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Il libraio che regala un libro ai bambini che spengono lo smartphone per un’ora

Sabino Scianatico, storico libraio di Bari, ha approfittato della fine dell’anno scolastico per lanciare un’iniziativa destinata a far parlare di sé. Infatti, ha invitato i giovani lettori a rinunciare a un’ora al giorno di smartphone, in cambio di un libro in omaggio. L’iniziativa ha riscosso un buon successo, veicolata anche dalle scuole; così, a giugno la libreria Barium si è popolata di giovanissimi a caccia del proprio testo in omaggio.
L’idea di questo libraio nasce dalla convinzione che i giovani non siano lettori “deboli”: al contrario, sono incredibilmente ricettivi; tuttavia, hanno bisogno di essere stimolati intellettualmente, di essere guidati alla scoperta delle avventure che si nascondo dietro ogni libro e dell’universo parallelo che si nasconde dietro i vetri delle librerie.
È necessario catturare la loro attenzione, il loro interesse. Se vogliamo che leggano, dobbiamo persuaderli – con argomenti buoni e veraci – del fatto che la lettura possa essere interessante almeno quanto il loro telefonino, se non di più. La tecnologia è abile nel catturare l’interesse dei più piccoli; noi dobbiamo fare lo stesso.

In questa missione, il ruolo del libraio è fondamentale: si tratta di una sorta di guida letteraria, capace di stimolare la curiosità dei suoi clienti – più o meno giovani – grazie al proprio patrimonio culturale e alla propria conoscenza dei testi. Negli ultimi decenni, complici le trasformazioni economiche che hanno portato alla nascita delle grandi catene commerciali librarie, questo ruolo è venuto meno, col risultato di un indebolimento generale della lettura. La libreria Barium, per fare un esempio, è specializzata nella ricerca di testi antichi, con un catalogo di oltre 18.000 titoli: un patrimonio immenso, che merita di essere tramandato e che, certamente, troverà dei cultori tra i giovani invitati ad entrare dal libraio.

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SecchielloStop: l’iniziativa per educare i bambini al rispetto degli animali marini

Nel 2016 il Lions Club di Diano Marina ha lanciato la campagna #SecchielloStop, per sensibilizzare i genitori sull’importanza di insegnare ai propri figli a non raccogliere nei secchielli gli animali marini.
Raccogliere granchi, paguri e piccoli molluschi non è una forma di divertimento: è una piccola grande mancanza di rispetto verso il mare e le sue creature, che perderanno inevitabilmente la vita. I bambini non lo sanno, ma noi grandi sì: abbiamo il dovere di spiegare che, giocando, rischiano di uccidere i piccoli abitanti del mare e di proporre qualcuna delle tante alternative (giocare con la sabbia è la più semplice e spontanea).

Spiega la biologa Monica Previati: «Tutti, quando eravamo piccoli abbiamo preso un granchio con il retino oppure staccato una patella dal suo scoglio o sotterrato una medusa pensando fosse stata proprio quella ad averci punto. Lo abbiamo fatto noi e ora lo facciamo fare ai nostri figli, pensando che sia divertente per loro e che, soprattutto, non abbia conseguenze sull’ambiente. Invece ci sbagliamo; questo nostro comportamento ha conseguenze molto gravi ed è principalmente una questione di numeri. Proviamo a fare qualche esempio. Patella ferruginea è un mollusco, a oggi il principale invertebrato marino a rischio di estinzione e per questo uno dei più protetti dalla legislazione comunitaria e internazionale. La sua sfortuna è stata quella di essere la più grande patella del Mediterraneo, con un diametro che può arrivare fino a 8 cm e per questo raccolta indiscriminata a scopo alimentare, collezionistico o come esca per la pesca. Il prelievo degli individui più grandi, che sono femmine adulte sulla cui conchiglia di frequente vivono i piccoli (che quindi vengono uccisi con la raccolta della madre), ha aggravato drammaticamente i risultati negativi di una raccolta eccessiva e incontrollata. Ma gli esempi sono molti altri: dal dattero di mare ai cavallucci marini, tutti animali un tempo comuni e oggi a rischio di estinzione perché commestibili o semplicemente perché belli da collezionare. Il problema sta quindi nei numeri: se tutti i bambini e i ragazzi e gli adulti, che ogni estate trascorrono le vacanze lungo le coste italiane, prendessero anche solo un piccolo animale al giorno, centinaia di migliaia di esemplari verrebbero uccisi per niente, solo per poter far trascorrere mezz’ora di gioco ai nostri figli e di relax a noi. Prendere un granchio o una stella marina (quando si trovano) e metterli nel secchiello equivale a una loro morte certa».

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La lettera di gratitudine

La lettera di gratitudine
Prova a pensare all’ultima volta che una persona che conosci bene ti ha fatto un favore, per il quale non le hai espresso la tua gratitudine. Fatto? Nella frenesia delle nostre vite è facile dimenticarsi di essere grati agli altri.
Ti piacerebbe stare meglio e far entrare le emozioni positive nella tua giornata e nella tua vita? Non dovrai fare altro che scrivere una lettera di gratitudine, indirizzata alla persona che hai individuato attraverso la domanda in apertura; non dovrai scrivere un tema lungo: 300 parole sono più che sufficienti. Fin qui l’esercizio è piuttosto semplice. Dopo aver scritto una bella lettera, dovrai consegnarla personalmente al destinatario; perché l’efficacia dell’esercizio sia massima, dovresti leggerla.

Interventi positivi per educarci al benessere
L’esercizio della lettera può sembrare banale; al contrario, si tratta di un intervento scientifico, la cui efficacia è stata dimostrata da test svolti su migliaia di persone. Esprimere la propria gratitudine agli altri presenta due effetti benefici: il primo è quello di attivare emozioni positive (uno degli elementi chiave per il benessere); l’altro è quello di costruire buone relazioni sociali. Le lettere di gratitudine – magari in forma ridotta da 50, 100 e 200 parole – sono un ottimo esercizio anche per i più piccoli. Chiedete loro di pensare ad una persona che vorrebbero ringraziare e di scriverle una breve lettera nella quale esprimono la loro gratitudine: la scrittura creativa incontrerà la crescita personale.

PER EDUCARE CON LE FAVOLE:

Per aiutare i più piccoli a riconoscere le emozioni e a coltivare le buone pratiche che ci fanno stare meglio abbiamo scritto la raccolta di racconti “Cuorfolletto e i suoi amici”.

libri cuorfolletto e i suoi amici

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I bambini hanno diritto ad avere paura

Chi ha paura del buio? La maggior parte dei bambini ha delle paure che fanno sorridere gli adulti. La paura del buio è un classico esempio.
Eppure, migliaia di anni fa, se un bambino si fosse avventurato al buio a colpo sicuro, con tutta probabilità sarebbe finito in pasto a qualche animale. Allontanarsi dal fuoco che rischiarava le grotte e le capanne, lasciare la luce per l’oscurità, sarebbe stato un gesto pericoloso e – in più di un caso – fatale. Ecco spiegate le origini della paura del buio. In modo simile, gran parte delle paure dei bambini e degli adulti si possono spiegare cercandone l’origine nel corso della nostra storia. Quasi tutte le paure sono intelligenti; infatti, ci spingono ad evitare fonti di pericolo che potrebbero farci male. La paura è una corazza psicologica robusta, sicuramente più forte di quanto lo siano le nostre braccia e le nostre gambe.

Il problema è che, oggi, molte di queste paure, non hanno più alcuna ragione di esistere. Le camerette dei bambini, nonostante il buio, sono estremamente sicure. Anche dormire lontani dai genitori – a differenza della preistoria – non presenta rischi. Questo, però, i bambini non lo sanno. O meglio: possiamo spiegarglielo attraverso la logica, ma il loro cervello emotivo rimarrà permeato da una paura inspiegabile.
Ebbene, i bambini hanno diritto alla paura: hanno diritto di vedere riconosciuto il proprio diritto ad avere paura, senza diventare oggetto di scherno. Apostrofare un bambino perché teme il buio significa convincerlo del fatto che è sbagliato, che vale meno degli altri e che in lui c’è qualcosa che non va.

Questo, d’altro canto, non significa accettare le paure dei bambini e rassegnarsi a vederli diciottenni nel lettone! Assolutamente no; però, dobbiamo comprendere il meccanismo della paura per sconfiggerla. Dobbiamo riconoscere queste paure, far capire ai bambini che hanno la nostra comprensione e poi lavorare sul coraggio, sul rispetto e sul sospetto.
Il sospetto è quella dote che ci spinge oltre la pigrizia: anche se il nostro mondo è molto diverso – e per certi versi meno pericoloso di quello preistorico – il sospetto, inteso come indagine critica della novità, non dovrebbe mai mancare.
Il rispetto è il compagno inseparabile del sospetto: dobbiamo imparare a rispettare tutto ciò che avviene al di fuori di noi, a rispettare l’altro da sé. Anche se individuiamo una fonte di pericolo, non dovrebbe venire meno il rispetto (ad esempio: potrei avere paura delle api, per via del loro pungiglione, eppure rispettarle come esseri degni di vivere al pari mio)!
Infine, il coraggio: educare i bambini al coraggio significa, attraverso il nostro esempio, guidarli ad agire anche in contesti di incertezza e educarli a mettersi in gioco. Ma attenzione: il coraggio non dovrebbe mai trasformarsi in temerarietà.
Accanto al lavoro su questi tre elementi, occorrerà una buona dose di pazienza, amore in quantità e una certa sensibilità, per evitare di far sentire inadeguati i nostri bambini.

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Il Manifesto della comunicazione non ostile, per educare sin da piccoli alla correttezza

Le parole sono macigni, specialmente in rete! Bambini e ragazzi approcciano il mondo del web e la comunicazione online sempre prima, ma senza aver ricevuto una formazione specifica, tale da tutelarli dai rischi della comunicazione. Comunicare, infatti, ci espone ad una serie di piccoli e grandi rischi, dei quali spesso non siamo consapevoli. Possiamo ferire le persone, incrinare una relazione o danneggiare la nostra credibilità e la nostra immagine.
L’Associazione Parole Ostili, nata a Trieste nel 2017, ha pubblicato un Manifesto della comunicazione non ostile, utile proprio come vademecum per ricordare ai ragazzi i principali effetti delle loro parole e per dirigerle in modo costruttivo. Leggiamolo insieme:

MANIFESTO DELLA COMUNICAZIONE NON OSTILE

  1. Virtuale è reale
    Dico e scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
  2. Si è ciò che si comunica
    Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
  3. Le parole danno forma al pensiero
    Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
  4. Prima di parlare bisogna ascoltare
    Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
  5. Le parole sono un ponte
    Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
  6. Le parole hanno conseguenze
    So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
  7. Condividere è una responsabilità
    Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
  8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare
    Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
  9. Gli insulti non sono argomenti
    Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
  10. Anche il silenzio comunica
    Quando la scelta migliore è tacere, taccio.

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I nostri figli non hanno bisogno di genitori perfetti, ma felici

La ricerca della perfezione è controproducente
Come hanno evidenziato David Bayles e Ted Orland nel loro “Art and Fear”, inseguire la perfezione non ci aiuta a fare meglio; al contrario, blocca la nostra creatività e inibisce il nostro coraggio insinuando la paura di fallire, di non essere in grado di raggiungere la perfezione a cui si aspira. Al contrario, chi fa tanto e soprattutto chi sbaglia tanto, solo costoro raggiungono risultati eccellenti. Questo vale anche nella vita genitoriale: è giusto ispirarsi a determinati valori, ma senza timori e condizionamenti. Il “genitore perfetto” non esiste: migliaia di studi scientifici hanno individuato fattori di rischio e fattori protettivi per i bambini, ma nessuno è riuscito a individuare la formula magica del genitore perfetto!

Felicità non significa assenza di problemi
Secondo Zygmunt Bauman la felicità non è l’assenza di problemi – che è impossibile, o quantomeno altamente improbabile – ma la capacità di superarli, fronteggiando le sfide personali con successo. Questa ipotesi è stata confermata da numerosi studi scientifici successivi: l’uomo è un animale votato al “controllo” dell’ambiente. Imparare a superare gli ostacoli produce un profondo senso di autorealizzazione e contribuisce alla costruzione dell’autostima e del senso di autoefficacia.

Non giudicare i genitori 
Uno dei fattori che pesa di più sui giovani genitori è la critica di chi li circonda: nonni, insegnanti (in questo caso vale anche il viceversa, ovvero le critiche dei genitori rivolte agli insegnanti), altri familiari e vicini. I genitori – da sempre – sono sopraffatti dalle critiche! Il timore di ricevere delle critiche, accanto all’impatto psicologico che queste producono su chi le riceve, è controproducente: innesca un circolo di paura, stress e reazioni perlopiù sbagliate volte esclusivamente ad evitare le critiche.
Invece di giudicare i genitori e i loro comportamenti, scegliamo la via dei punti di forza: supportiamoli ed elogiamo ciò che sanno fare bene. È proprio lavorando su questi punti di forza che potremo renderli più forti, più sicuri di sé e più efficaci.

Facciamo nostra la differenza tra felicità e benessere
Cosa significa “genitori felici”? Una delle battaglie scientifiche più importanti condotte negli ultimi vent’anni è quella tesa a definire in termini scientifici il concetto di felicità. Una delle teorie più efficaci e accreditate è quella del benessere (il cosiddetto modello PERMA), che individua cinque dimensioni legate al benessere individuale. Un modello del genere è necessario per superare lo stereotipo secondo cui sono felici le persone che provano sempre emozioni positive (stereotipo tanto ingenuo quanto poco realistico).
Il benessere per un genitore significa sì sperimentare emozioni positive, ma anche trovare attività coinvolgenti, coltivare una rete di relazioni positive, dare un senso alla propria vita e raggiungere i propri obiettivi.

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