Tanto tempo fa, nel lago di Carezza abitava la ninfa Ondina, che col suo canto faceva innamorare di lei tutti i giovani del paese. Pochissimi l’avevano avvistata e quei pochi erano certi che su tutta la Terra – così dicevano – non ci fosse fanciulla più bella di Ondina. Un giorno la vide lo stregone del Latemar, che s’innamorò perdutamente di lei e decise di rapirla per condurla nel suo nascondiglio. Tentò e ritentò, ma la ninfa non cadde nei suoi tranelli. Lo stregone chiese aiuto alle Strie del Masarè, una congrega di streghe esperte in rimedi d’amore. Ed ecco il responso:«Se vuoi rapire Ondina dovrai fare come ti dico: travestiti da mercante di pietre preziose e va’ in riva al lago. Poi, con uno dei tuoi incantesimi, costruisci un arcobaleno, il più bello che si sia mai visto nel cielo. Dev’essere un arcobaleno scintillante, come se tu l’avessi forgiato con rubini, zaffiri e topazi. La ninfa uscirà dall’acqua per ammirarlo e tu potrai catturarla facilmente». Lo stregone del Latemar seguì il consiglio delle Strie, ma dimenticò di traverstirsi. Seduto in riva al lago, fabbricò l’arcobaleno e davvero non s’era mai visto in terra un arcobaleno bello come il suo. Ondina uscì dall’acqua, incantata da quel prodigio scintillante, ma non appena avvistò lo stregone intuì il suo imbroglio e con un tuffo scomparve nelle acque del lago di Carezza. Da quel giorno, nessuno ha più avvistato la ninfa né udito la sua voce. Lo stregone, in preda alla collera, fece a pezzi l’arcobaleno e buttò i suoi frammenti nel lago; ed è per questo motivo che il lago di Carezza ha i colori dell’arcobaleno.
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C’era una volta il piccolo regno di Ràgoli; piccolo, sì, ma così ricco di boschi e di pascoli da suscitare l’invidia di tutti i vicini. Un giorno, il vecchio re di Ràgoli morì, lasciando un’unica figlia, la principessa Tresenga. La quale, dopo aver celebrato solennemente i funerali del padre, chiamò a raccolta i suoi sudditi e disse loro: «A Ràgoli manca un sovrano. Volete che io, Tresenga, diventi regina? O che sposi un principe? Se mi sposerò, mio nuovo marito, diventerà il nuovo re di Ràgoli e di tutte le sue ricchezze». I sudditi sapendo quanto fosse buona Tresenga e quanto avidi gli altri principi, gridarono: «Tresenga regina! Tresenga regina!» La giovane principessa li ascoltò: divenne regina e giurò solennemente che non si sarebbe sposata mai. Nel frattempo, la morte del vecchio re di Ràgoli aveva fatto il giro delle Dolomiti e ogni giorno un nuovo principe si presentava alle porte del palazzo, per chiedere in moglie Tresenga; ma la ragazza, senza mancare di rispetto a nessuno, rifiutò le proposte di tutti. Arrivò il turno di Lavinto, re di Tuenno; da sempre, il suo regno era in lotta con Ràgoli per il dominio dei ricchi pascoli sul Brenta. Lavinto pensò che sposarsi sarebbe stato un ottimo modo per risolvere la questione, una volta per tutte. Al rifiuto di Tresenga, Lavinto montò su tutte le furie e la principessa fu costretta a chiamare le sue guardie e a farlo scacciare con le armi. «Non finisce qui!» gridò il re, galoppando verso Tuenno. Qualche settimana più tardi, si venne a sapere che a Tuenno si era radunato un esercito e che Lavinto era pronto a muovere guerra al regno di Ràgoli. Nuovamente, Tresenga chiamò i suoi sudditi e chiese loro: «La guerra incombe su Ràgoli; se sposerò Lavinto, la eviteremo. Altrimenti, dovrete combattere e molti di noi moriranno. Cosa volete che faccia?» I sudditi gridarono: «Morte a Lavinto! Viva Tresenga!». Presero le armi e partirono lungo sentiero che risaliva le montagne verso Tuenno. Anche Tresenga andò con loro, armata come un cavaliere: la giovane regina non avrebbe abbandonato i suoi sudditi per nessuna ragione al mondo. Tresenga però non sapeva che nei boschi del Brenta c’erano ovunque le sentinelle di Lavinto, che corsero a Tuenno ad informarlo dell’arrivo dell’esercito di Ràgoli. Lavinto tese loro una trappola mortale: ordinò ai suoi soldati di nascondersi nei boschi sopra il lago di Tovel e di aspettare. Non appena la regina e il suo esercito raggiunsero le sponde del lago per rifornirsi di acqua, Lavinto sferrò il suo attacco. I soldati di Ràgoli, colti di sorpresa, si difesero con coraggio, ma non ci fu niente da fare: nessuno di loro scampò a quell’agguato. Anche Tresenga morì, combattendo tra le acque del lago. Quel giorno fu versato tanto sangue che il lago di Tovel si tinse di rosso, e tale è rimasto fino a pochi anni or sono. In seguito, Lavinto conquistò il regno di Ràgoli e divenne il padrone del Brenta. Tuttavia, per rendere omaggio al coraggio di Tresenga, chiamò col suo nome il piccolo torrente che dal lago di Tovel scende a valle. Qualcuno sostiene che il fantasma della giovane regina sia ancora lì, in riva al lago, e che nelle notti di plenilunio si possa sentire il suo pianto.
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Il Trentino-Alto Adige è una regione ricchissima di storia e tradizioni, che vanta una buona produzione di leggende e racconti popolari. I protagonisti sono re, principi e principesse del passato, ma anche le creature che impersonificano gli elementi naturali dell’arco alpino.
Tag: leggende trentino, leggende alto adige
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Tanto tempo fa, le Dolomiti erano coperte di boschi. In una valle, all’ombra di quelle montagne, abitava un principe che ogni notte rimaneva sveglio ad ammirare la Luna; com’era bella, e quanto avrebbe desiderato raggiungerla. Il suo desiderio era tale che una notte, il giovanotto riuscì a salire sulla Luna, conobbe la principessa di quel regno luminoso e se ne innamorò perdutamente. Il principe si fermò a vivere alla sua corte, ma presto si ammalò per la troppa luce e fu costretto, a malincuore, a ridiscendere sulla Terra. La principessa della Luna, innamorata anch’ella, decise di accompagnarlo nella sua valle coperta di boschi. Dopo qualche giorno fu il turno della principessa, che si ammalò per il troppo buio. Il principe, preoccupato per lei, faceva delle lunge passeggiate tra i boschi, per schiarirsi le idee e trovare una soluzione che permettesse ad entrambi di vivere felici. Fu proprio durante una di queste sue passeggiate che incontrò il re dei nani. I due si fermarono a parlare e il giovanotto raccontò all’altro del suo problema. «Una soluzione io ce l’avrei» disse il re dei nani, «ma dovremo fare uno scambio. Io farò in modo che la tua bella principessa torni a sorridere e tu concederai al mio popolo di vivere su quelle montagne. Siamo stanchi di nasconderci sottoterra e vogliamo un regno che sia tutto per noi». Il principe accettò volentieri quell’offerta e tornò al suo palazzo, aspettando che l’altro re onorasse la promessa. I giorni passavano e nulla accadeva; la principessa era sempre più debole e triste. Poi arrivò il plenilunio: quella notte il principe uscì nel suo giardino e vide un prodigio: i nani stavano filando la luce della luna, facendone dei grossi gomitoli. Poi si misero a tessere una coperta luminosa e la posarono sulle montagne. Da quel giorno, le Dolomiti divennero chiare, come la superficie della Luna, tanto che qualcuno le chiama, ancora oggi, i “monti pallidi”. E la principessa? Alla vista di quello spettacolo, ritrovò il suo sorriso e si fermò a vivere per sempre insieme al suo principe.
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L’analisi grammaticale dei nomi è una tappa fondamentale per la didattica della scuola primaria. I nomi sono la prima parte del discorso che viene affrontata in classe ed è la prima occasione per mettere alla prova i processi logici e mnemonici dei bambini. Sì, per imparare l’analisi grammaticale servono logica e memoria!
ANALISI GRAMMATICALE DEI NOMI
Nell’analisi grammaticale dei nomi dobbiamo procedere per tappe. Gli errori più frequenti nell’analisi grammaticale dipendono dalla dimenticanza di una o più tappe dell’analisi. Questo succede se i bambini non hanno ben chiaro il numero di passaggi dell’analisi (e, in buona fede e cattiva memoria, eseguono un lavoro incompleto).
In questo video, il nostro Grammy, supereroe della grammatica, ti guiderà nell’analisi del nome, tappa dopo tappa:
Adesso facciamo una prova: utilizzeremo come esempio il nome CANE. Passaggio dopo passaggio, faremo l’analisi grammaticale di questo nome in modo tale da fornire un esempio esaustivo del processo di analisi.
PRIMA TAPPA: COMUNE O PROPRIO?
Per cominciare, determiniamo se il nome è COMUNE o PROPRIO. I nomi comuni sono scritti con la lettera minuscola (cavallo, posta, tavolo) mentre quelli propri con la maiuscola (Luca, Elettra, Fido). CANE è un nome comune; per cui, cominciamo l’analisi grammaticale scrivendo:
CANE: nome comune
SECONDA TAPPA: DI PERSONA, ANIMALE O COSA?
Come secondo passaggio, determiniamo la specie del nome: esistono infatti NOMI DI PERSONA, DI ANIMALE e DI COSA. CANE è senza dubbio un nome di animale; continuiamo l’analisi grammaticale scrivendo:
CANE: nome comune di animale
TERZA TAPPA: SINGOLARE O PLURALE?
Come terzo passaggio, dobbiamo analizzare il NUMERO del nome: esistono nomi singolari e nomi plurali. Un nome è singolare quando rappresenta un solo individuo o un solo insieme, nel caso dei nomi collettivi (gatto, postino, sciame); è invece plurale se rappresenta più di un individuo (barche, mucche, soldati). Di CANE ne abbiamo uno solo, per cui procediamo così:
CANE: nome comune di animale, singolare
Puoi approfondire questo tema (ed esercitarti) attraverso questa scheda:
Come quarto passaggio stabiliamo se il nome è CONCRETO oppure ASTRATTO; sono nomi concreti quelli che rappresentano cose, persone o animali che possiamo vedere, udire e toccare (uomo, balena, sedia sono dunque nomi concreti). Sono nomi astratti quelli che rappresentano emozioni, idee e ideali, pensieri e sensazioni (sono nomi astratti paura, giustizia ma anche matematica e regola). CANE è un nome decisamente concreto; perciò, proseguiamo nella nostra analisi scrivendo:
CANE: nome comune di animale, singolare, concreto
Abbiamo preparato una scheda sui nomi concreti e sui nomi astratti; leggila:
Il settimo passaggio è stabilire se il nome è un nome PRIMITIVO, un nome DERIVATO o un nome ALTERATO. Sono nomi primitivi tutti i nomi formati esclusivamente da una radice e da una desinenza (fior-e, port-a, mar-e) mentre sono nomi derivati tutti quei nomi formati da una radice, un suffisso e una desinenza (fior-ier-a, port-ic-o, mar-ina-io). I nomi alterati sono quei nomi che utilizzano un suffisso per modificare le qualità del nome di partenza (un cagnolino, ad esempio, sarà un piccolo cane). Esistono quattro possibili alterazioni: diminutivo (pesc-iolino), accrescitivo (pesc-iolone), dispregiativo (pesc-iaccio, anche se questa parola è alquanto strana) e vezzeggiativo (pesc-ioluccio; anche questo è un nome bizzarro). CANE non è stato alterato; CAGNOLINO, CAGNOLONE, CAGNACCIO lo sarebbero stati. Nel nostro caso, CANE è formato dalla radice CAN- e dalla desinenza -E, che indica il numero. Dunque, ci troviamo di fronte ad un nome primitivo. Procediamo con l’analisi grammaticale:
CANE: nome comune di animale, singolare, concreto, primitivo
Puoi approfondire nomi primitivi e nomi derivati leggendo questa scheda:
Il sesto passaggio è determinare se il nome è INDIVIDUALE o COLLETTIVO. Sono nomi individuali tutti quei nomi che rappresentano un solo individuo (bottiglia, telefono, palma, criceto) mentre sono nomi collettivi quei nomi che rappresentano un insieme di individui (esercito, flotta, gregge). CANE è un nome individuale (un BRANCO invece sarebbe un nome collettivo). Andiamo avanti con l’analisi grammaticale scrivendo:
CANE: nome comune di animale, singolare, concreto, primitivo, individuale
Puoi approfondire questo tema attraverso queste schede:
Il settimo passaggio è individuare se il nome da analizzare è un nome SEMPLICE o un nome COMPOSTO. I nomi composti sono quei nomi formati dall’unione di due parole, che possono essere nome+nome, nome+verbo o nome+ aggettivo (cassa-panca, pesce-cane, piano-forte, lascia-passare). CANE è un nome semplice; avessimo dovuto analizzare il nome PESCECANE, allora ci saremmo trovati di fronte ad un nome composto. Scriviamo:
CANE: nome comune di animale, singolare, concreto, primitivo, individuale, semplice
Per approfondire i nomi composti (con gli esempi dei nomi composti più comuni e le regole per formare i plurali), leggi questa scheda:
L’ottavo e ultimo passaggio consiste nell’identificare il genere del nome che stiamo analizzando. L’italiano ha due generi: maschile e femminile. Se siamo indecisi sul genere di un nome, pensiamo a quale articolo utilizzeremmo (il carro è maschile, la tastiera è femminile; il telefono è maschile, la lavatrice è femminile).CANE è un nome maschile; infatti diciamo “Il cane” e non “La cane”! L’analisi grammaticale continua così:
CANE: nome comune di animale, singolare, concreto, primitivo, individuale, semplice
NOTA: questo passaggio si può anche anticipare, inserendolo come terza tappa dell’analisi (che quindi risulterebbe “nome comune di animale, maschile, singolare…) o come quarta tappa.
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Leggere velocemente è una competenza essenziale per costruire un metodo di studio solido. La lettura veloce non è sinonimo di lettura frettolosa: con le giuste tecniche è possibile diminuire il tempo necessario per arrivare alla fine di un paragrafo, assimilando correttamente i concetti chiave.
Tecniche di lettura veloce
Esistono alcune tecniche che si possono utilizzare per aumentare la velocità di lettura. Di seguito ve ne indichiamo quattro, adatte anche ai primi lettori; queste tecniche costituiscono le fondamenta per migliorare la velocità di lettura.
Utilizzare un puntatore visivo. Un dito o una penna possono aiutare a mantenere una scansione regolare e fluida del testo, evitando di perdersi o leggere lentamente. Questo è il suggerimento principale che viene impartito nei corsi di lettura veloce.
Eliminare la vocalizzazione subvocale. La vocalizzazione subvocale è il processo di pronunciare mentalmente ogni parola durante la lettura. Concentrarsi sulla comprensione del significato di una parola anziché pronunciarla mentalmente aumenta la velocità di lettura.
Ridurre le regressioni. Una regressione si verifica quando il lettore torna indietro sul testo già letto. Un suggerimento utile è quello di minimizzare le regressioni e ad andare avanti senza guardare indietro troppo spesso.
Comprendere il contesto. È possibile comprendere il contesto generale di un testo attraverso elementi come titoli, sottotitoli, immagini, riassunti e parole chiave. Sfruttare questi elementi per costruire una mappa mentale dell’argomento rende la lettura effettiva molto più rapida.
Per finire, non dimenticatevi l’importanza di un allenamento graduale, spaziato e ripetuto nel tempo. Iniziate con brevi sessioni di lettura veloce e gradualmente aumenta la durata e la complessità dei testi. Scegliete testi di complessità crescente, ma soprattutto adatti all’età del bambino e allineati con i suoi interessi: leggere dev’essere un piacere e non una costrizione.
Tag: lettura veloce, tecniche di lettura veloce, leggere velocemente
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