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Comunicazione non verbale

comunicazione non verbale

La comunicazione non verbale comprende tutti quei messaggi comunicativi che non vengono espressi attraverso la parola. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare ingenuamente, la comunicazione non verbale è più importante di quella verbale. Mehrabian, nel 1972, analizzò in laboratorio la comprensione dei messaggi scoprendo che:

  • i movimenti del corpo e della faccia incidevano per il 55% nella comprensione;
  • l’aspetto vocale incideva per il 38% della comprensione;
  • l’aspetto verbale incideva per il 7% della comprensione.

ASPETTI DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE

La comunicazione non verbale si articola in vari aspetti. Li abbiamo sintetizzati in questa mappa concettuale:

comunicazione non verbale mappa concettuale schema
Clicca sulla mappa per ingrandirla.

Esistono quattro grandi sistemi di comunicazione non verbali. Essi sono:

  • il sistema paralinguistico; 
  • il sistema cinesico; 
  • la prossemica; 
  • l’aptica.

SISTEMA PARALINGUISTICO

Indica l’insieme dei suoni emessi nella comunicazione verbale, indipendentemente dal significato del messaggio. Comprende:

  •  tono, legato alla frequenza della voce, che dipende da fattori fisiologici e sociali;
  • frequenza, parimenti influenzata dal fattore sociale: se sono in difetto, userò un tono più basso;
  • ritmo, che serve a conferire autorevolezza al messaggio: parlare lentamente, inserendo delle pause tra una frase e l’altra, conferisce un tono solenne;
  • silenzio, che è un’ulteriore forma di comunicazione paralinguistica, molto legata al contesto: il silenzio di due persone arrabbiate che nemmeno si guardano è differente dal silenzio emozionato di due innamorati.

SISTEMA CINESICO

Il sistema cinesico include atti comunicativi espressi dai movimenti del corpo, in particolare movimenti oculari, mimica facciale, gesti e postura.
Sono elementi fortemente influenzati non solo dall’indole personale, ma anche dal contesto culturale di riferimento.

PROSSEMICA

Si tratta del modo in cui le persone si dispongono in un contesto specifico, suddividendo inconsapevolmente lo spazio che le circonda.
Nella distribuzione spaziale, vengono identificate quattro aree:

  • zona intima (da 0 a 50 cm);
  • zona personale (da 50 cm ad 1 m);
  • zona sociale (da 1-3/4 m);
  • zona pubblica (oltre i 4 m).

APTICA

Si tratta dell’insieme dei messaggi comunicativi espressi attraverso il contatto fisico. Comprende forme comunicative codificate (la stretta di mano, il bacio sulle guance come saluto ad amici e parenti) e spontanee (un abbraccio, una pacca sulla spalla). Anche in questo caso pesano le differenze culturali, oltre al proprio carattere.

LABORATORI DI EDUCAZIONE CREATIVA© PER LA COMUNICAZIONE NON VERBALE

APPROFONDIMENTI

  • Spesso la comunicazione non verbale viene definita extra linguistica, a completamento di quella che viene considerata la forma principale di comunicazione, ossia la parola.
  • Per comunicare efficacemente, i segnali verbali non verbali dovrebbero coincidere: in questo modo aumenta la fiducia della persona con cui entriamo in relazione. Una comunicazione efficace richiede in primo luogo che i segnali non verbali coincidano con le parole, perché questo aumenta la fiducia e dunque incide positivamente sulla relazione che si ha con le persone con cui stai comunicando. Eppure non sempre ciò accade: ecco allora che i segnali non verbali, anziché accentuare o completare i significati verbali, entrano in contraddizione. Un esempio? Fingiamo di essere interessati, ma tamburelliamo con le dita sul tavolo, infastiditi.
  • Esiste un ulteriore grado di distinzione all’interno della comunicazione non verbale, tra comunicazione non verbale statica e dinamica. La comunicazione non verbale statica raggruppa una serie di elementi “aggiuntivi”, come trucchi, abbigliamento, accessori, che vengono scelti a seconda del contesto di riferimento. Difficile pensare ad un clown vestito in giacca e cravatta. La comunicazione non verbale dinamica riguarda più da vicino il sistema cinesico e la prossemica. Pensiamo al lavoro di un attore sulle sue espressione e su quanto ci trasmettono in un film: molto più delle sole parole.
  • Lavorare sulla comunicazione non verbale è una buona idea per sviluppare l’intelligenza emotiva ed, in particolare, le sue componenti sociali. Infatti, riuscire a comunicare in modo efficace è essenziale per generare empatia. La comunicazione non verbale è fondamentale nei contesti educativi, a scuola e in famiglia.

FONTI

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Figli felici: cos’è la genitorialità positiva?

genitorialità positiva

I periodi dell’infanzia e dell’adolescenza sono tra i momenti più delicati nella vita della persona. Soprattutto l’infanzia, è una tappa davvero fondamentale per insegnare ai propri bambini che essi sono degli individui che meritano rispetto, fiducia, con caratteristiche uniche e inimitabili che vanno rispettate e messe in risalto.

Negli ultimi anni, come spiega il portale italiano di riferimento per la consulenza psicologica PsicologiOnline.net, si sente sempre più parlare di una pratica che viene chiamata in inglese positive parenting, ovvero genitorialità positiva. Ma cosa significa realmente essere genitori positivi con i propri figli?

Genitorialità positiva significa entrare in stretta sintonia con il bambino, interpretando i suoi bisogni, la sua comunicazione non verbale, accogliendo le sue paure per poi rilasciare un sentimento di fiducia, ascolto e una sensazione che permetta al bambino di capire che il genitore è presente per supportarlo e accompagnarlo nel difficile compito di crescere, senza far sentire il bambino giudicato o intimorito. Questi comportamenti genitoriali favoriscono la capacità del bambino di sentirsi un essere unico, amato e sicuro nel momento in cui deve andare per il mondo ad esplorare e ad apprendere.

ESSERE GENITORI SIGNIFICA ESSERE IN UNA RELAZIONE

Nel momento in cui si diventa genitori, si entra a far parte di una relazione, ovvero un processo in cui ci sono sempre due parti coinvolte. Bisogna sempre tenere in cosiderazione che sia l’accudente che l’accudito sono persone ognuna con le proprie esperienze, i propri vissuti, emozioni, paure, pensieri, gioie e aspettative.

Ovviamente il genitore deve essere una guida autorevole per i propri figli, ma per una sana e corretta relazione genitore-bambino nessuno dei due deve prevalere sull’altro, deve esserci ugualmente spazio sia per i bisogni del grande che del più piccolo.
Nella relazione genitore-figlio, le punizioni e i ricatti non funzionano poiché a lungo andare il bambino inizierà ad usarli contro il genitore, aumentando in tal modo il sentimento di frustrazione ed impotenza nel seguire il proprio ruolo genitoriale.

L’IMPORTANZA DI FORNIRE UN ACCUDIMENTO RESPONSIVO

La responsività è la capacità di ognuno di noi a rispondere in modo adeguato alle necessità del bambino, riuscendo quindi a capire quali sono i bisogni espliciti ed impliciti del piccolo. È davvero importante che il genitore fornisca un’immagine al bambino positiva, di apertura e di punto di riferimento.
Per essere responsivi e dare un feedback positivo al piccolo, i genitori devono rispondere adeguatamente all’azione intrapresa dal bambino con espressioni del viso e risposte vocali di incoraggiamento e affermazione. Con questo esempio si può comprendere come l’accudimento responsivo si metta in pratica fin da subito e non solo nel momento in cui si hanno figli un po’ più grandi.
Il genitore-osservatore deve riuscire a comprendere quali sono le esigenze e le necessità dei bambini anche quando queste non sono espressamente palesate (ho freddo, sete, mi scappa la pipì, voglio andare a dormire). Così facendo il bambino si sentirà accolto, protetto e riuscirà a percepire il genitore pronto ad accogliere i suoi bisogni. Un atteggiamento responsivo permette al bambino di sviluppare un attaccamento sicuro che gli permette di esplorare il mondo in sicurezza, avere fiducia negli altri, saper contare sulla propria autostima e soprattutto essere conscio che potrà sempre contare sui propri genitori.

SAPER GESTIRE LE EMOZIONI

Il positive parenting mette l’accento sul fatto che i genitori per mettere in atto la genitorialità positiva devono saper gestire le emozioni; in questo modo anche i più piccoli riusciranno, in determinate situazioni di stress, a reagire con maggiore calma e lucidità poiché hanno visto i genitori comportarsi in quel determinato modo.
Il compito del genitore è quello di riuscire a sviluppare nel proprio bambino la capacità di problem solving, ovvero di risoluzione dei problemi. Questo metodo aiuta i bambini a pensare con la propria testa, con lucidità e fermezza. Inoltre, permetterà loro di essere da grandi degli individui che mirano a trovare la soluzione migliore possibile.
Il problem solving permette di riuscire a gestire le emozioni, sia quelle positive che quelle negative, aiutando i bambini a chiedere aiuto quando ne sentono necessità ma soprattutto capire quando sono gli altri ad avere bisogno di aiuto. Infatti il fine ultimo di essere genitori e il reale obiettivo educativo non è quello di essere il genitore perfetto ma un genitore con pregi e difetti, accettandosi con le proprie forze e debolezze.

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE CONTRADDISTINGUONO IL POSITIVE PARENTING?

Sono 7 le caratteristiche della genitorialità positiva che si possono applicare alla vita di tutti i giorni e durante le interazioni genitore-bambino, anche durante i momenti più difficili e ostili.

  • Saper fornire linee guida in relazione all’età, insegnando a regolare i propri sentimenti e a gestire le emozioni
    Un esempio per il genitore è quello di ascoltare il bambino, incoraggiarlo di fronte alle difficoltà e motivarlo dimostrando che l’adulto ha fiducia in lui. Inoltre il genitore deve avere il giusto equilibrio tra dolcezza e fermezza proponendo limiti e attività adeguati all’età e al comportamento del bambino.
  • Empatia: mettersi nei panni del bambino cercando di immaginare il suo punto di vista
    Il genitore deve il più possibile cercare di vedere il mondo con gli occhi di un bambino al fine di comprendere al meglio la sua prospettiva e il suo punto di vista. Grazie all’empatia, il genitore riesce a comprendere i sentimenti che sono alla base di determinati comportamenti. In aggiunta a ciò, si aiuta il bambino ad essere empatico a sua volta verso gli altri e a risolvere i conflitti e le problematiche in maniera positiva.
  • Rispondere in modo efficace ai bisogni del bambino
    Per un genitore, saper rispondere con sensibilità ai bisogni dei bambini è un grandissimo traguardo. Essere un punto di riferimento e saper dimostrare affetto sono due aspetti fondamentali. In particolare, l’affetto è importantissimo nel rapporto genitore-bambino, tenendo conto che per affetto si intende protezione sia fisica che emotiva.
  • Ritagliarsi un po’ di tempo per stare con i propri figli
    I momenti di connessione con il proprio figlio sono da considerarsi dei momenti preziosi in cui il bambino e il genitore sono strettamente connessi e dedicano del tempo solo per loro stessi. Il bambino, anche se molto piccolo, sa riconoscere se il tempo trascorso con lui, seppur poco, è di qualità e inoltre riesce altrettanto bene a percepire la noia e la frustrazione. Pertanto, è preferibile che il genitore quando dedica un po’ di tempo alle coccole e ad ascoltare i vissuti del bambino sia totalmente concentrato su di esso. In questo modo il bambino sentirà di essere connesso all’adulto, aprendo i suoi sentimenti, esprimendo le sue paure, i timori, le gioie e le speranze.
  • Il genitore deve agire come un modello
    I bambini apprendono per imitazione e di conseguenza è fondamentale che il genitore dia il buon esempio, sopratutto in situazioni conflittuali e di tensione. Pertanto, se i genitori sono i primi a comportarsi in maniera maleducata, nervosa e ad urlare, il bambino tenderà ad assumere l’adulto come modello e cercherà di comportarsi in maniera identica a lui non appena sarà un po’ più grande. Tuttavia, se si adotta un modello di genitorialità positiva e si insegna a risolvere i momenti di tensione e di conflitto gestendo la rabbia con lucidità, il bambino una volta cresciuto dimostrerà di riuscire a gestire lo stress nel modo ottimale che l’adulto ha insegnato.
  • Agevolare i bisogni del bambino celebrando il suo impegno
    Ogni persona quando diventa genitore ha spesso delle aspettative molto alte nei confronti dei propri figli. Il positive parenting aiuta il genitore a comprendere che bisogna amare i propri bambini con le loro caratteristiche e con le loro speciali inclinazioni, anche se queste non combaciano con quelle desiderate. Bisogna cercare di celebrare l’impegno dei figli nelle attività anche se queste non portano a risultati eccellenti e da primi della classe. Mostrare orgoglio per lo sviluppo e gli apprendimenti dei bambini li porteranno a sviluppare l’autostima e a credere in se stessi, riuscendo in tal modo ad affrontare le sfide della vita e a superarle.
  • Essere genitori in costante apprendimento
    Il ruolo di genitori è un percorso costante di crescita. I genitori, in un certo modo, crescono insieme ai figli, sbagliando e imparando continuamente. Questo processo di apprendimento può non essere sempre facile ma tuttavia è una parte del percorso di crescita. Il bambino non è alla ricerca di un genitore perfetto, invincibile, che non sbaglia mai, ma ha bisogno di genitori consapevoli del proprio ruolo che sappiano essere un punto di riferimento per il piccolo, consapevole dei propri pregi e difetti e anche dei pregi e difetti del figlio.

Ecco un’infografica per riassumere e chiarire ciascuno di questi punti:

In conclusione, il positive parenting permette al genitore di porre obiettivi a lungo termine poiché il modo in cui un genitore educa il proprio bambino gli permetterà di essere a sua volta un modello da imitare una volta diventato adulto ma soprattutto un individuo dotato di autostima, fiducia in se stesso e negli altri e in grado di prendere le decisioni in modo autonomo. Questo significa crescere figli felici e consapevoli della loro unicità.

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Mindfulness in famiglia

La mindfulness offre tanti benefici a chi la pratica. Vale la pena darle spazio in famiglia? A nostro avviso sì.  La mindfulness è stata riconosciuta come una pratica efficace dall’intera comunità scientifica per via degli effetti benefici sull’umore, sulla sfera sociale e sulle capacità cognitive e di attenzione.

Solitamente, chi si avvicina alla mindfulness struttura un programma di meditazioni quotidiane. Tuttavia, è possibile avvicinarsi ad essa anche in modo non strutturato. Prima di cominciare, vogliamo ricordarti che la mindfulness è una pratica lontana da qualsiasi pretesa spirituale o religiosa. Concentrarsi sul presente è un ottimo esercizio per grandi e bambini.

Anche senza ricorrere alla meditazione, provate il gioco “Sono sole o nuvola?” Realizzate un cartellone in cui tutti disegnano “L’umore del giorno”, grandi e bambini. E’ un modo per focalizzarsi sulle emozioni e sul presente ed un primo avvicinamento al lavoro sulla consapevolezza di cui la mindfulness rappresenta una declinazione più approfondita.

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  • Mindfulness mentre ascolti qualcuno che ti parla:attenzione al presente significa empatia, ascolto attivo, significa pensare che chi ti sta davanti sia prezioso. Concentrati a fondo su ciò che l’altra persona ti sta raccontando e comunicando. Dimenticati dello smartphone e del pc;
  • Mindfulness mentre fai una pausa: oggi è sempre più difficile fermarsi e dedicarsi un momento di pausa. Prova a compilare una lista con un numero di attività da svolgere durante il giorno, inserendo anche uno spazio di dieci minuti da dedicare a te stessa/o. Utilizzali per praticare la mindfulness;
  • Mindfulness mentre riscopri le emozioni:per ascoltare bene gli altri, dovrai prima imparare ad ascoltare te stessa/o, a chiederti come ti senti. Interrogati sulle tue emozioni, su ciò che le ha causate e su quanto di positivo puoi trarre dal tuo stato emotivo. Anche questa è mindfulness;
  • Prova insieme ai bambini:il modo migliore per avere bambini sereni e concentrati è essere emotivamente presenti. La mindfulness permetterà a tutta la famiglia di ritrovare la presenza, attraverso alcune semplici pratiche. Per cominciare, prova l’esercizio del ranocchio e quello dell’omino del latte e del budino;
  • Sono sole o nuvola? Questo gioco si allontana un po’ dal concetto di mindfulness tradizionale e rientra piuttosto tra le scienze del Sé. Ad ogni modo, è un esercizio fantastico per stimolare l’intelligenza emotiva. Si realizza un foglio o un cartellone che rappresenta un sole e delle nuvole. Prenditi qualche minuto ogni giorno per osservare le immagini e confrontarle con il tuo stato d’animo. Sei sole o nuvola?

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IL SUCCESSO DELLA MINDFULNESS A SCUOLA

mindfulness a scuola

La mindfulness è una disciplina laica derivata dalle pratiche di meditazione buddista, si è affermata da tempo come strumento terapeutico di comprovata efficacia. Ad oggi viene impiegata in ambito psicologico, ad esempio per ridurre stress e ansia. Tuttavia, la mindfulness è sorprendentemente utile anche in campo educativo. Esistono programmi di mindfulness progettati per migliorare la qualità della vita dei ragazzi a scuola, che richiedono un impegno temporale minimo (10 minuti al giorno) e non richiedono particolari risorse o attrezzature.

La prof. sa Katherine Weare dell’Università di Southampton ha analizzato varie meta-analisi che raccoglievano i dati dei principali studi sulla mindfulness a scuola. Ecco cosa ne è emerso (il paper scientifico, in lingua inglese, è disponibile qui):

  • tutti i partecipanti ai programmi di mindfulness scolastica (studenti e insegnanti) hanno riferito di averlo fatto con interesse e di aver tratto beneficio da essi;
  • tutti gli studi che hanno analizzato l’influenza della mindfulness sul rendimento hanno riscontrato dei miglioramenti nelle performance scolastiche;
  • tutti gli studi concordano nel riconoscere un incremento sostenuto della capacità di prestare attenzione (e questo è forse l’aspetto più interessante);
  • tutti gli studi riconoscono alla mindfulness un’influenza benefica sulla sfera psicosociale (socievolezza e relazioni interpersonali, benessere emotivo, benessere mentale).

In Italia, sono sempre di più le scuole che stanno adottando la mindfulness come buona pratica per crescere dei ragazzi consapevoli e migliorarne lo stato di benessere psicofisico. Addirittura, il Percorso Mindfulness Based Teacher Student (in Lazio) può essere finanziato con il bonus destinato all’aggiornamento professionale dei docenti).

A proposito di mindfulness, abbiamo già scritto “Dieci pillole di mindfulness per i bambini e per se stessi“, “Giochiamo a rilassarci con l’omino del latte e il budino” e “La mindfulness del ranocchio“. Sull’argomento sono stati curati moltissimi libri (ne trovi una raccolta qui), che spiegano come portare la mindfulness nella propria vita.

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Mindfulness

La mindfulness è una pratica che consiste nel focalizzare la propria attenzione verso il momento presente. La mindfulness, nonostante derivi dalle pratiche di meditazione buddista, è stata privata degli elementi religiosi ed è a tutti gli effetti una pratica laica. Numerosi studi scientifici hanno confermato il valore della mindfulness per il benessere individuale.

La mindfulness può essere definita un atteggiamento della mente, con una maggiore consapevolezza del presente. E’ una pratica che trae origine dal buddismo theravada e risale a oltre 2.500 anni fa, diffondendosi progressivamente in Birmania, Cambogia, Laos, Sri Lanka e Thailandia, in ambito monastico e laico.

La parola inglese mindfulness traduce il temine Sati in lingua Pali, con cui viene indicata l’attenzione consapevole o “attenzione nuda”. Nel tempo questa pratica è stata portata anche in Occidente, dove è un’acquisizione relativamente recente e non legata in modo specifico all’ambito buddhista: si tratta infatti di una forma di pensiero applicabile indipendentemente da credenze, ideologie, etc.

In Occidente la minduflness si è diffusa negli Anni Settanta ad opera di un medico statunitense Jon Kabat Zinn. E’ stato questo studioso a concettualizzarla, affermando che: “mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare:

  • con intenzione;
  • al momento presente;
  • in modo non giudicante”.

La mindfulness è una pratica che è stata ampiamente studiata dalla comunità scientifica. Programmi basati sulla mindfulness vengono utilizzati in tutto il mondo nell’ambito della psicoterapia. Tutti gli studiosi sono concordi nel sostenere i benefici della mindfulness (c’è una certa diversità di opinione solo nel valutare l’entità di questi effetti). In particolare:

  • potenzia la capacità di prestare attenzione;
  • migliora il benessere psico-fisico;
  • combatte gli effetti negativi dello stress;
  • combatte l’ansia e i pensieri negativi;
  • migliora la qualità delle relazioni sociali.

COME SI PRATICA LA MINDFULNESS

Per chi è alle prime armi, bastano 10 minuti per sperimentare la mindfulness. Siediti su un cuscino con la schiena diritta e le gambe incrociate. Concentrati sul tuo respiro, sull’aria che entra ed esce dalle narici e sui movimenti dell’inspirazione e dell’espirazione. Poni tutta la tua attenzione sul respiro. Può capitare che la mente divaghi, tornando a focalizzarsi su un pensiero capace di distrarla: sarà sufficiente riportarla sul respiro.
Un programma di mindfulness settimanale di questo tipo (10 minuti al giorno), per quanto semplice, è già di grande utilità per il benessere psicofisico personale.

Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere.
Dalai Lama

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APPROFONDIMENTI

  • Il Dalai Lama sostiene che “Se si insegnasse la meditazione ai bambini di otto anni si eliminerebbe la violenza nel mondo nel giro di una generazione“. In effetti, tutti gli studi e le meta-analisi scientifiche hanno confermato gli effetti benefici di questa pratica (a fronte di una quantità minima di tempo da dedicargli). Puoi trovare qualche indicazione in più nel nostro articolo sui benefici della mindfulness a scuola.
  • Anche in famiglia si può praticare la mindfulness; Jon Kabat Zinn ne parla ne “Il genitore consapevole”. Puoi trovare qualche idea nel nostro articolo “La mindfulness in famiglia“.
  • Praticare la mindfulness incide sulla sfera sociale, migliorando la qualità delle relazioni interpersonali, e sulla sfera emotiva, migliorando la consapevolezza e il controllo di Sé. In questo senso, la mindfulness è un’ottima pratica per sviluppare l’intelligenza emotiva.
  • Praticare la mindfulness è inoltre un valido esercizio per potenziare l’autostima: diventare consapevoli del momento presente aiuta a tenere lontani stress, ansia e giudizi (tutti elementi che condizionano negativamente l’autostima).
  • La mindfulness deriva da un insieme di insegnamenti, in particolare buddhismo theravada (vipassanā), Zen (zazen) e pratiche di meditazione Yoga. Per spiegarla in maniera incisiva ricorriamo allideogramma “nianche combina due caratteri diversi: la parte superiore dell’ideogramma significa “adesso”, mentre la parte inferiore indica il “cuore”. Un modo per dirci che la vita va vissuta ora e sentita con il cuore. Bello vero?
  • Quando si pratica la mindfulness, può essere utile farlo insieme ad altre persone. Nella filosofia buddhista si parla a questo proposito di Sangha, una parola sanscrita che indica la comunità spirituale. Il gruppo aiuta a praticare nella quotidianità la consapevolezza, opponendosi a un mondo frettoloso e sempre di corsa e a stili di vita malsani. E’ un modo per incoraggiarsi l’un l’altro nelle situazioni difficili, oltre ad essere fonte di ispirazione e speranza di miglioramento.

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IL BAMBINO E’ UNA SORGENTE D’AMORE

Alla base della proposta pedagogica di Maria Montessori c’era il nobile ideale dell’amore, l’idea che l’educazione dovesse servire a coltivare e diffondere amore, giungendo infine alla pace e alla fratellanza universale. Nessun sistema educativo moderno abbraccia questo principio con la stessa forza e con la stessa passione con cui lo fece la Montessori. Ti lasciamo alcuni spunti di riflessione tratti da “La mente del bambino“, uno dei testi fondamentali scritti dalla pedagogista:

Gli adulti hanno forti e talvolta feroci convinzioni che li dividono in gruppi e quando accade che fra loro ne discutano, facilmente lottano. Ma su di un punto – il bambino – hanno tutti lo stesso sentimento. Pochi realizzano l’importanza sociale che ne deriva al bambino. È evidente che occorre meditarvi ed investigare se si vuole creare un’armonia nel mondo. 

Il bambino è una sorgente d’amore; quando lo si tocca, si tocca l’amore. È un amore difficile da definire; tutti lo sentono, ma nessuno sa descriverne le radici o valutare le conseguenze della sua vastità, o vagliare la sua potenzialità di unione fra gli uomini. Malgrado le nostre differenze di razza, di religione, di posizione sociale, a mano a mano che abbiamo parlato di lui ci siamo sentiti e ci sentiamo uniti da sentimenti fraterni; che vincono diffidenze e difesa sempre deste fra uomo e uomo e fra gruppi di uomini nella pratica della vita. 

L’amore, quale noi lo sentiamo per il bambino, doveva esistere potenzialmente anche fra uomo e uomo, perché un’unione umana si è formata e non vi è unione senza amore. 

È curioso osservare che in tempi come i nostri, nei quali la guerra è stata distruzione senza esempio, ed ha raggiunto ogni terra più remota, quando si penserebbe che il parlar d’amore fosse mera ironia, la gente ancora ne parla con insistenza. Si fanno dei progetti per unirsi, il che significa non solo che c’è amore, ma che l’amore è una forza di base…

L’amore è concesso all’uomo come un dono volto ad un dato scopo e per uno speciale disegno, come ogni cosa che viene prestata agli esseri viventi dalla coscienza cosmica. Esso dev’essere tesaurizzato, sviluppato ed ingrandito al massimo delle possibilità. L’uomo, unico tra gli essere, può sublimare questa forza che gli è stata data e svilupparla più e più, e farne tesoro è il suo compito. 

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