosco? Ah, mi presento, io sono un rovo e tu?” Il folletto alzò il faccino emaciato per osservarlo a sua volta, poi si presentò: “Sono un folletto senza frutta. Devi sapere che noi folletti veniamo assegnati al nostro frutto solo dopo aver superato alcune prove. A me hanno chiesto di credere in me stesso, ma non so proprio come si fa.” “Ah non chiederlo a me, rispose il rovo, Io sono qui da anni e ogni giorno che passa mi piaccio di meno”. “Ma cosa dici, lo interruppe il folletto, sei così bello con quel groviglio di spine. Ci vorrebbe solo una spuntatina qua e là per renderti più alla moda!”. “Dici davvero? Disse il rovo. E all’improvviso, si sentì bene, pieno di energia. Fu tale la felicità che successe una cosa inaspettata: di colpo il rovo sentì un gran caldo, poi un gran prurito, finché non si riempì di piccoli frutti scuri e succulenti”. “Ehi, cosa sta succedendo!”. Il folletto lo guardò stupito: “È la magia delle parole belle! Ti ho detto quello che pensavo e di colpo hai iniziato fiorire!”. “Ma ti rendi conto che non sono mai stato così bene? Che bello, anche io posso offrire i frutti ai passanti che si avventurano lungo il sentiero. Grazie!”. “Figurati, disse il folletto, per così poco. Sarei lieto di essere il tuo folletto, ma purtroppo non credo abbastanza in me stesso”. “Dovresti farlo invece, lo rassicurò il rovo, ormai rivestito di un fitto manto di foglie e frutti viola “hai fatto una magia potentissima, hai sciolto la mia tristezza, hai il dono di vedere oltre le apparenze. E poi sei mio amico”. La guancia del folletto si rigò di una piccola lacrima di commozione. Era felice. “Grazie di aver creduto in me”. E di colpo successe quello che desiderava: sentì caldo, poi freddo, poi le vertigini finché la magia delle parole belle lo trasformò. Ora era scintillante, con un lungo mantello violetto e un cappello a forma degli strani frutti del rovo. “Sono diventato il tuo folletto, ma come si chiamano i tuoi frutti?”. “Uhm, vediamo. I miei frutti sono scuri, quasi neri, sono mori. Ma sì, li chiameremo more!”. Quel nome piacque al rovo e al folletto che da quel giorno si fecero compagnia nelle lunghe giornate estive, raccontando a tutte le creature del bosco la magia delle parole belle.

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La leggenda del cardo

la leggenda del cardo

LA LEGGENDA DEL CARDO 

Leggenda popolare scozzese (adattamento di: Alessia de Falco & Matteo Princivalle)

Tanto tempo fa, nelle brughiere scozzesi crescevano i cardi selvatici: erano alti e pieni di spine, con un piccolo fiore viola sulla sommità del loro stelo. Nessuno si curava di loro perché non avevano fiori profumati e colorati come i gigli e le rose. Così, mentre gli altri fiori abitavano nei giardini delle case e avevano per casa dei bei vasi di terracotta dipinta, i cardi vivevano soli nella terra umida della brughiera.
Una notte, l’esercito vichingo sbarcò sulle spiagge scozzesi; nessuno nel villaggio si accorse di loro: né le rose, che dormivano nei giardini né le sentinelle scozzesi, che dormivano accanto ai falò.
I vichinghi decisero di togliersi i pesanti stivali chiodati e di avanzare nella brughiera a piedi scalzi: in questo modo le sentinelle non li avrebbero sentiti arrivare e avrebbero colto gli scozzesi nel sonno.
Il loro piano sarebbe andato a buon fine ma i cardi selvatici, che si erano accorti degli invasori nella brughiera, cominciarono a pungere i piedi dei vichinghi con le loro spine acuminate. I soldati cominciarono a gridare per il dolore e le loro urla svegliarono le sentinelle scozzesi, che diedero l’allarme al villaggio e sconfissero i nemici in battaglia.
Da allora, gli scozzesi chiamano i cardi della brughiera “Sentinelle” e li rispettano al pari degli altri fiori, anzi, hanno scelto proprio il cardo come simbolo del loro paese.

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Quattro strategie per coltivare la resilienza

quattro strategie per coltivare la resilienza

Per la maggior parte di noi gli eventi negativi tendono ad essere più incisivi e a prendere il sopravvento su quelli positivi. Se ieri è successo qualcosa di triste, la maggior parte delle persone dimenticherà che il giorno prima era capitato qualcosa di piacevole. Per le persone resilienti non è così: chi riesce ad affrontare le difficoltà con successo e a rialzarsi dopo una caduta, secondo i ricercatori, trae la sua forza dalla capacità di non dimenticare le gioie della vita, anche di fronte ad un ostacolo apparentemente insormontabile. Le persone resilienti non sono “insensibili” alle emozioni negative: provano ansia, paura, solitudine come tutti noi. La differenza è che continuano a provare quelle positive (amore, gioia, speranza e gratitudine, etc.) anche nel mezzo della tempesta.

QUATTRO “STRATEGIE DI RESILIENZA”

La resilienza non è un tratto immutabile: può crescere o diminuire e questo significa che possiamo coltivarla. La resilienza – così ha scoperto il team di ricercatori guidato da Barbara Fredrickson – cresce se una persona sperimenta più emozioni positive. La spirale positiva che viene innescata dalle emozioni positive influenza positivamente anche la resilienza.
Ma come possiamo aumentare la quantità e la qualità delle emozioni positive che proviamo nel corso della giornata? Ecco quattro idee suggerite dal Positive Emotions and Psychophysiology Lab dell’a University of North Carolina at Chapel Hill:

  1. Trovate il tempo per prendervi cura di voi stessi: chi si dedica a passatempi creativi, meditazione, hobby o attività sportiva non impiega semplicemente il tempo libero; lo impiega per vivere dei momenti piacevoli che contribuiranno al suo benessere. Una strategia utile per fare tesoro del tempo libero è quella di pianificarlo utilizzando un calendario.
  2. Aiutate gli altri: prendersi cura di sé è molto importante, ma bisogna trovare il giusto bilanciamento tra se stessi e gli altri. Un gran numero di ricerche mostrano che le persone che aiutano gli altri sperimentano emozioni positive in misura maggiore rispetto a chi rimane chiuso in se stesso. La connessione sociale con gli altri è fondamentale per il benessere.
  3. Incontratevi e coltivate le relazioni positive con gli altri: esiste un legame molto solido tra le frequentazioni sociali e le emozioni positive. Chi dedica più tempo ai propri amici e ai propri affetti sperimenta emozioni positive intense e durevoli. Di questi tempi incontrarsi è più importante che mai, nel pieno rispetto delle indicazioni per tutelare la propria salute e quella degli altri.
  4. Evitate di consumare il vostro tempo sui social media in modo passivo: i social media, come qualsiasi altro mezzo di comunicazione, non sono buoni né cattivi. I ricercatori però hanno individuato una tendenza che genera ansia e stress, ed è la consumazione passiva dei social media, ovvero la tendenza a trascorrere molto tempo (addirittura più ore nell’arco di una giornata) scorrendo gli aggiornamenti e guardando le bacheche degli altri alla ricerca di novità. Al contrario, l’utilizzo dei social media per diffondere messaggi di solidarietà e di speranza, così come per connettersi con i propri amici, sono buone pratiche che contribuiscono al benessere di chi le pratica.

SCOPRITE LE NOSTRE FAVOLE SULLA RESILIENZA

All’interno delle Favole Sagge, la nostra collana di racconti per educare alla felicità, ci sono vari racconti che hanno come tema proprio la resilienza. Scopriteli tutti:

favole sagge 5

BIBLIOGRAFIA
https://greatergood.berkeley.edu/article/item/four_ways_to_feel_good_on_a_hard_day_in_lockdown

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Le attività creative favoriscono il benessere

passatempi creativi e benessere

Le piccole attività creative generano una spirale positiva che favorisce il benessere. L’hanno scoperto i ricercatori dell’Università di Otago, analizzando i diari tenuti da un gruppo di un gruppo di 658 studenti universitari. Un numero crescente di ricerche sta rivelando che la creatività è ben più di un passatempo o di un’abilità utile nei processi aziendali: essa infatti è associata ad un buon funzionamento cognitivo ed emotivo.

I ricercatori hanno indagato il rapporto tra i passatempi creativi e il PA (“positive affect”, termine che include le emozioni positive, il coinvolgimento, la gioia e l’entusiasmo e che misura il benessere in un momento specifico): gli studenti che durante una giornata si erano dedicati ad attività creative stavano meglio (mostravano livelli di PA più elevati) il giorno successivo. La creatività, insomma, metteva in moto il benessere e generava quello stato che la psicologia positiva chiama flourishing (ovvero uno stato di profondo benessere e funzionamento ottimale dell’essere umano).

Ma quali sono queste attività creative? I ricercatori hanno individuato tra le più comuni (riportate dagli studenti):

  • Scrittura (racconti, romanzi e poesia)
  • Canto e composizione di canzoni
  • Uncinetto e lavoro a maglia
  • Cucina
  • Disegno, arti grafiche e pittoriche (inclusa l’arte digitale)
  • Musica

PILLOLE DI EDUCAZIONE

La ricerca scientifica mette in luce il profondo legame tra benessere e creatività: trovare il tempo e lo spazio per dedicarsi ai propri passatempi creativi non è soltanto un modo per impiegare il tempo libero, ma innesca una vera e propria spirale positiva.
Inoltre, non esistono attività creative di serie A e B per la mente umana: sono ugualmente benefiche a patto di appassionare chi le pratica.

SCOPRITE ANCHE LE FAVOLE SAGGE

Una raccolta di favole per educare alla felicità a partire dai suoi pilastri fondamentali. Cliccate sulla copertina qui sotto per scoprire tutti i volumi della serie.

favole sagge 5

BIBLIOGRAFIA
https://www.otago.ac.nz/news/news/otago627504.html

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Come crescere bambini generosi e altruisti

educare bambini generosi e altruisti

La maggior parte dei genitori vorrebbe crescere dei bambini generosi ed altruisti verso il prossimo, ma come possiamo trasformare questo buon proposito in pratica?

Altruismo e generosità sono comportamenti che si possono modellare attraverso l’educazione. 
La conferma viene da un classico esperimento condotto dallo psicologo Philippe Rushton, che ha proposto a un gruppo di 140 bambini e ragazzi (tra i 6 e i 14 anni) di partecipare ad un gioco. I vincitori avrebbero ricevuto dei gettoni e avrebbero potuto tenerli o donarli a un bambino in condizione di povertà.
Prima di cominciare, i partecipanti dovevano guardare un istruttore completare il gioco. Dopo aver vinto, in alcuni casi l’istruttore teneva per sé i gettoni e in altri casi li donava; poi, rivolgendosi ai partecipanti, parlava loro dell’importanza di donare agli altri o di tenere per sé il premio o non parlava affatto.
L’esperimento ha mostrato che l’esempio dell’istruttore era determinante, ma soprattutto che le sue azioni dicevano molto più delle sue parole. I ragazzi che avevano visto l’istruttore tenere per sé i gettoni, facevano altrettanto, anche nel caso in cui l’adulto li avesse istruiti sull’importanza di donare.
Al contrario, i ragazzi che avevano visto l’istruttore donare i gettoni, lo imitavano (nell’85% dei casi in più rispetto al gruppo di controllo), anche se era stato consigliato loro di tenere per sé il premio.

Dopo alcuni mesi, i ricercatori esaminarono nuovamente i ragazzi, scoprendo che quelli più generosi erano coloro che avevano visto l’istruttore donare il suo premio senza dire nulla (né lodare la generosità, né l’egoismo), seguiti da coloro che avevano visto l’istruttore donare il suo premio elogiando la generosità. Un’ulteriore conferma del fatto che sono le nostre azioni a fare la differenza, ben più delle parole che scegliamo di utilizzare.

Tuttavia non è solo l’esempio a rivestire un ruolo importante: anche le lodi sono efficaci. Un altro esperimento condotto su un gruppo di bambini di 7 e 8 anni ha dimostrato che i bambini che venivano lodati dopo aver compiuto un piccolo gesto altruistico, tendevano ad interiorizzare questo tratto (“Sono una persona altruista”, “Sono una persona che aiuta il prossimo”). Riflettere sulle proprie azioni è il modo migliore per scoprire chi siamo e per costruire la nostra identità.

PILLOLE DI EDUCAZIONE

Questi due esempi ci dimostrano che l’educazione morale è possibile, e richiede due semplici pratiche:

  • l’esempio (attraverso le azioni)
  • l’apprezzamento dei comportamenti positivi

SCOPRITE ANCHE LE FAVOLE SAGGE

Una raccolta di favole per educare alla felicità a partire dai suoi pilastri fondamentali. Cliccate sulla copertina qui sotto per scoprire tutti i volumi della serie.

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BIBLIOGRAFIA
https://www.nytimes.com/2014/04/12/opinion/sunday/raising-a-moral-child.html?

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Essere leader in tempo di crisi

essere leader in tempo di crisi

Genitori, insegnanti e educatori sono prima di tutto dei leader, persone che guidano i bambini sotto la loro tutela con l’obiettivo di costruire una squadra che funziona. La situazione che stiamo vivendo, tuttavia, è decisamente fuori dall’ordinario e dobbiamo agire con flessibilità e tenacia per rispondere ai bisogni dei bambini e dei ragazzi.

Ecco cinque suggerimenti utili per essere genitori/educatori in tempo di crisi.
Un leader carismatico:

  • Permette agli altri di esprimere le proprie emozioni: le emozioni sono la reazione naturale dell’essere umano all’ambiente in cui si trova. Alle situazioni di crisi ed emergenza si associano emozioni forti come la paura o la frustrazione. Tutti noi possiamo offrire un supporto emotivo – senza sostituirci ai professionisti della salute psicologica, che intervengono nei contesti psicopatologici – semplicemente chiedendo “Come ti senti?” ai nostri bambini. L’atteggiamento corretto che un leader dovrebbe assumere di fronte alle emozioni degli altri è non giudicante e non direttivo, ma caratterizzato dall’ascolto attivo.
    Es. Uno spazio per tutte le emozioni
  • È presente: la solitudine, in gran parte dovuta alla cultura occidentale e agli stili di vita moderni, è un fenomeno sempre diffuso nella vita di grandi e bambini; il distanziamento sanitario inoltre ha accentuato questa problematica. Una qualità essenziale di un leader (genitore, educatore) in questo contesto è la capacità di far percepire la sua presenza, anche attraverso i piccoli gesti.
    Es. Far notare ai bambini che ci siamo accorti del lavoro che hanno svolto e del loro impegno. 
  • Si prende cura di sé: anche il leader più carismatico è umano e non può guidare gli altri in modo efficace se le sue condizioni peggiorano. È importante ascoltare se stessi tanto quanto ascoltiamo gli altri ed essere onesti a proposito del proprio stato di salute; se sentiamo di aver esaurito le energie, è giusto porci dei limiti e prendere del tempo per noi.
    Es. Ritagliarsi trenta minuti ogni giorno per svolgere un’attività piacevole in solitudine.
  • Sa ascoltare e sa fare le giuste domande: le relazioni sociali sono interazioni straordinariamente complesse. Perché siano positive è necessario 1) ascoltare in modo empatico le proposte e le richieste degli altri e 2) porre domande accorate e aperte, capaci di generare risposte creative.

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favole sagge 5

BIBLIOGRAFIA
How to be a remarkable boss during lockdown, The Greater Good Science Center at the University of California, Berkeley

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