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Le stelle d’oro

Le stelle d’oro è un racconto di Natale per grandi e bambini, senza limiti d’età.

Le stelle d’oro

Era rimasta sola al mondo. L’avevano messa sopra una strada dicendole: “Raccomandati al cielo, povera bimba”.
E lei, la piccola orfana, s’era raccomandata al cielo. Aveva giunte le manine, volto gli occhi su, su in alto, e piangendo aveva esclamato: “Stelle d’oro, aiutatemi voi”.
E girava il mondo così, stendendo la manina alla pietà di quelli che erano meno infelici di lei. L’aiutavano tutti, è vero, ma era una povera vita, la sua: una vita randagia, senza affetti e senza conforti.
Un giorno incontrò un povero vecchio cadente; l’orfanella mangiava avidamente un pezzo di pane che una brava donna le aveva appena dato.
“Ho fame” sospirò il vecchio fissando con desiderio infinito il pezzo di pane nelle mani della bimba; “ho tanta fame”.
“Eccovi, nonno, il mio pane, mangiate”.
“E tu?”
“Ne cercherò dell’altro”.
Il vecchio allora la benedisse: “Oh, se le stelle piovessero su te che hai un cuore così generoso”.
Un altro giorno la poverina se ne andava dalla città ala campagna vicina, quando trovò per via una fanciulla che batteva i denti dal freddo; non aveva da ricoprirsi che la pura camicia.
“Hai freddo?” le domandò l’orfanella.
“Sì”, rispose l’altra “ma non ho neppure un vestito”.
“Eccoti il mio: io non lo soffro il freddo, e se anche lo sento, mi rende un po’ meno pigra”.
“Tu sei una stella caduta da lassù; oh se potessi, vorrei… vorrei che tutte le altre stelle ti cadessero in grembo come pioggia d’oro”.
E si divisero.
L’orfanella abbandonata continuò la strada che la conduceva in campagna, presso una capanna dove pensava di riposare la notte, e l’altra corse via felice dell’abitino che la riparava così bene.
La notte cadeva adagio adagio e le stelle del firmamento si accendevano una dopo l’altra come punti d’oro luminosi. L’orfanella le guardava e sorrideva al ricordo dell’augurio del vecchio e di quello uguale della bimba cui aveva regalato generosamente il suo vestito. Aveva freddo anche lei, ora; ma si consolava perché la cascina a cui era diretta non era lontana; già ne aveva riconosciuti i contorni.
“Ah sì!” pensava: “se le stelle piovessero oro su di me ne raccoglierei tanto tanto e farei poi tante case grandi grandi per ospitare i bambini abbandonati. Se le stelle di lassù piovessero oro, vorrei consolare tutti quelli che soffrono; sfamerei gli affamati, vestirei i nudi; mi vestirei” disse guardandosi con un sorriso; “mi vestirei perché, davvero, ho freddo”.
Si sentì nell’aria un canto di voci angeliche, poi il tintinnio armonioso di oro smosso. La bimba guardò in alto: subito cadde in ginocchio e tese la camicina. Le stelle si staccavano dal cielo, e , cambiate in monete d’oro, cadevano a migliaia attorno a quell’angioletto che, sorridendo, le raccoglieva felice:
“Sì, sì! Farò fare, sì, farò fare uno, anzi, tanti bei palazzi grandi per gli abbandonati e sarò il conforto di tutti quelli che soffrono”.
Dal cielo, il soave canto di voci di paradiso ripeteva: “ Benedetta! Benedetta!”.

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Dipendenza da “internet”: come riconoscerla

La tecnologia non va demonizzata, tuttavia dobbiamo essere ben consapevoli dei rischi che porta con sé. Uno tra questi è la dipendenza da “internet”, che colpisce ogni anno migliaia di bambini; questo fenomeno è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni, raggiungendo dimensioni preoccupanti.

Si stima che il 5% dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni sia dipendente dalla tecnologia digitale e dalla rete (un dato destinato a crescere sempre di più a causa della diffusione capillare di smartphone, tablet e pc), ma i bambini più piccoli non sono affatto immuni.

Se nei ragazzi e negli adolescenti la dipendenza digitale nasce dall’uso improprio delle tecnologie per far fronte al proprio disagio, nei più piccoli è dovuta alla mancanza di limiti e regole: spesso si tratta di bambini molto vivaci o emotivamente fragili ai quali i genitori permettono di utilizzare i dispositivi digitali in modo incontrollato per calmarli.

Riconoscere la dipendenza da internet

Esistono alcuni sintomi caratteristici che ci permettono di riconoscere la dipendenza digitale. Un bambino che ha sviluppato una “dipendenza da internet”:

  • Sembra perdere la concezione del tempo. È convinto di aver trascorso solo pochi minuti online anche quando è connesso da ore.
  • Manifesta rabbia e frustrazione quando deve trascorrere del tempo (anche pochi minuti) senza accesso alla rete.
  • Percepisce un forte bisogno di essere online, di collegarsi con gli amici o di seguire i suoi “streamer” preferiti.
  • Il rendimento scolastico cala (o è necessaria un’azione di controllo sempre più forte da parte dei genitori perché il bambino porti a termine i suoi compiti e gli impegni scolastici).
  • Si isola progressivamente dalla famiglia e riduce l’impegno nelle attività sportive e/o sociali.
  • Ha l’impressione di non riuscire a fare tutto e di non avere mai tempo.
  • Preferisce socializzare con online che nella vita reale.
  • Trascorre più di 3 ore al giorno online.

Nei casi più lievi è sufficiente un’azione educativa decisa per rimediare ai danni: nessun bambino al di sotto degli 11 anni dovrebbe utilizzare per più di 2 ore al giorno dispositivi elettronici e i genitori dovrebbero vigilare attentamente sulla quantità di tempo trascorso online.

Se la situazione è più complicata, è possibile rivolgersi al pediatra o ad uno psicologo: in ogni caso, la dipendenza da internet e la dipendenza digitale non vanno assolutamente sottovalutate.

Ecco alcune guide autorevoli sul tema:

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La storia degli elfi di Babbo Natale

Conoscete la storia degli elfi di Babbo Natale?

La storia degli elfi di Babbo Natale

Alessia de Falco e Matteo Princivalle

Nei boschi coperti di neve del Nord, abita una tribù di piccoli folletti vestiti di verde, che vivono in minuscole casette di ghiaccio. Gli uomini li chiamano Elfi, che in una lingua antica significa “esseri bianchi”; infatti, i folletti hanno la barba bianca e la pelle pallida come la luna.
Ciò che rende più straordinario questo piccolo popolo è il potere dei folletti di apparire dove vogliono: possono spostarsi da una casa all’altra in un battito di ciglia e in tre secondi riescono ad attraversare cinque paesi. I folletti utilizzano il loro potere per proteggere gli esseri umani: entrano in casa senza fare rumore e fanno la guardia, per tenere alla larga i demoni malvagi.
Tanto tempo fa, un uomo vestito di rosso entrò nel bosco e raggiunse il minuscolo villaggio dei folletti: era Babbo Natale, e aveva ricevuto l’incarico di portare dei doni a tutti i bambini buoni.
Babbo Natale cercò il nonno di tutti i folletti e gli disse: “Da quest’anno in poi, porterò un dono a ciascun bambino buono. Il tempo non mi preoccupa: la mia slitta è veloce e le renne corrono come saette. Però, ho bisogno di aiutanti che entrino nelle case di tutti, che veglino sui bambini e che mi riferiscano chi deve ricevere i doni. Potreste aiutarmi?”.
Il nonno di tutti i folletti chiamò a raccolta i suoi nipoti e discussero insieme; dopo tre ore, comunicò la loro decisione: “I folletti più giovani hanno deciso di aiutarti. Per loro sarà un ottimo esercizio: impareranno a sorvegliare gli uomini e ad entrare nelle loro case senza farsi scoprire”.
Più di cento folletti partirono insieme a Babbo Natale. Da allora, ogni tre anni gli aiutanti tornano al loro villaggio e vengono sostituiti da altri folletti più giovani.
I piccoli elfi utilizzano il loro potere per viaggiare di casa in casa e osservano attentamente quel che succede, poi annotano sul loro taccuino il nome dei bambini che meritano un dono.
Se incontrano un bimbo monello, lo avvertono spostando qua e là i suoi giocattoli. È un modo per dire: “Ehi, tu! Guarda che ti abbiamo visto; per questa volta chiuderemo un occhio e non diremo niente a Babbo Natale, ma tu mettiti d’impegno: puoi fare molto meglio di così”.
Si dice anche che qualche bambino abbia incontrato il suo elfo custode: infatti, i folletti più sbadati si dimenticano di rotolarsi nella polvere invisibile prima di partire e così vengono scoperti!

Testo da stampare

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La leggenda dell’agrifoglio

Sapete perché a Natale si offrono in dono corone di agrifoglio? È una storia lunga, così lunga che si perde nella notte in cui nacque Gesù bambino.

La leggenda dell’agrifoglio

Alessia de Falco e Matteo Princivalle

C’era una volta un orfanello, che abitava in una capanna insieme ai pastori che lo avevano adottato. Una sera, vide apparire gli angeli, che annunciavano la nascita di Gesù. Senza aspettare, l’orfanello si mise in viaggio per fargli visita. Andava tanto di fretta che partì a piedi scalzi.
Lungo la strada, incontrò tante altre persone: ciascuna di loro portava con sé qualche dono per Gesù bambino. Lui, invece, non aveva portato nulla, né aveva nulla da donare, perché era un bambino povero.
Ad un certo punto, nella notte, l’orfanello si punse i piedi: aveva calpestato un cespuglio di agrifoglio. Il ragazzo avvicinò la fiaccola al terreno, per vedere cosa l’avesse punto, e vide le foglie verdi dell’agrifoglio, coperte di piccole gocciole rosse di sangue; raccolse alcuni rami e li legò insieme a formare una corona, per portarli in dono a Gesù bambino.
Quando arrivò a Betlemme, l’orfanello guardò la corona di agrifogli che aveva intrecciato; gli sembrava un dono così umile e insignificante che scoppiò a piangere. Allora, un angelo scese dal cielo e avvolse l’agrifoglio con la sua luce, abbagliando l’orfanello. Quando il ragazzo riaprì gli occhi, le gocciole di sangue sulle foglie si erano trasformate in splendide bacche scintillanti.
L’orfanello portò la sua corona di agrifoglio nella capanna e la posò ai piedi della culla di Gesù bambino, insieme agli altri doni lasciati dai pastori. Le bacche scintillavano nella notte, come tutti i doni che vengono dal cuore.
Da allora, per Natale si usa donare ai propri cari una ghirlanda di agrifoglio, perché possano portare lo stesso calore nelle loro case.

Risorse a tema per Natale:
🟠 Storie di Natale
🟡 Disegni di Natale
🟢 Sagome da ritagliare
🔵 Lavoretti di Natale
🟣 Poesie e filastrocche di Natale
🔴 Buongiorno natalizio (immagini)
🟠 Buonanotte natalizia (immagini)
🟡 Auguri di Natale
🟢 Frasi sul Natale
🔵 Facciamo l’albero insieme. Un albo illustrato per Natale
↩️ Natale – tutte le risorse

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I vulcani

I vulcani è sono strutture geologiche dalle quali fuoriesce il magma.

Struttura di un vulcano

La struttura di un vulcano presenta i seguenti elementi:

  • CAMERA MAGMATICA, situata in profondità, in cui si raccoglie il magma;
  • CAMINO VULCANICO, che collega la camera magmatica alla bocca del vulcano e dunque alla superficie;
  • BOCCA o CRATERE, l’apertura verso l’esterno dalla quale fuoriescono lava, lapilli e gas.

Tipi di vulcani

A seconda della loro forma, i vulcani si possono suddividere nei seguenti tipi:

  • Vulcani a scudo, con pendii dolci, simili a quelli di una collina; se la lava che fuoriesce dal vulcano è molto fluida e scorre a lungo prima di solidificarsi, si forma un vulcano a scudo;
  • Vulcani a cono, con pendii molto ripidi, simili a quelli delle montagne; se la lava che fuoriesce dal vulcano è molto vischiosa e si solidifica subito dopo l’eruzione, si forma un vulcano a cono;
  • Vulcani lineari, ovvero strutture sottomarine composte da una semplice spaccatura nel terreno, dalla quale fuoriesce la lava.

A seconda dell’attività vulcanica, un vulcano può essere:

  •  Attivo, se la camera magmatica è piena di lava e vi sono eruzioni periodiche;
  • Quiescente, un vulcano che non presenta eruzioni, ma la cui camera magmatica è piena di lava; questi vulcani possono rimanere quiescenti per secoli, ma potrebbero eruttare da un momento all’altro;
  • Inattivo, se la camera magmatica non si riempie più di lava.

A seconda dell’attività eruttiva, si distinguono:

  • VULCANI ROSSI, caratterizzati da colate di magma rossastro che si muove a velocità moderata;
  • VULCANI GRIGI, caratterizzati da eruzioni esplosive di cenere, lapilli e colate laviche che avanzano a grande velocità.

Vulcanismo secondario

Accanto alle eruzioni vulcaniche, esistono altre manifestazioni dell’attività vulcanica, frequenti anche nei vulcani in fase di quiescenza. Queste attività prendono il nome di vulcanismo secondario e sono:

  • FUMAROLE E SOLFATARE, ovvero getti di gas molto caldo che fuoriescono dalla crosta terrestre;
  • SOFFIONI, ovvero getti di gas bollente che fuoriesce ad altissima pressione;
  • GEYSER, ovvero getti di acqua bollente che fuoriescono dalla crosta terrestre ad alta pressione;
  • SORGENTI TERMALI, ovvero sorgenti di acqua calda e molto ricca di sali minerali.

Geyser e soffioni si possono utilizzare per generare energia geotermica. In Islanda, ad esempio, dove i geyser sono un fenomeno molto frequente, vengono utilizzati per il riscaldamento domestico.

I vulcani

In questa sezione potete trovare le nostre schede didattiche sui vulcani per i bambini della scuola primaria. Cliccate sulle immagini o sui pulsanti per stampare le schede.

Scoprite tutte le altre lezioni di geografia per la scuola primaria (ex scuola elementare) dedicate ai paesaggi naturali.

I paesaggi:
🟣 Elementi naturali e antropici
🔴 La collina
🟠 Il fiume
🟡 Il lago
🟢 Il mare
🔵 La montagna
🟣 La pianura
🔴 I vulcani

Schede di geografia:
🔴 Geografia – Classe prima
🟠 Geografia – Classe seconda
🟡 Geografia – Classe terza
🟢 Geografia – Classe quarta
🔵 Geografia – Classe quinta
↩️ Geografia – Tutte le schede

Tag: schede didattiche sui vulcani

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I diritti naturali dei bambini

Il pedagogista Gianfranco Zavalloni, maestro di scuola materna prima e dirigente scolastico poi, ha elaborato una particolarissima visione dell’educazione del bambino: un’educazione caratterizzata dai tempi lenti (ce ne parla nel suo libro “La pedagogia della lumaca“) e dal contatto con la natura.

Scomparso nel 2012, Zavalloni ci ha lasciato un bellissimo manifesto, contenente i dieci diritti naturali fondamentali di cui tutte le bambine e tutti i bambini dovrebbero godere. Con qualche briciola di buona volontà, possiamo soddisfare tutti questi diritti, anche senza stravolgere il nostro stile di vita ed impegnarci in attività onerose.

I diritti naturali dei bambini

Gianfranco Zavalloni, su: scuola.regione.emilia-romagna.it

Molto spesso, in questi ultimi tempi, ci si ritrova a riflettere e a discutere sul problema dei diritti dei bambini e delle bambine. La prima cosa che generalmente io faccio, quando affronto questi temi, è quella di mettermi nei panni dei bambini e delle bambine. Credo infatti che sia importante fare memoria, cioè ripensarci noi bambini, ripensare a quando noi eravamo bambini e bambine. Per questo, è bene farsi alcune domande:

  • quali erano i nostri diritti?
  • chi ce li garantiva?
  • avevamo coscienza dei nostri diritti o – questo – era un fatto del tutto naturale?

A partire da questi interrogativi e dalle risposte che ho raccolto e che raccolgo da centinaia di adulti, da un po’ di tempo a questa parte sto cercando di far capire ad insegnanti, genitori, educatori e politici, quanto siano importanti e fondamentali alcuni diritti. Per noi erano forse scontati, ma non lo sono oggi per i bambini e le bambine dei nostri territori, delle città e dei paesi del Nord del mondo.
Se dovessi, oggi, portare un contributo alla riscrittura della Carta internazionale dei diritti dell’infanzia, sicuramente io aggiungerei anche questi diritti fra quelli “fondamentali”.

1. Il diritto all’ozio
Siamo nell’epoca in cui tutto è programmato, curriculato, informatizzato. I bambini hanno praticamente la settimana programmata e i loro iter scolastici sono praticamente predefiniti dagli adulti. Non c’è spazio per l’imprevisto, l’auto-organizzazione infantile. Anche gli stessi spazi di gioco sono preorganizzati. Non c’è, da parte dei bambini e delle bambine, la possibilità di momenti autogestiti. È ingiusto pensare al tempo dei bambini e delle bambine esclusivamente come un tempo di preparazione a “quando saranno adulti, con un loro lavoro”. Non è importante solo la meta. É importante il “camminare”, soprattutto il “camminare insieme” e non tanto la meta da raggiungere. É fondamentale capire perciò che è educazione anche “fare strada insieme”, attenti a ciò che ci viene incontro, attenti all’imprevisto, consapevoli che spesso, come dice il Piccolo Principe, “l’essenziale è invisibile agli occhi”.

2. Il diritto a sporcarsi
Siamo nell’epoca del look, delle cartelle firmate, dei bambini col telefonino, ma anche del “non ti sporcare”, “stai attento”, “ma cosa mi hai combinato!”. Credo che i bimbi e le bimbe abbiano il sacrosanto diritto di giocare con i materiali naturali quali la sabbia, la terra, l’erba, le foglie, i sassi, i rametti… Quanta gioia c’è, nei bambini e nelle bambine, quando pastrocchiano in una pozzanghera o in un cumulo di sabbia. Però queste, a detta degli esperti, rischiano di essere operazioni poco igieniche, mentre nulla si dice sulla poca igienicità di una moquette, delle paste sintetiche ampiamente reclamizzate con cui giocano e manipolano i bambini e le bambine. Proviamo ad osservare attentamente bimbi e bimbe in alcuni momenti di pausa dai giochi organizzati oppure quando siamo in un boschetto. Scopriremo con quanto interesse riescono a giocare per ore con poche cose trovate per terra.

3. Il diritto agli odori
Oggi rischiamo di mettere tutto “sotto vuoto”. Nel percorrere i nostri paesi è difficile poter distinguere luoghi tipici, percettibili olfattivamente fino a pochi anni fa. Pensiamo alla bottega del fornaio, all’officina del meccanico delle biciclette, al calzolaio, al falegname, alla farmacia. Questi luoghi emanavano odori speciali, di cui si impregnavano i muri, le porte, le finestre. Oggi entrare in una scuola (chi non ricorda l’odore del primo giorno di scuola), in un ospedale, in un supermercato o in una chiesa vuol dire respirare ed annusare lo stesso odore di detergente. Non ci sono più differenze. Abbiamo annullato le diversità di naso, o meglio le diversità olfattive. Eppure chi di noi non ama sentire il profumo di terra dopo un acquazzone e non prova un certo senso di benessere entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di humus misto ad erbe selvatiche? Sono sensazioni che dal naso passano direttamente al cervello e spesso ci fanno fare salti di memoria, tornare alla nostra infanzia. Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i profumi offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno lungo la nostra esistenza.

4. Il diritto a prendere la parola
Dobbiamo constatare sempre di più la triste realtà di un sistema di comunicazione e di informazione “unidirezionale”. Da una parte la TV, i giornali, i mass-media, dall’altra gli ascoltatori, i telespettatori che subiscono passivamente. Siamo al monologo. Un tempo si poteva entrare tranquillamente nelle case e si poteva chiacchierare al caldo del camino o della stufa. Oggi al centro non c’è più il fuoco, ma la televisone possibilmente sempre in funzione. Si mangia, si gioca, si lavora, si accolgono gli amici “a televisione accesa”. Un calcolo approssimato e per difetto ci dice che se un bambino o una bambina seguono 2 ore di TV al giorno per 360 giorni all’anno abbiamo un totale di 720 ore. Divise per le 24 ore di un giorno ci da 30 giorni, cioè un mese ininterrotto (24 ore al dì) di televisione all’anno. E questo non è certo dialogo. Con la televisione non si “prende la parola”. Cosa diversa è il raccontare fiabe, narrare leggende, vicende e storie, fare uno spettacolo di burattini. In questi casi anche lo spettatore-ascoltatore può prendere la parola, interloquire, dialogare.

5. Il diritto a saper usare le mani
La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato. L’industria sforna ogni giorno miliardi di oggetti “usa e getta”, che non possono essere riparati. Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti e finiti che non necessitano dell’apporto del bambino o della bambina. Oggi, poi, anziché i calcio-balillla, nelle sale giochi o nei circoli ricreativi, ci si abitua al video-gioco. E nel contempo mancano le occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la manualità fine. Non è facile trovare bambini e bambine che sappiano piantare chiodi, segare, raspare, cartavetrare, incollare… anche perché è difficile incontrare adulti che vanno in ferramenta a comprare i regali ai propri figli. Quello dell’uso delle mani è uno dei diritti più disattesi nella nostra società post-industriale e rischiamo di avere bambini e bambine capaci di stare ore davanti ad un computer, ma incapaci di usare un martello o un paio di pinze.

6. Il diritto ad iniziare bene
Qui mi riferisco alla problematica dell’inquinamento. L’acqua non è più pura come cantava San Francesco, l’aria è intrisa di pulviscoli di ogni genere. Da ciò l’esplosione delle allergie. La terra è fecondata dalla chimica di sintesi. Si dice sia il frutto non desiderato dello sviluppo e del progresso. Eppure in quel “tornare indietro” che molti di noi hanno vissuto fra il 1973 e il 1974, con la famosa “austerity”, abbiamo ritrovato il gusto della città, lo stare insieme in maniera conviviale, divertente, spensierata, senza l’assillo dell’automobile e del tempo. È questo che spesso i bimbi e le bimbe ci chiedono. Da qui l’importanza dell’attenzione a quello che “fin da piccoli si mangia”, “si beve” e si respira.

7. Il diritto alla strada
La strada è per eccellenza il luogo per mettere in contatto. La strada e la piazza dovrebbero permettere l’incontro. Oggi sempre più le piazze sono dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo motorizzato. Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di allontanamento. É praticamente impossibile vedere bambini giocare in piazza, spostarsi in bicicletta. Gli anziani sono continuamente in pericolo in questi luoghi. Dobbiamo ribadire che, come ogni luogo della comunità, la strada e la piazza sono di tutti, così come ancora è in qualche nostro piccolo paesino di montagna o in molte città del Sud del mondo.

8. Il diritto al selvaggio
Anche nel cosidetto tempo libero tutto è preorganizzato. Siamo nell’epoca dei “divertimentifici”. Gli esempi più eclatanti sono Eurodisney, Gardaland, Mirabilandia… parchi gioco programmati nei dei dettagli e così è nel piccolo, nei parchi pubblici e nel verde delle città, compreso l’arredo urbano. Certo, nulla da eccepire riguardo l’aspetto estetico. Ma dov’è la possibilità di costruire un luogo di rifugio-gioco, dove sono i canneti e i boschetti in cui nascondersi, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi? Il mondo è fatto di luoghi modificati dall’uomo, ma è importante che questi si compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati allo stato naturale. Anche per l’infanzia.

9. Il diritto ad ascoltare il silenzio
I nostri occhi possono socchiudersi e così riposare, ma le orecchie sono sempre aperte. Così sono sottoposte continuamente alle sollecitazioni esterne. Mi sembra ci sia l’abitudine al rumore, alla situazione rumorosa, a tal punto da temere il silenzio. Sempre più spesso è facile partecipare a feste di compleanno di bimbi e bimbe accompagnate da musiche assordanti. E così è a scuola. L’immagine emblematica di tutto ciò è data da coloro che si spostano alle periferie delle città e a piedi o in bicicletta si portano nella natura per una bella passeggiata con le cuffie del registratore portatile ben inserite nelle orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua. Questo é diritto al silenzio, ad educarci all’ascolto silenzioso.

10. Il diritto a percepire le sfumature
La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c’è. Nelle nostre case l’elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come fosse giorno. E così spesso non si percepisce il passaggio dall’una all’altra situazione. Quel che più è grave è che poche persone, pochi bambini o bambine riescono a vedere il sorgere del sole, cioé l’aurora e l’alba oppure il crepuscolo o il tramonto. Non si percepiscono più le sfumature. Il pericolo che qualcuno paventa è che vedendo solo nero o bianco si rischi davvero l’integralismo. In una società in cui le diversità aumentano anziché diminuire, quest’atteggiamento può risultare realmente pericoloso”.

Fonti:
https://scuola.regione.emilia-romagna.it/focus-scuola/i-diritti-naturali-dei-bambini/i-diritti-naturali-dei-bambini-e-delle-bambine

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