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Aspettando la signora Felicità

Testo di: Alessia de Falco e Matteo Princivalle

È buio e fa caldo. Qui fa sempre caldo. Un rumore ritmico interrompe il silenzio. Nella penombra, si scorgono due personaggi seduti ai lati di una panchina.

Signor Cuore: “Ehi, Signor Cervello, sei sveglio? Ho bisogno di parlarti!”

Signor Cervello: “Ma certo che sono sveglio, come si fa a riposare con questo frastuono? Si può sapere che cosa vuoi questa volta?”

Signor Cuore: “Devo parlarti. È importante. Lei, dico lei, non è ancora arrivata”.

Il Signor Cervello esita un attimo, preoccupato.

Signor Cervello: “Come non è ancora arrivata? E’ impossibile, doveva già essere qui!”

Signor Cuore: “Non so che dire, sono mesi che la invitiamo, sembrava anche convinta … Ma la Signora Felicità non c’è, non c’è (con voce stridula) … Lo capisci?”

Signor Cervello: “E’ inutile che ti agiti Signor Cuore. Farai solo venire un infarto all’umano. Ma guardalo, è così triste … Mi si stringe il cuore”:

Il Signor Cuore sospira cupamente.

Signor Cuore: “E’ da mesi che non gioca, non sorride. Io sono davvero preoccupato. Voglio dire: è la mia prima esperienza con un cucciolo di umano, non so proprio cosa fare …”

Signor Cervello: “A me lo dici? Io parlo ogni giorno con la Signora Amigdala, ma niente, anche lei mi ha detto che servono emozioni positive, altrimenti non può fare nulla …”

Signor Cuore: “Ma insomma, è così difficile essere felici? Voglio dire, questo cucciolo di umano ha proprio tutto: un famiglia, una scuola, dei giochi? Cosa gli manca per stare bene?”

Signor Cervello: “Me lo chiedo ogni notte quando dorme. Ascolto i suoi respiri, cerco di capire i suoi sogni. Sempre uguali, peraltro noiosissimi. Se solo arrivasse la Signora…”.

Si sentono passi concitati. Una figura stravagante entra in scena.

Signora Felicità: “Ma vi sembra questo il modo di accogliermi? Mi aspettavo una sala da tè, dei pasticcini, un ambiente confortevole. Invece mi ritrovo qui, con voi imbambolati … Su, su, su, un po’ di vita!”

Signor Cervello (piccato): “La fai facile tu, che poi peraltro arrivi sempre in ritardo! A proposito, perché ci hai messo tanto? Troppo impegnata a degustare tè e pasticcini da qualche altra parte?”

Signora Felicità: “Ma come ti permetti, Signor Cervello? Sei sempre così acido … “

Il Signor Cuore cerca di stemperare gli animi.

Signor Cuore: “Ma no, ma no, cosa dici … Il Signor Cervello è soltanto molto preoccupato. Questo è un caso disperato. Il cucciolo di umano è sempre triste e svogliato, non sappiamo più cosa fare. Eppure ha tutto, non capisco”.

La Signora Felicità si siede tra i due, in maniera un po’ goffa. Poi prende un taccuino dalla sua enorme borsa e si mette a prendere appunti. Il Signor Cuore e il Signor Cervello la osservano speranzosi.

Signora Felicità (con tono inquisitore, ma divertito): “Dunque dunque … Vediamo un po’ cosa abbiamo qui … Si tratta di bambino, giusto?” (Il Signor Cuore e il Signor Cervello annuiscono)

Signora Felicità: “Ehm … Voi state bene, vero?”

Il Signor Cuore ed il Signor Cervello si guardano di sottecchi.

Signor Cervello: “Sicuramente se c’è qualche problema, è colpa sua. Il Signor Cuore è sempre così indaffarato con le sue emozioni … No mi dà nemmeno il tempo di pensare”.

Signor Cuore: “Ah no, carino, non provarci nemmeno! Sei tu quello che riempi le giornate con i tuoi ragionamenti. Il povero cucciolo di umano è sfinito, lo esaurisci … Dico davvero!”.

Signor Cervello (Arrabbiato): “Se non ci fossi tu a rompere sempre le uova nel paniere con le tue moine … (Motteggiando il Signor Cuore) Un po’ più di gioia, un po’ di rabbia, sì sì, mettiamoci anche la tristezza … Per forza il poverino soffre, gli rimbomberà tutto dentro”.

Signor Cuore (Furioso): “Io non tollero che mi si parli in questo modo. Tu poi … Per ogni cosa mi fai un ragionamento lungo tre pagine, tu (Con aria saccente), che devi sempre insegnare agli altri come si sta al mondo. (Motteggiando) Ah io lavoro a stretto contatto con la Signora Ragione, io ho appena preso il Diploma in Logica, io capisco tutto della matematica … Ahhh (sospirando infastidito) fossimo tutti saputelli come te”.

Il Signor Cervello perde il controllo e sta per mettere le mani addosso al Signor Cuore.

Signor Cuore: “Ecco lo vedi?!? Il Signorino “so-tutto-io” non è nemmeno in grado di argomentare un pensiero e passa subito alle mani …”

Si sente un tuono fragoroso. La Signora Felicità si alza, con aria impettita e autorevole.

Signora Felicità: “Ora basta! Sono stufa dei vostri modi! Tutti uguali, voi Cuori e Cervelli! Non sapete andare d’accordo, questo è il problema”.

Signor Cuore e Signor Cervello all’unisono: “Ma come sarebbe …”.

Signora Felicità: “Io posso aiutare il bambino solo se voi iniziate ad andare d’accordo. Ma insomma, ve lo diciamo sin dall’antichità. Cuore e Cervello si devono prendere per mano e camminare insieme”.

Signor Cuore e Signor Cervello titubanti: “E … E poi?!?”

Signora Felicità (piroettando su se stessa, raggiante): “E poi il cucciolo fiorirà, starà bene, troverà la sua strada!”

Signor Cuore e Signor Cervello: “Ma come? Com’è possibile?!? Abbiamo sempre diviso le nostre attività, non puoi chiederci questo”.

Signora Felicità: “Il segreto del benessere, per gli umani ma (credo), per tutti gli abitanti dell’universo, è vivere in equilibrio, tra cuore e cervello, tra emozioni e pensieri. Ve lo dico per l’ultima volta: dovete imparare ad andare d’accordo”.

Signor Cuore e Signor Cervello, un po’ perplessi: “Puoi aiutarci?”

Signora Felicità: “Ma certo, sono qui per questo! Prima però, voglio un te con i pasticcini!”

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Poesie e filastrocche sulla danza

Scoprite tante poesie e filastrocche sulla danza.

Poesie sulla danza

Balla bella ballerina

Testo di: Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Balla bella ballerina,
dalla sera alla mattina,
sulle punte dei piedini
voli lieve tra i bambini
piroettando per il mondo
porti tutti in girotondo
tanti suoni tra le dita
è un po’ strano, ma è vita.

Filastrocca della danza

Testo di: Margherita Bufi

Filastrocca della danza
dai, balliamo nella stanza,
volteggiamo su e giù
fino a non farcela più.
Inventiam coreografie
ma niente fotografie.
Divertiamoci da matti,
io e te, e pure i gatti.
La musica trasporta,
chissà dove ci porta!
Liberi dai pensieri
leggeri più di ieri
danziamo a più non posso
vediamo tutto mosso…
È proprio una magia,
abbiam tanta energia,
ci sentiamo in gran forma.
Vuoi seguir la nostra orma?

Danza

Testo di: Antonella Berti

Questa mattina, dal mio balcone
entra una musica che agitazione!
I piedi partono per conto loro
strisciano, battono,
corrono, saltano
però, che bravo da quando? Lo ignoro!
Sposto le sedie per farmi più spazio
all’improvviso s’intrufola Orazio
abbaia, mugola, salta, che strazio!
schianto di vetri, sul pavimento
rotta la lampada devo stare più attento!
però continuo con gioia a danzare
muovo le braccia e comincio a ruotare
gira, rigira, rigira ancora
wow, che stupenda fonte sonora,
mi lascio prendere da mille emozioni
che mi fan muovere senza restrizioni
gira, rigira, giratevi sempre
hip pop, classica, danza del ventre
ballate liberi senza problemi,
danze studiate o senza schemi
solo le danze ed i girotondi
rendono gli uomini più allegri e giocondi!

La danzatrice

Testo di: Khalil Gibran

Per un giorno, la corte del principe invita una danzatrice
accompagnata dai suoi musicisti.
Ella fu presentata alla corte,
poi danza davanti al principe
al suono del liuto, del flauto e della chitarra.
Ella danza la danza delle stelle e quella dell’universo;
poi ella danza la danza dei fiori che vorticano nel vento.
E il principe ne rimane affascinato.
Egli la prega di avvicinarsi.
Ella si dirige allora verso il trono
e s’inchina davanti a lui.
E il principe domanda:
“Bella donna, figlia della grazia e della gioia, da dove viene la tua arte?
Come puoi tu dominare la terra a l’aria nei tuoi passi,
l’acqua e il fuoco nel tuo ritmo?”
La danzatrice s’inchina di nuovo davanti al principe e dice:
“Vostra Altezza, io non saprei rispondervi,
ma so che:
L’Anima del filosofo veglia nella sua testa.
L’anima del poeta vola nel suo cuore.
L’Anima del cantante vibra nella sua gola.
Ma l’anima della danzatrice vive in tutto il suo corpo.”

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Solo chi sa ascoltare gli altri è capace di ascoltare se stesso

Comunicare meglio ci può aiutare a raggiungere i nostri obiettivi e ad approfondire le nostre relazioni. E diventare buoni ascoltatori ci insegna ad ascoltare noi stessi. Di seguito troverete tre spunti di riflessione sulla comunicazione e sull’ascolto, con un approfondimento sul potere della parola giusta, il potere della domanda giusta e l’atto di divulgazione autentico. Questi spunti provengono dal percorso Positive Links Speaker Series, curato dal Centro per le Organizzazioni Positive dell’Università del Michigan.

1. Il potere della parola giusta

Nella mente della maggior parte delle persone, la comunicazione è una modalità di trasmissione: hai un’idea da inviare, e una volta inviato il messaggio, hai raggiunto l’obiettivo della comunicazione. Ma la comunicazione è più che trasmissione; è anche creazione. Crea esperienze e costruisce relazioni. Se togliamo la comunicazione, togliamo la relazione. In effetti, quando comunichi, stai facendo un lavoro di relazione. Ti stai confrontando con la diversità, stai scoprendo prospettive differenti. Per mettere in pratica questo spunto di riflessione, prova ad avviare un contatto con tre persone che non conosci molto bene, ma che fanno parte della tua cerchia di conoscenze. Salutali, chiedi loro come va, prenditi un po’ di tempo per connetterti con loro. Così facendo, nel tempo, sarai in grado di creare connessioni più profonde con le persone intorno a te e ad espandere la tua rete di influenza.

2. Il potere della domanda giusta

Quando facciamo domande, stiamo letteralmente andando in missione. Ci stiamo mettendo nella condizione di scoprire di più, di imparare da una posizione di umiltà e curiosità. Un modo per migliorare la comunicazione è imparare a capovolgere le domande da chiuse ad aperte. Un modo per migliorare la comunicazione è imparare a capovolgere le domande da chiuse ad aperte. Ecco un esempio di domanda chiusa: “Ti piace il blu o il giallo?” Le domande aperte, invece, tendono ad espandersi e danno libertà alle persone di decidere cosa condividere e cosa non condividere, come “Raccontami alcune delle tue esperienze preferite nella tua vita” o “Quali conversazioni ti hanno influenzato?”.

3. L’atto di divulgazione autentico

Una verità importante sulla comunicazione è che la connessione e la vicinanza che sentiamo con gli altri non è uno stato a cui possiamo aggrapparci; è qualcosa che facciamo. Il modo con cui costruiamo questo senso di amore e collegialità è attraverso “l’atto di divulgazione”: rivelare cosa pensiamo, come ci sentiamo e chi siamo, in modo autentico. Non tutto ciò che raccontiamo di noi ha la stessa funzione, ma ci alcuni elementi ricorrenti in una comunicazione autentica. In primo luogo, ci deve essere congruenza tra ciò che sentiamo all’interno e quello che sta accadendo all’esterno. Deve essere una comunicazione veritiera, onesta e personale, che riflette ciò che pensiamo e ciò che apprezziamo. Deve avere integrità e, cosa ancora più importante, deve essere umana. Più la tua esperienza si riflette negli altri attraverso la nostra umanità comune, più è probabile entrare in empatia con altre persone quando si parla.

Due favole sul potere dell’ascolto:

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Il mito di Iris

Il mito di Iris

Testo di: Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Una mattina Iris, la piccola dea vestita di rugiada, salì sull’Olimpo e fece una scenata a Hermes, suo collega.

«Mi sono proprio stancata: tu porti agli uomini le buone notizie e a me toccano solo quelle funeste. Mi rifiuto di continuare così: mi licenzio. Arrivederci, e buon lavoro.»

Iris lasciò ad Hermes lo scettro dorato e le ali che usava per lavorare e tornò a casa.

Ma Hermes non aveva nessuna intenzione di recapitare cattive notizie e sul momento non fece caso a quel licenziamento. Così mise gli attrezzi di Iris dentro uno scatolone e continuò a svolgere il suo lavoro.

Sulla Terra, invece, le cose cambiarono eccome. I morti smisero di morire. Gli ammalati di ammalarsi. Gli affamati di avere fame. Gli assetati di avere sete. Nessuno consegnò più le bollette da pagare e gli ambasciatori si rifiutarono di recapitare le dichiarazioni di guerra.

Dopo qualche tempo, un corteo di uomini salì sull’Olimpo e chiese di parlare con Hermes, che li ricevette nel suo ufficio.

«Come posso aiutarvi?» domandò loro.

«Fino alla scorsa settimana io ero un becchino» disse il primo della fila. «Ma adesso la gente non muore più e non c’è nessuno da seppellire».

Ad Hermes tornò in mente la scenata di Iris e liquidò il becchino con poche parole.

«Diventa un medico e cura i malati».

Ma il secondo della fila lo interruppe

«Io sono un medico. O meglio, lo ero, perché nessuno si ammala più e anche io sono senza lavoro».

«Se non ci sono più morti e malati» esclamò Hermes, fate i contadini».

Ma il terzo della fila era proprio un contadino, che disse tra mille sospiri:

«Magari; nessuno ha più fame e noi contadini non sappiamo a chi vendere frutta e verdura».

Poi fu il turno degli impiegati: nessuno pagava più le fatture e loro non avevano numeri da registrare.
Dei banchieri, disoccupati perché tutti avevano soldi a sufficienza.
Dei vigili e dei carabinieri, perché non c’erano più delinquenti.
Dei ferrovieri, perché nessuno andava più al lavoro (che brutto, essere pendolari!).
E così via: la fila arrivava fino alle pendici del monte Olimpo.

Tutti gli uomini erano senza lavoro, perché non c’era più bisogno di aiuto e non serviva più niente a nessuno.

«Suvvia! Se non avete un lavoro, andate a divertirvi», sbuffò Hermes, scacciandoli.

Ma siccome gli uomini non si annoiavano, a nessuno veniva in mente di divertirsi.

Il corteo provò a fare una rivoluzione, ma siccome non si poteva dare la brutta notizia della ribellione, la rivoluzione finì ancor prima di cominciare.

Gli uomini erano diventati come… sassi.

Anche Iris si accorse che le cose non andavano per il verso giusto e capì che le brutte notizie sono necessarie tanto quanto le buone.

Così tornò da Hermes, riprese le ali e lo scettro e tornò subito al lavoro.

«In cambio però, ti chiedo qualcosa di bello. Fa’ che gli uomini non si ricordino di me solo per le brutte notizie che porto».
Anche Hermes capì di aver sbagliato con lei e per farsi perdonare regalò alla collega il più bello dei simboli terrestri: l’arcobaleno.

Da allora, Iris è la dea dell’arcobaleno e delle notizie funeste.

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Favole sagge

Le favole sagge sono storie brevi per trasmettere ai bambini i pilastri dell’educazione positiva attraverso i linguaggi più adatto a loro: quello della fiaba e quello dell’esempio.

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Poesie e filastrocche sui libri

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Poesie sui libri

IL LEGGIVIAGGIO
Alessia de Falco e Matteo Princivalle
Tu mi dici:
impara in fretta,
che la scuola
è lì che aspetta.
Io rispondo:
leggi piano!
Godi il tempo
e vai lontano.
Ora incalzi,
mio furbetto,
se non studi
è un trabocchetto.
Io ti dico
non mi importa!
Quel che conta
è aprir la porta
e tuffarsi
in nuovi viaggi:
avventure,
non miraggi;
sognar forte
libri in mano
e non serve
un aereoplano.
Perché questo
è la lettura
scoprir cose,
senza paura.
Viver vite,
non una sola:
girare il mondo
in una parola.

Filastrocca del libro

Testo di: Margherita Bufi

Filastrocca del libro
leggi tu che leggo io
leggi forte leggi piano
a voce alta tutto d’un fiato.
Leggi assai leggi bene
allevierai le tue pene
leggi spesso leggi tanto
vedrai sarà un bel vanto.
Leggi a scuola leggi a casa
in treno, in bus, senza pausa.
Grande, medio, piccolino,
librone o libriccino
bianco e nero o colorato
quadrato, tondo o cartonato
con o senza segnalibro
io ti divoro libro.
E solo quando t’avrò terminato
mi sentirò felice e soddisfatto.

Il libro

Testo di: Antonella Berti

Ti tocco, ti apro, ti sfoglio
ti leggo quando voglio.
ti annuso, ti osservo, ti gusto
ti trovo sempre un posto.
Ti accartoccio, ti piego, ti rovino
ma, poi, ti voglio sempre a me vicino!

Nel mio angolino caro
con mamma e con papà
mi fai librare libero lassù
dove il reale non esiste più,
ma solo tanti sogni e fantasie
che tutte in una volta faccio mie.

Grazie di cuore a chi ti ha inventato
donandoci, anche se tra quattro mura,
un cielo, un mare, un castello incantato
e m’immergo con piacer nella lettura
senza ansia, rabbia o ancora paura.

Uno strano oggetto

Testo di: Germana Bruno

Ma cos’è mai quest’oggetto strano
che non s’illumina, non suona se lo tengo in mano?
Fogli di carta senza colore,
uno sull’altro pieni di parole.
Non ci son tasti, non so che fare:
dove si accende per iniziare?
Leggo un po’ e magari, chissà,
qualche istruzione poi mi darà.
Una parola un’altra ne tira,
non riesco a fermarmi, mi prende, mi attira,
poi, tutto ad un tratto, non sono dov’ero
ma al punto opposto del planisfero.
Vivo avventure fantastiche e nuove,
attraverso paesaggi e mi ritrovo non so dove.
Mi sento coinvolto in prima persona,
in un gioco, in un viaggio ma sono in poltrona.
Questo strano oggetto pieno di parole,
mi ha conquistato la mente ed il cuore.
Non suona, non luccica come il mio videogioco,
ma alla fantasia dà libero sfogo.
L’ho letto d’un fiato, il libro è finito,
ho fatto un bel viaggio… mi son divertito!

TORNA A:

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