Blog

Verbi impersonali

In questa sezione troverete le regole grammaticali sui verbi impersonali e le schede didattiche per i bambini della scuola primaria.

LEGGETE ANCHE: Forma attiva e passiva del verboAnalisi grammaticale del nome

I verbi impersonali

Grammatica

I verbi impersonali sono verbi che si utilizzano alla terza persona singolare ma che non hanno un soggetto. A differenza dei verbi con soggetto sottinteso, in cui il soggetto è presente ma non viene espresso, i verbi impersonali mancano di un soggetto logico che compie l’azione.

Elenco di verbi impersonali

Vengono utilizzati in modo impersonale:

  1. Tutti i verbi atmosferici (piove, nevica, tuona, grandina, etc.). Ricordate che i verbi atmosferici accettano sia la forma con è (è piovuto) che quella con ha (ha piovuto).
  2. Il verbo essere seguito da un aggettivo o un avverbio (è bene, è opportuno, è da un anno, etc.)
  3. Verbi passivi che indicano permesso o divieto (è vietato, è permesso, è obbligatorio, etc.)
  4. I verbi sembrare, accadere, succedere quando manca un soggetto (sembra che, è successo che, accadde che, etc.)

Esempi

Negli esempi seguenti il verbo impersonale è evidenziato in grassetto.

  1. Oggi piove.
  2. È vietato attraversare la strada quando il semaforo è rosso.
  3. Sembra che stia per piovere.
  4. È bene finire i compiti prima di accendere la tv.
  5. È successo un fatto straordinario: ha nevicato, nonostante fosse giugno.
  6. È possibile che questa sera torni a casa più tardi del solito: il capo mi ha assegnato un lavoro urgente.
  7. Quando nevica è meglio non usare l’automobile se non è strettamente necessario.
  8. Ha grandinato a lungo: è opportuno controllare che i fiori non siano stati danneggiati.
  9. Non possiamo entrare con Poldo: è vietato l’ingresso agli animali.
  10. È da una vita che non ci vediamo!

Schede didattiche

Cliccate sulle schede didattiche per stamparle. Se volete incollarle sul quaderno, ritagliate lungo i margini tratteggiati.

scheda didattica di esercizi sui verbi impersonali

Per approfondire

Verbi impersonali, su: treccani.it

State cercando materiali didattici completi e pronti all’uso per arricchire le vostre lezioni? Nel nostro shop su eduki.com potete trovare tante unità didattiche premium studiate per semplificarvi il lavoro e coinvolgere gli studenti.

Dalle parole alla frase
Lezioni di scienze illustrate
Lettura e comprensione

Ogni pacchetto include:

  • Presentazioni interattive per LIM
  • Testi da copiare sul quaderno
  • Schede didattiche
  • Attività ludiche e creative come lapbook e crucipuzzle

Schede di italiano:
🔴 Italiano – Classe prima
🟠 Italiano – Classe seconda
🟡 Italiano – Classe terza
🟢 Italiano – Classe quarta
🔵 Italiano – Classe quinta
↩️ Italiano – Tutte le schede

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Poesie sull’Universo e sullo spazio

Scoprite tante poesie sull’Universo e sullo spazio in questa sezione di poesie.

LEGGETE ANCHE: Poesie sulla Terra – Poesie sulla primavera –  Poesie sugli alberi

poesie sull'universo e sullo spazio

Poesie sull’Universo e sullo spazio

Filastrocca dello spazio

Testo di: Margherita Bufi
Filastrocca dello spazio
ci si arriva come un razzo
con la grande astronave
per scoprir le stelle nane.
Via nell’orbita spaziale
in un buio abissale
alla volta dei pianeti
come fossimo poeti.
È un incanto l’universo!
Sole, luna e comete,
asteroidi ne vedrete…
Chi mi lancia nello spazio
per provare l’allunaggio?

Per la Luna

Testo di: Tecla Frattini
Per la Luna nella stanza,
Per la Luna che mi parla,
Per la Luna la mia amica,
che quando è piena
mi guarda con i suoi occhini profondi e scuri
e mi dice:
“Fai la nanna piccola Beatrice!”

Ho la febbre e penso a Mercurio

Testo di: Luigi Finucci
Quando ho la febbre e sto male
e la temperatura del corpo sale
dentro al termometro trovo qualcosa
c’è Mercurio! Ma che strana cosa,
del sistema solare il primo pianeta
ecco! sarà la mia prima meta
come una stella, nel cielo lucente
così vicino al Sole ardente.
“Come sono strani gli adulti” penso
il mondo, a volte, non ha proprio senso
paragonare un liquido nero
ad un pianeta così vero
non basta credere alla scienza
a volte bisogna cedere all’evidenza
che la fantasia non è sempre una bugia
ma solo una realtà con un po’ di magia.

TORNA A:

Tag: poesie sull’universo, poesie sullo spazio

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

La leggenda della camelia

Questo racconto fa parte delle raccolte “Fiabe dal mondo” e “Storie di primavera“.

LEGGETE ANCHE: La leggenda delle margheriteLa tartaruga parlante

La leggenda della camelia

Leggenda giapponese. Testo (a cura di): Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Tanto tempo fa, il dio del vento e delle piogge Susanoo fu esiliato sulla Terra; egli infatti aveva mancato di rispetto a sua sorella Amaterasu, allagando e distruggendo i campi che la dea aveva costruito per sfamare gli uomini. La dea, per vendicarsi, aveva fatto calare l’oscurità sul mondo intero e per gli altri dei non fu affatto semplice placare l’ira di Amaterasu. Ci riuscirono soltanto a una condizione: quella di cacciare Susanoo.

Il dio comprese il suo errore e giurò che da quel momento in avanti avrebbe impiegato tutte le sue forze per difendere gli uomini e permettere al bene di trionfare. Poco dopo, mentre attraversava la regione di Izumo, una coppia di anziani lo supplicò in ginocchio di aiutarli: “Aiutaci straniero! Il terribile Orochi sta per divorare anche l’ultima delle nostre figlie; le altre sette ormai le ha già uccise sette e nel villaggio non è rimasta nemmeno una ragazza”.

Orochi era un serpente mostruoso: aveva otto code e otto teste, e i suoi occhi sono rossi come il fuoco e il suo ventre era coperto di fiamme e sangue bollente. Orochi, da molto tempo minacciava gli abitanti di Izumo: se non gli avessero consegnato ogni mese una ragazza da divorare, lui avrebbe distrutto ogni cosa.

Quando sentì questa storia Susanoo decise di aiutare i due anziani: li seguì fino al loro villaggio ed escogitò un piano per salvare la loro figlia, la bella Kushinada. Per cominciare il dio trasformò la fanciulla in un pettine, in modo che il serpente non potesse vederla né sentire il suo profumo. Poi mise davanti alla porta di casa della ragazza otto barili, pieni di sakè (il vino giapponese).

L’indomani, Orochi arrivò alle prime luci dell’alba. Susanoo si era nascosto dentro un cespuglio e l’anziano padre di Kushinada offrì il sakè al serpente. Gli disse: “Prima che tu prenda mia figlia, accetta questo dono. È il mio sakè migliore ed è tutto per te, grande e potente Orochi”.

Il serpente tuffò una delle sue teste in un barile e bevve tutto d’un fiato. Il vino era così buono che anche le altre sette teste vollero berlo e si tuffarono ognuna in un barile.

Subito dopo, il serpente cadde a terra ubriaco e si addormentò. Fu allora che Susanoo uscì dal suo nascondiglio, sguainò la sua spada e tagliò le teste una dopo l’altra, poi tagliò anche le code. Orochi fu sconfitto e dove erano cadute le gocce del suo sangue crebbero delle piante che nessuno aveva mai visto prima. Erano le camelie, chiamate anche “rose del Giappone”: i loro fiori erano bellissimi e dentro ciascuno di essi era racchiuso lo spirito di una delle fanciulle divorate dal mostro.

la leggenda della camelia

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

La leggenda del biancospino

Questo racconto fa parte della raccolta “Storie di primavera“.

LEGGETE ANCHE: Storie di Pasqua per bambini – Storie di fate

La leggenda del biancospino

Testo (a cura di): Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Si dice che nell’antichità il biancospino non avesse fiori, ma solo spine. Gli uomini lo trattavano con disprezzo e quando, per errore, si poggiavano su uno dei suoi rami, lo maledicevano con rabbia.  I cespugli di biancospino venivano piantati lungo i confini degli orti e dei campi, come recinti di filo spinato. Sembrava che dicessero: “Altolà! Andate via”. Le povere piante si erano ormai rassegnate al loro destino, ma nel profondo della loro corteccia avrebbero tanto desiderato una sorte diversa.

Un giorno una donna costeggiò una siepe di biancospini, reggendo in braccio il suo bambino. Il cielo imbruniva ed era quasi notte; i viaggiatori sapevano che non era saggio intrattenersi per strada dopo il tramonto, ma quella famiglia fuggiva da un destino ben peggiore del buio: il sovrano del loro paese aveva ordinato di uccidere tutti i bambini maschi, per evitare che uno di loro potesse, un giorno, rubargli il trono.

Esausta, la donna decise di fermarsi a riposare lungo la strada e scelse come rifugio proprio un cespuglio di biancospino: era abbastanza ampio da formare un piccolo rifugio al suo interno e le spine l’avrebbero protetta dagli animali. La donna stese la sua stuoia per terra, appese le fasce del suo bambino ad un ramo, ringraziò il biancospino per averle offerto un rifugio sicuro e poi si addormentò, mentre suo marito faceva la guardia di fuori.

La mattina seguente, al suo risveglio, il cespuglio di biancospino era molto diverso: i rami erano carichi di fiori bianchi come il latte, proprio come le fasce del suo bambino. Maria, questo era il nome della donna, sollevò il suo bambino, Gesù, e riprese il suo cammino mentre i gli arbusti fiorivano intorno a loro.

Quella notte il destino dei biancospini è cambiato per sempre. Da allora gli uomini li piantano nei giardini perché proteggano le loro case dal male e spargono i loro fiori durante le feste.

la leggenda del biancospino

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Il mito del mandorlo

Questo racconto fa parte dei nostri miti per bambini.

LEGGETE ANCHE: Storie di fate – I racconti del Bruco Mangianoia – Racconti di Primavera

Il mito del mandorlo

Testo (a cura di): Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Era primavera e, come ogni anno, tutti i fiori e gli arbusti fiorivano generosamente, portando colori e profumi in quell’angolo di verde dove il tempo sembrava essersi fermato.
Solo una pianta legnosa e solitaria non mostrava nemmeno una piccola gemma: era così da anni, tanto che il contadino, stufo di vedere quell’ammasso rinsecchito, aveva deciso di disfarsene.
Fu così che una mattina si armò di accetta, pronto ad infierire sul povero alberello.
Stava per sferzare il primo colpo (e forse anche l’unico, visto quanto era esile il tronco), quando un coro di voci si mise ad urlare all’unisono: “Ehi, ma che fai? Sarai mica diventato matto? Quella è la principessa Fillide, come osi abbatterla?”.
Il contadino rimase doppiamente sorpreso: innanzitutto perché a parlare erano stati i narcisi che aveva piantato vicino all’arbusto e poi perché non immaginava di avere una principessa in giardino. Ad ogni modo, poiché spesso la realtà supera di gran lunga la fantasia, non si crucciò più di tanto e si scusò con i narcisi ed il mandorlo.
“Vogliate scusarmi” esordì timidamente “ma non sapevo né che le piante parlassero, né che gli alberi avessero sangue nobile. Ma perché Sua Altezza non fiorisce?”.
Dal mandorlo non ottenne risposta (“che principessa altezzosa”, pensò il contadino).
In compenso i narcisi erano molto loquaci: “Devi sapere che Fillide era innamorata di Acamante, un guerriero greco partito per la guerra di Troia. Dopo averlo atteso invano un decennio, la principessa Fillide si lasciò morire. La dea Atena, impietosita, la trasformò in un mandorlo. Quando Acamante tornò in patria e ritrovò la sua amata, ormai divenuta albero, la abbracciò. Da quell’abbraccio spuntarono migliaia di fiori bianchi”. Da quel giorno, ogni primavera, il guerriero tornava ad abbracciare il mandorlo. Fillide rispondeva a quell’abbraccio riempiendo i suoi rami di migliaia di fiorellini bianchi. Accadde per molti, moltissimi anni. Ma da qualche primavera, Acamante aveva smesso di presentarsi ed abbracciarla. Fillide lo aspettava, di anno in anno più triste, sospettando che ormai il tempo mortale dell’amato fosse ormai finito. Per questo motivo, aveva smesso di fiorire.
“Ho capito” disse commosso il contadino “qui ci troviamo di fronte a problemi sentimentali di un certo livello”. Si sedette accanto al mandorlo: “Fillide, non so se puoi o vuoi ascoltarmi. Sono un sempliciotto e non so molte cose. Ma di una sono certo: tutto ciò che abbiamo nel nostro cuore resterà sempre con noi. Chi ci ama davvero, lo farà per sempre. Fiorisci ora, mostra la tua bellezza al mondo. Il tuo cuore non è di cristallo come le mie vecchie ossa”. Fu allora che accadde la magia: il mandorlo si riempì di fiori bianchi come la neve. Fillide aveva sentito le parole del contadino. Non sapeva se e quando avrebbe rivisto Acamante, ma non le importava. Sapeva che, prima o poi, si sarebbero incontrati di nuovo.

il mito del mandorlo

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.

Come fece la Luna a diventar bella

Questo racconto fa parte della raccolta Fiabe dal mondo.

LEGGETE ANCHE: Miti per bambini

Come fece la Luna a diventar bella

Leggenda cinese. Testo (a cura di): Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Il volto della Luna è bello e luminoso e dona la sua luce delicata al mondo intero Ma c’è stato un tempo in cui non era com’è ora. Seimila anni fa, il volto della Luna era così scuro e cupo che a nessuno piaceva guardarla e lei era sempre triste. Un giorno si lamentò con i fiori e le stelle. Disse loro: «Non mi piace essere la Luna. Vorrei essere una stella o un fiore. Se fossi una stella, anche la più piccola, gli astronomi si prenderebbero cura di me; ma ahimè! Io sono solo la Luna e non piaccio a nessuno. Se solo potessi essere un fiore e crescere in un giardino dove arrivano le belle ragazze, mi metterebbero nei loro capelli e loderebbero la mia fragranza e la mia bellezza. Oppure, se potessi crescere nel deserto dove nessuno mi può vedere, gli uccelli verrebbero sicuramente a cantare canzoni dolci per me. Ma io sono solo la Luna e nessuno mi onora».

Le stelle risposero e dissero: «Non possiamo aiutarti. Siamo nati qui e non possiamo lasciare i nostri posti. Non abbiamo mai avuto nessuno che ci aiutasse. Facciamo il nostro dovere, lavoriamo tutto il giorno e brilliamo nella notte buia per rendere il cielo più bello. Ma questo è tutto ciò che possiamo fare», aggiunsero, mentre sorridevano freddamente alla Luna triste.

Allora i fiori sorrisero dolcemente e dissero: «Non sappiamo come aiutarti. Viviamo sempre in un unico luogo, in un giardino vicino alla fanciulla più bella del mondo. Dato che è gentile con tutti quelli che sono nei guai, le parleremo di te. La amiamo molto e anche lei ci ama. Si chiama Tseh-n’io». La Luna era ancora triste. Così una sera andò a vedere la bellissima fanciulla Tseh-n’ io e appena la vide, si innamorò di lei.

Disse: «Il tuo viso è molto bello. Vorrei che venissi da me, e che la mia faccia diventasse come la tua faccia. I tuoi movimenti sono gentili e pieni di grazia. Dimmi, come hai fatto ad essere così bella?»

«Ho sempre vissuto con coloro che erano gentili e felici, e credo che questa sia la causa della bellezza e della bontà», rispose Tseh-n’ io. Da quel giorno la Luna andò a trovare la fanciulla ogni notte; bussava alla sua finestra e lei si affacciava.

Un giorno Tseh-n’io disse a sua madre: «Vorrei andare sulla Luna e vivere per sempre con lei. Mi permetti di andare?»

Sua madre non rispose, così Tseh-n’io disse ai suoi amici che sarebbe diventata la sposa della Luna e dopo qualche giorno partì. Sua madre la cercò dappertutto, ma non riusciva a trovarla. Fu uno degli amici di Tseh-n’ io disse: «È andata con la Luna».

Passò un anno e Tseh-n’io non tornò. Poi la gente disse: «Non tornerà più. Ormai lei è lassù, con la Luna».

Da allora il volto della Luna è bello e luminoso e dona la sua luce delicata al mondo intero. Alcuni dicono che la Luna sia diventata come Tseh-n’io, che una volta era la più bella di tutte le fanciulle terrestri.

come fece la luna a diventar bella

Non avete trovato il contenuto che stavate cercando? Chiedetecelo: ogni mese realizziamo i materiali più richiesti dai lettori! Ecco il modulo per le nuove richieste: Chiedi un contenuto.

Iscrivetevi alla Newsletter o al canale Telegram per ricevere gli ultimi aggiornamenti dal sito.