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IL BAMBINO E’ UNA SORGENTE D’AMORE

Alla base della proposta pedagogica di Maria Montessori c’era il nobile ideale dell’amore, l’idea che l’educazione dovesse servire a coltivare e diffondere amore, giungendo infine alla pace e alla fratellanza universale. Nessun sistema educativo moderno abbraccia questo principio con la stessa forza e con la stessa passione con cui lo fece la Montessori. Ti lasciamo alcuni spunti di riflessione tratti da “La mente del bambino“, uno dei testi fondamentali scritti dalla pedagogista:

Gli adulti hanno forti e talvolta feroci convinzioni che li dividono in gruppi e quando accade che fra loro ne discutano, facilmente lottano. Ma su di un punto – il bambino – hanno tutti lo stesso sentimento. Pochi realizzano l’importanza sociale che ne deriva al bambino. È evidente che occorre meditarvi ed investigare se si vuole creare un’armonia nel mondo. 

Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca, si tocca l’amore. È un amore difficile da definire; tutti lo sentono, ma nessuno sa descriverne le radici o valutare le conseguenze della sua vastità, o vagliare la sua potenzialità di unione fra gli uomini. Malgrado le nostre differenze di razza, di religione, di posizione sociale, a mano a mano che abbiamo parlato di lui ci siamo sentiti e ci sentiamo uniti da sentimenti fraterni; che vincono diffidenze e difesa sempre deste fra uomo e uomo e fra gruppi di uomini nella pratica della vita. 

L’amore, quale noi lo sentiamo per il bambino, doveva esistere potenzialmente anche fra uomo e uomo, perché un’unione umana si è formata e non vi è unione senza amore. 

È curioso osservare che in tempi come i nostri, nei quali la guerra è stata distruzione senza esempio, ed ha raggiunto ogni terra più remota, quando si penserebbe che il parlar d’amore fosse mera ironia, la gente ancora ne parla con insistenza. Si fanno dei progetti per unirsi, il che significa non solo che c’è amore, ma che l’amore è una forza di base…

L’amore è concesso all’uomo come un dono volto ad un dato scopo e per uno speciale disegno, come ogni cosa che viene prestata agli esseri viventi dalla coscienza cosmica. Esso dev’essere tesaurizzato, sviluppato ed ingrandito al massimo delle possibilità. L’uomo, unico tra gli essere, può sublimare questa forza che gli è stata data e svilupparla più e più, e farne tesoro è il suo compito. 

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NON ESISTONO BAMBINI DIFFICILI, MA SOLO DINAMICHE SBAGLIATE

Uno dei concetti che più ci hanno colpito nella lettura de “Il nuovo metodo danese per educare i bambini alla felicità a scuola e in famiglia” è legato ai bambini difficili. L’autrice, spiegando l’approccio danese al bullismo, afferma che non esistono bambini difficili, ma solo dinamiche di gruppo sbagliate.

Noi partiamo dal presupposto che ogni bambino e ogni genitore facciano del proprio meglio, dice Lotte Madsen, vicepreside della Absalon Skole a Roskilde. Se si assume con convinzione questo punto di vista si riesce a non giudicare male nessuno, e a cercare di capire perché alcuni bambini scelgono di comportarsi in un certo modo in quel dato momento o in quella circostanza. 
I danesi non si limitano insomma a considerare il gesto in sé, ma tentano di comprendere e analizzare il sentimento che c’è dietro. Solo incontrando il bambino in questo modo si può riuscire a lavorare con lui. 
Come ha detto Søren Kierkegaard: Se si vuole riuscire a portare qualcuno in un posto, prima di tutto e soprattutto bisogna preoccuparci di trovarlo dov’è, e cominciare da lì“.

Si tratta di un principio di grande valore. Tutti i bambini, infatti, desiderano amore e stima; alcuni, tuttavia, traducono questo desiderio in azioni sbagliate. Per aiutarli a cambiare davvero, è necessario superare la barriera del giudizio e quella del pregiudizio: dobbiamo metterci in ascolto, osservare e comprendere. Vinciamo il pregiudizio del “bambino difficile” e soprattutto il pregiudizio del “bambino cattivo”.

Nelle classi danesi, gli insegnanti aiutano questi bambini analizzando attentamente le dinamiche di classe (utilizzando i sociogrammi come strumento guida) e attraverso dei momenti di discussione collettiva in cui i ragazzi espongono al gruppo i problemi del gruppo.

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STIAMO CRESCENDO DEI BAMBINI “ASSEDIATI”

I nostri bambini sono liberi? Siamo capaci di stimolare la loro creatività o, al contrario, la ostacoliamo? A questo proposito, ti proponiamo l’interessante prospettiva dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet, attento osservatore del mondo giovanile. Crepet, durante un’intervista rilasciata a Dea By Day ha detto che:

Stiamo crescendo dei bambini assediati. Nel senso che i loro spazi e il loro tempo è assediato dalla gestione che gli adulti attuali impongono loro. Abbiamo bambini assediati da nonne iper-presenti, da mamme piene di sensi di colpa, da padri che vogliono fare le madri, da insegnanti sciatti.. Insomma i bambini starebbero meglio soli, se questi sono gli adulti che li circondano. Bisognerebbe promuovere una campagna liberate i bambini
Quando a un bambino è continuamente impedito di poter sviluppare la propria creatività, la propria autonomia, a costruire la propria identità, non riesce a crescere, ovvero crescerà fragile, vulnerabile, ricattabile. Nella società attuale, che molti pensano sia libera anzi addirittura liberal, è veramente difficilissimo che un ragazzo possa riuscire ad essere se stesso. E il motivo è che non è stato cresciuto in modo di poterlo essere.
Facciamo l’esempio delle nuove tecnologie e delle App. In quel mondo i ragazzi sono liberi di creare, ma all’interno di una sorta di ranch che si chiama Internet. Un ragazzo oggi è “molto gradito” se inventa una App utile ai produttori di stampanti 3D. Ma immediatamente la sua creatività non viene considerata se invece inventa un oggetto non tecnologico, come ad esempio un pattino colorato. Per fortuna esistono delle eccezioni e degli scampoli di libertà possibili, ma in generale, dovunque nel mondo, le regole sono dettate in ragione dei consumi. Un’azienda fa di tutto perché noi acquistiamo il prodotto che ha realizzato, creandoci il bisogno di averlo. La nostra creatività fai-da-te, quella delle nostre nonne, è scoraggiata. La situazione è che abbiamo disponibili tanti prodotti che altri ci convincono essere necessari, anche a basso costo, ma in cambio cediamo la nostra libertà. C’è un gruppo di ragazzi che ha inventato un telefono che funziona solo come telefono, si chiama Light Phone e finora hanno raccolto solo 2000 sottoscrittori. Domanda: Quanti ragazzini sosterrebbero questi modelli? Quanti ragazzini sarebbero disponibili a rinunciare ai social, alle App, a internet? E dunque: sono liberi?“.

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Laboratorio di comunicazione non verbale

Sapevi che il 90% dei messaggi che trasmetti agli altri non dipendono dalle parole che usi? Ne abbiamo parlato nel nostro articolo sulla comunicazione non verbale. I movimenti del corpo, in particolare, incidono sul 55% del messaggio.

Ecco cinque gestualità da evitare. Secondo gli studiosi della comunicazione non verbale, infatti, trasmettono un senso di disagio e di tensione nella persona con cui si parla:

  • non tenere il contatto oculare troppo a lungo o troppo poco: il contatto oculare è un indicatore dell’interesse, ma anche di rispetto. Tenere gli occhi fissi su chi ci parla può mettere a disagio l’interlocutore. Non guardare in faccia chi ci parla è sinonimo di insicurezza o scarso interesse;
  • non irrigidire le spalle: se sei rilassata/o mentre parli, trasmetterai serenità e sarà più facile creare empatia con chi ascolta. Non dimenticare di tenere la testa alta: diversamente rischi di trasmettere insicurezza;
  • non incrociare le braccia: le braccia sono la porta di ingresso del corpo: se le incroci, verranno percepite come uno scudo difensivo per proteggersi dal mondo. Peggio ancora quando chiudi i pugni: vuol dire che sei davvero tesa/o;
  • non dondolare le gambe: se tendi a muovere le gambe molto più del normale, significa che sei nervosa/o, stressata/o o agitata/o. È un messaggio a cui prestare attenzione, specialmente nei contesti lavorativi;
  • non gesticolare velocemente: i gesti delle mani sono influenzati anche dalla cultura (pensiamo a quanto gesticoliamo noi italiani!). Il controllo su questa componente ci farà apparire più sicuri e spontanei.

LABORATORIO DI EDUCAZIONE CREATIVA©

In questo laboratorio di educazione creativa dovrai trasformarvi in una sorta di Sherlock Holmes della comunicazione non verbale. Comincia memorizzando le cinque gestualità che abbiamo individuato sopra. Per aiutarti puoi utilizzare una mappa mentale o una mappa concettuale.

Rimani in agguato, a caccia di questi gesti. Se ne noti qualcuno in uno dei tuoi bambini, prova a chiedergli come si sente. Chiedigli se c’è qualcosa che lo ha turbato o innervosito. Potrebbe essere il segnale che ha bisogno di un ascoltatore empatico o di un sostegno emotivo. Questa pratica è comune tra i genitori e gli insegnanti danesi (puoi leggere tante testimonianze ne “Il metodo danese”  e ne “Il nuovo metodo danese” di Jessica Alexander). Non mettere pressione. Piuttosto, raccontagli un episodio in cui tu ti sei sentita/o nervosa e ti sei comportata nello stesso modo: rinuncia al giudizio e racconta le tue esperienze. A proposito, se stai lavorando sulla comunicazione, prova anche il laboratorio per rimuovere le barriere alla comunicazione.

Attraverso questo laboratorio potrai esercitare la tua intelligenza emotiva imparando a riconoscere i segnali che il corpo utilizza per esprimere i sentimenti.

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DAL DIARIO DI ANNA FRANK (3)

Giovedì, 6 luglio 1944


Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v’è stato di buono e di cattivo nella loro condotta! Involontariamente cercheresti allora ogni giorno di correggerti, ed è probabile che dopo qualche tempo avresti ottenuto un risultato. Questo mezzuccio è alla portata di tutti, non costa nulla ed è certamente utilissimo. «Una coscienza tranquilla rende forti»: chi non lo sa, deve impararlo e farne esperienza.

Sabato, 15 luglio 1944


È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte , della miseria, della confusione. vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace, la serenità.

 

FONTI

  • A. Frank, Diario, Newton & Compton, 2015

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DAL DIARIO DI ANNA FRANK (2)

Mercoledì, 5 aprile 1944

Chi non scrive non sa quanto sia bello scrivere; in passato, rimpiangevo sempre di non sapere disegnare, ma ora sono felicissima di saper almeno scrivere. E se non avrò ingegno abbastanza per fare la scrittrice o la giornalista, ebbene, potrò sempre scrivere per me sola. Voglio farmi avanti, non posso pensare di vivere come mamma, la signora Van Daan e tutte quelle donne che fanno il loro lavoro e poi sono dimenticate. Debbo avere qualcosa a cui dedicarmi, oltre al marito e ai figli! Voglio continuare a vivere dopo la mia morte! Perciò sono grata a Dio che mi ha fatto nascere con quest’attitudine a evolvermi e a scrivere per esprimere ciò che è in me. Scrivendo dimentico tutti i miei guai, mi rianimo e la mia tristezza svanisce.

FONTI

  • A. Frank, Diario, Newton & Compton, 2015

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